Ticino

Richiedenti l’asilo, alloggi cercansi

La Sezione enti locali scrive ai municipi: il numero delle domande, non legate al conflitto in Ucraina, è aumentato in modo importante

Lettera della Sel (Ti-Press)
16 gennaio 2023
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Alloggi per richiedenti l’asilo cercansi. E così dal Dipartimento istituzioni la Sezione degli enti locali scrive ai municipi ticinesi. "Dallo scorso autunno il numero di domande d’asilo ordinario, non legate al conflitto in Ucraina, è aumentato in maniera importante a livello nazionale", sottolinea la Sel nella recente missiva. Una situazione che "ha comportato, anche nel nostro cantone, un iniziale improvviso aumento dei richiedenti l’asilo attribuiti dalla Confederazione e comporterà verosimilmente un numero elevato di attribuzioni anche per il 2023".

Per rispondere "adeguatamente" a questo incremento, aggiunge la Sezione enti locali, "è necessario ricercare nuove strutture collettive in grado di ospitare richiedenti l’asilo: idonee allo scopo risulterebbero essere in particolare strutture d’alloggio temporaneo quali ostelli e colonie oppure immobili abitativi non occupati". Da qui l’invito ai municipi a contattare l’Ufficio dei richiedenti l’asilo e dei rifugiati (Dipartimento sanità e socialità) "qualora disponeste di strutture idonee che potenzialmente potrebbero essere utilizzate a questo scopo o foste a conoscenza della loro esistenza sul territorio". «In Svizzera il numero delle domande d’asilo è in generale in crescita: occorre quindi reperire, in tempi possibilmente brevi, strutture per l’ospitalità momentanea dei richiedenti ed è per questo che il Cantone si è attivato presso i Comuni», spiega il capo della Sezione enti locali Marzio Della Santa, da noi contattato.

Minorenni non accompagnati: interrogazione

La Sem, la Segreteria di Stato della migrazione, è intanto confrontata, evidenzia in un’interrogazione la deputata socialista al Gran Consiglio Daria Lepori, "con un afflusso costante di nuovi richiedenti e con picchi di ottocento domande di asilo alla settimana". Cosa che "provoca difficoltà in tutti i centri di accoglienza, anche in Ticino: per garantire che vi sia posto a sufficienza nei centri federali d’asilo, in via provvisoria una parte dei richiedenti sarà trasferita nei Cantoni in anticipo rispetto a quanto avvenuto finora". Nell’atto parlamentare stilato e appena inoltrato per il gruppo Ps, Lepori si sofferma sul tema dell’alloggio e pone al Consiglio di Stato – dato che "l’annosa guerra in Siria continua, la situazione dei diritti umani in Afghanistan e in Iran peggiorano di giorno in giorno" e "non si intravede una soluzione per la guerra in Ucraina" – una serie di quesiti incentrati sui minorenni stranieri: "Quanti minori non accompagnati vivono in questo momento nel Centro di accoglienza di Chiasso e come sono alloggiati (tipo di camera, occupazione, spazi ricreativi)?". Inoltre: "Chi fa da referente per i minori non accompagnati a Chiasso e in che modo vengono loro comunicate le decisioni? Quale formazione hanno questi referenti? Quanti minori non accompagnati vivono in questo momento nella struttura di Paradiso e come sono alloggiati (tipo di camera, occupazione, spazi ricreativi)? Vi sono minori non accompagnati in altre strutture (per esempio a Bodio)?". Infine: "Come si sta progettando di gestire l’alloggio e l’accompagnamento dei minori non accompagnati, visto il ritardo del progetto del Centro multifunzionale di Camorino e un probabile aumento della richiesta?".

L’interrogazione di Lepori trae spunto dallo sciopero della fame messo in atto lo scorso ottobre "da una trentina di minorenni di origine afghana" ospitati al Centro federale di Chiasso. "Quando alcuni di loro si sono sentiti male era dovuta intervenire l’autoambulanza per soccorrerli. Dopodiché - ricorda ancora la granconsigliera del Ps – è stato annunciato che erano stati trasferiti in altri centri della Confederazione". I motivi della protesta "erano legati al fatto che si sentivano in pericolo e che non trovavano referenti cui rivolgersi per avere risposte chiare". Poche settimane dopo a Ginevra "un giovane afgano ha messo fine ai suoi giorni dopo aver appreso che la Sem aveva confermato la sua decisione di rinviarlo in Grecia, il paese attraverso il quale era entrato in Europa e dove aveva subìto gravi violenze in un campo profughi". Un minorenne non accompagnato in fuga da un paese in guerra come l’Afghanistan, prosegue Lepori, "avrebbe bisogno di essere accolto in un ambiente protetto, di essere ascoltato, di avere una persona di riferimento che gli sia d’aiuto rispondendo in modo empatico ai suoi timori, alle sue domande e ai problemi che manifesta". Avrebbe bisogno "di avere una prospettiva e di comprendere procedure e tempi". Avrebbe bisogno, si legge sempre nell’atto parlamentare, "di andare a scuola, di imparare la lingua, di avere momenti di distrazione. Questo è quanto giustamente si sta facendo per i loro coetanei ucraini che hanno ottenuto il permesso S. Questo è infatti quanto necessario per iniziare un processo di integrazione che possa culminare in un successo".

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