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‘La mamma mi lava i capelli, ma è come se mi piantasse chiodi’

La Fondazione Ares e la missione di una maggiore cultura in Svizzera, e nel mondo, del disturbo dello spettro autistico

Fra rumori e sarcasmo
(Depositphotos)
14 giugno 2023
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A Pietro, lo chiameremo così, anche solo farsi lavare i capelli dalla mamma è come se gli stesse piantando dei chiodi in testa. Per questo urla. Non solo un fastidio, dunque, ma un vero e proprio dolore. Ottavia, invece, dice di non sopportare determinati cibi solo perché le urta sentire il rumore che fanno mentre li mastica. Pietro e Ottavia sono autistici. Due bambini, due adulti, due persone, che prendiamo come esempio per introdurre l’opera, iniziata nel 1995, della Fondazione Autismo risorse e sviluppo (Ares).

Fitto lavoro in rete

A Bellinzona, in piazza Buffi 4, Ares offre risorse e competenze a persone con disturbo dello spettro autistico, alle loro famiglie e a tutti coloro che quotidianamente si occupano o entrano in contatto con loro, allo scopo di valorizzare l’individuo partendo dalle sue caratteristiche, come ci spiega il direttore Claudio Cattaneo. Riconosciuta e sostenuta dal Cantone e dalla Confederazione come centro di competenza, la fondazione si occupa di tutte le fasce di età. Si tratta di un fitto lavoro di consulenza e lavoro in rete, di presa a carico per quanto riguarda l’aspetto educativo-specialistico, attraverso pedagogisti in un rapporto uno a uno, in piccoli gruppi e a domicilio.

Partecipazione sociale

La città che include

Un impegno che nella sua missione divulgativa e di sensibilizzazione si affianca al mondo della scuola e all’inserimento professionale, fino a creare nell’opinione pubblica il riconoscimento di un modo di essere differente, che non vuol dire né più né meno di un altro, ma anzi favorendo l’inclusione e la partecipazione sociale della persona con la famiglia piuttosto che del bambino o dell’adulto autistici stessi. «Ognuno – annota Cattaneo introducendo il progetto ‘La città che include’, nella sua seconda edizione a Lugano, dopo la capitale – anche se ha una diversità ha comunque il diritto di partecipare, come tutti noi, nei vari contesti e luoghi di vita come può essere un supermercato, un bar, un ristorante, dei negozi. È importante perciò rendere attenti che certe modalità possono mettere in difficoltà persone con autismo e dunque della necessità di facilitare loro la partecipazione sociale».

Nel cantone una ventina di nascite l’anno

Una consapevolezza della società solo recente? «Il disturbo autistico è sempre più conosciuto e riconosciuto, anche a livello internazionale. L’Onu ha istituito la Giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo nel 2007. Consapevolezza che si è fortificata in particolare negli ultimi 10-15 anni. Si segnala ad esempio che nel 2011 la nuova legge sulla pedagogia speciale ha favorito l’inserimento del bambino autistico in contesti scolastici regolari». Visione del disturbo che è infatti mutata nel tempo: «Da un aspetto medico-psichiatrico, dove addirittura venivano attribuite delle ‘colpe’ educative agli stessi genitori, alla visione che abbiamo portato per primi in Ticino – ci ricorda il direttore – di un disturbo dello sviluppo, presente fin dalla nascita, e quindi necessario di un intervento educativo-pedagogico». Se solo fino alla metà degli anni Novanta, a livello clinico, si consideravano 5 bambini autistici ogni 10’000 nascite, e perciò lo si definiva un disturbo raro, successivamente, per vari fattori, come il maggior riconoscimento e le diagnosi più precoci con criteri più ampi, la maggior conoscenza e l’aggiornamento dei professionisti, si è passati a un bambino ogni 100 nascite mediamente, fino, in certe regioni, come Stati Uniti e il mondo anglosassone, a uno ogni 67, uno ogni 58 nascite, dunque sensibilmente presente.

«In Ticino abbiamo 2’500 nascite circa all’anno, in diminuzione in quanto fino a pochi anni fa ne contavamo tremila – ci porta i dati Cattaneo –. Quindi siamo sulle 20-25 nascite ogni anno, che moltiplicate per dieci anni arrivano a 250 e per tutta una vita a circa 1’800 persone con autismo presenti nel nostro cantone. Oggi, non va dimenticato, non passa settimana dove non riceviamo segnalazioni di bambini piccoli, appena diagnosticati, o di adulti senza compromissione cognitiva, faccio riferimento al concetto di sindrome di Asperger, o quantomeno a casi sospetti». Una rete che si fa quindi fondamentale, anche perché l’autismo non ha tratti somatici particolari e i familiari possono oggettivamente trovarsi in difficoltà: «In genere i genitori si rendono conto presto, fra l’anno e i due anni, se non prima, che c’è qualcosa che non va, che c’è nel loro figlio qualcosa di diverso rispetto a uno sviluppo tipico di un bambino. Poi non vanno dimenticate quelle condizioni di autismo con ritardi associati, magari importanti, dal lieve al grave, e tutta quella fetta di condizione di autismo senza ritardi che è più difficile da rilevare, perché il deficit sociale emerge magari più tardi o in ritardo, quando cioè le esigenze dei contesti sociali diventano più pressanti, complesse e meno definibili».

Per loro delicati e spesso difficili sono i meccanismi di socializzazione, interazione sociale, comunicazione e condivisione: «Nelle persone con disturbo autistico il ragionamento è prettamente scientifico piuttosto che intuitivo. Riconoscono in modo particolare un linguaggio più concreto, letterale, faticano a capire i modi di dire, i sottintesi, le frasi che cambiano significato con diversa tonalità di voce, il sarcasmo e in genere quei comportamenti non verbali che accompagnano la comunicazione umana. E faticando in questa comprensione spesso risultano fuori luogo, con interessi limitati, stereotipati e ripetitivi, una rigidità di pensiero che peggiora con la presenza di ulteriori ritardi cognitivi. Il loro è un ragionamento binario, è uno o zero, è bianco o nero, le sfumature “non esistono”. Anche per questi motivi la diagnosi non è mai immediata, in quanto non vi è un marker genetico o medico che determina un’anomalia, ma è legato all’osservazione dei comportamenti. In genere, il rapporto fra maschi e femmine è di 3 a 1. Inoltre, va considerato che alle donne si riconosce una maggiore capacità di adattamento, camuffamento, empatia».

Agire a livello di società

Ares punta così a quella che può essere definita una cultura dell’autismo, anche, come ci anticipa Rosy Pozzi, responsabile Informazione e Comunicazione, con la creazione di un Label Ticino amico dell’autismo: «Se agiamo a livello di società agiamo a livello trasversale, e a cascata sulle famiglie e sulla scuola». Un percorso spesso tortuoso ma necessario: «Non possiamo dire che la scuola è pronta e non pretendiamo che sia già pronta a tutti gli effetti, sono percorsi lunghi. Per cambiare dei sistemi così complessi, inserendo dei nuovi elementi – rimarca Cattaneo – deve passare una generazione, una generazione e mezza, se non due. Non possiamo poi non considerare le singole sensibilità dei docenti, delle direzioni, degli istituti scolastici che come contesto possono favorire o frenare quello che è il concetto di inclusione. Per questo il doppio binario, seguito in Ticino, della scuola regolare e della scuola speciale resta, a dipendenza dei casi, una buona risposta. L’errore da non fare è invece quello di lasciarli da soli, in tutti i contesti, perché è più che mai necessario andare avanti insieme».

Molti i progetti di Ares per favorire l’inclusione del diverso, «per far comprendere che la differenza, qualsiasi, è un valore» come sottolinea Rosy Pozzi: «In Ticino vi è la volontà di portare a una riflessione, sensibilizzando ma anche mettendo in atto un’attenta opera di prevenzione». Crescere un figlio che ha un funzionamento differente può mettere in difficoltà qualsiasi genitore: «Se un genitore – ci porta alla riflessione Cattaneo – possiede quegli strumenti per crescere un figlio che segue dei canoni di sviluppo tipici, quando un figlio segue dei canoni di sviluppo atipici anche il genitore deve diventare un po’ speciale».

Precursori

L'Educational Camp

La Fondazione Ares, con il sostegno di Mission Bambini Switzerland Foundation, ha sviluppato, quale prima svizzera, e implementato, a partire dal 2020, il progetto Educational Camp. Obiettivo quello di andare incontro alle famiglie dei bambini con disturbo dello spettro autistico del Canton Ticino che, a causa dei loro bisogni speciali, durante l’estate vivevano una dimensione di solitudine e di immobilità date dall’impossibilità di essere inseriti in programmi estivi dedicati all’infanzia.

I posti per quest’anno sono già stati assegnati e fin dall’inizio ha visto il coinvolgimento di oltre 40 bambini tra i 2 e i 14 anni. A loro viene data l’opportunità di continuare il proprio percorso di apprendimento, in maniera intensiva e accompagnati da personale specializzato. Un’attenzione particolare è riservata dal progetto anche alle famiglie dei giovani partecipanti e ai professionisti che di loro si occupano durante tutto l’anno. Infatti, coinvolgere familiari e professionisti, valorizzare le competenze apprese durante il camp per dare continuità all’intervento pedagogico anche a casa, a scuola e nelle attività che si svolgono durante l’anno, rappresenta un sostegno importante allo sviluppo del bambino. Per il 2023 l’iniziativa avrà luogo nella sede dell’Associazione Vela Bianca di Giubiasco e alla Fattoria Ponzio di S. Antonino.

Istituita formalmente il 28 gennaio 2015 con sede a Lugano, lo ricordiamo, Mission Bambini è a tutti gli effetti una fondazione svizzera e opera sotto il controllo dell’autorità federale di vigilanza e dell’autorità fiscale svizzere. Fondatore e presidente è l’ingegner Goffredo Modena, che l’ha concepita per valorizzare e ampliare l’importante patrimonio di relazioni di Mission Bambini con donatori privati, aziende e fondazioni svizzere, persegue la missione di rendere felici e sani i bambini, nel mondo e anche in Svizzera. In 8 anni di attività, Mission Bambini Switzerland ha realizzato 73 progetti di aiuto all’infanzia in difficoltà in 14 Paesi del mondo.

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