Ticino

Salari, la differenza di genere che non si spiega

Se non con la discriminazione. Un nuovo studio mostra come a parità di mansione e altre condizioni le donne in Ticino guadagnino oltre il 13% in meno

(Ti-Press)
14 luglio 2022
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Le differenze salariali medie tra donne e uomini nel settore privato, in Ticino, si sono ridotte nell’ultimo decennio passando dal 20% del 2010 al 14% del 2020: un dato comunque elevato a livello europeo, ma ormai pressoché identico a quello nazionale. Tuttavia la quasi totalità di questo divario – il 13,2% – risulta non spiegato: è cioè sostanzialmente presente anche a parità di mansione, livello di istruzione, settore di impiego e tutte le altre variabili che non siano il genere in sé e per sé. Così, anche in un mondo in cui le donne risultano meno confinate in posizioni subalterne, alla fine del mese è come se dovessero pagare una tassa di discriminazione. È quanto emerge leggendo uno studio appena pubblicato dall’Ufficio di statistica ticinese (Ustat).

L’analisi – che si concentra sul settore privato, dato che quello pubblico "è caratterizzato da dinamiche diverse", con divergenze inferiori – osserva che "nel 2020 il salario mediano ticinese è di 4’718 franchi mensili per le donne e di 5’482 per gli uomini". Confrontando uomini e donne con caratteristiche simili, il salario femminile risulta del 14% inferiore a quello maschile, un divario che appare appunto perlopiù inspiegato. A titolo di paragone, in Svizzera il solco risulta simile a quello cantonale – 13,8% –, ma la parte ‘ingiustificata’ si ferma al 7,7%. Secondo Ustat "la parte di differenza non giustificabile con le questioni strutturali rimane simile ai due estremi della distribuzione", cioè tra le lavoratrici meno pagate come tra quelle che lo sono di più. Man mano che si sale lungo la scala di reddito, però, a livello di distacco complessivo le donne restano comunque ancora più indietro: la distanza tra il 10% di donne più pagate e i loro corrispondenti uomini ammonta addirittura al 25,5% del salario, anche se "durante l’ultimo decennio la differenza risulta comunque diminuita per tutti i livelli di istruzione e per tutti i livelli salariali".

Landi (Unia): ‘Una barbarie’

«Il fatto che anche a parità di tutte le altre condizioni le donne guadagnino così tanto meno degli uomini è indice di una diffusa barbarie», stigmatizza la sindacalista Unia Chiara Landi. «Parliamo di discriminazione pura, dovuta al semplice fatto di essere donna. Nonostante la formazione e l’esperienza professionale contribuiscano all’affievolirsi delle differenze salariali, esse restano non solo allarmanti, ma addirittura ancorate a scogli socioculturali che solo leggi per sanzionare specificamente le discriminazioni di genere potranno contrastare». Perché, prosegue Landi, «è evidente che l’intervento più generale su contratti e salari è fondamentale, ma questi differenziali ingiustificati rendono urgenti anche interventi più mirati. Peraltro le donne sono già vittime della segregazione occupazionale orizzontale – ovvero il fatto che la manodopera femminile sia spesso concentrata in settori a basso salario – e di quella verticale, il famoso ‘soffitto di cristallo’, oltre a scontare l’impatto sul reddito determinato dalle interruzioni di carriera, come quelle legate alla maternità e alle altre incombenze di cura».

Rigotti (Ocst): ‘Destabilizzato il potere contrattuale’

Preoccupata è anche Benedetta Rigotti, responsabile comunicazione Ocst: «Certo, è una bella cosa notare come la disparità diminuisca, come si registri una distribuzione femminile sui vari livelli professionali sempre più simile a quella degli uomini, e come infine la disparità appaia contenuta soprattutto tra i giovani. Sapere però che la quasi totalità della differenza salariale – peraltro ancora elevata – non è spiegata da fattori strutturali porta a concludere che c’è ancora una forte discriminazione puramente arbitraria, legata a fattori sociali e culturali: qualcosa che finisce per destabilizzare il potere contrattuale delle donne, soprattutto ai ‘piani alti’». Tra l’altro, aggiunge Rigotti, «si nota anche che la disparità cresce soprattutto per le mansioni più retribuite, dove è anche più difficile confrontare le proprie condizioni con un numero congruo di colleghi della stessa azienda in posizioni simili. Viene da dire che il supporto sindacale, che attraverso la contrattazione collettiva finisce per tutelare soprattutto le fasce più vulnerabili, potrebbe svolgere un ruolo importante anche tra quadri e manager».

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