Ticino

Edilizia, gli aumenti delle materie prime offuscano l’orizzonte

Gli impresari costruttori in assemblea a Mendrisio hanno toccato anche il tema delle infiltrazioni mafiose in Svizzera

Un momento dell’assemblea della Ssic a Mendrisio
(Ti-Press)

I forti aumenti dei prezzi delle materie prime degli ultimi mesi restano al centro delle preoccupazioni degli impresari costruttori, in assemblea al Mercato coperto di Mendrisio. Assemblea che ha ospitato Nicoletta Della Valle, direttrice dell’Ufficio federale di polizia; Stefan Blätter, procuratore generale della Confederazione; il consigliere di Stato Norman Gobbi e Thomas Ferrari, capo della Polizia giudiziaria ticinese. ‘La Svizzera e la lotta alla criminalità organizzata’, il tema della discussione.

«Stavamo per archiviare uno dei periodi più difficili degli ultimi decenni, quando è scoppiata la guerra in Ucraina che ha aggiunto ulteriore incertezza», spiega Mauro Galli, presidente della sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori (Ssic-Ti). Ovviamente il primo pensiero va alle persone che stanno subendo le conseguenze del conflitto. «La sofferenza umana è la prima drammatica conseguenza della guerra», ha ricordato Galli. In questo contesto si sono create incertezze che influenzano tutta una serie di dinamiche di carattere sia sociale, sia economico anche nel nostro cantone. «Gli aumenti dei prezzi per alcuni materiali da costruzione sono stati repentini e vertiginosi. Acciaio, plastiche, isolanti, legname, per citarne alcuni, sono aumentati in media del 30% solo negli ultimi mesi», spiega il presidente della Ssic-Ticino che precisa: «In una situazione così instabile diventa quasi impossibile calcolare le offerte senza assumersi rischi che vanno al di là del normale rischio imprenditoriale».

Dal momento dell’offerta e relativo contratto d’appalto, all’esecuzione, può accadere che i costi preventivati crescano a dismisura. Da qui l’appello ai committenti, pubblici e privati, di riconoscere la possibilità di fatturare questi maggiori costi. Nelle scorse settimane è stato proposto al Consiglio di Stato un tavolo tecnico per affrontare questo tema che rischia anche di bloccare i cantieri in corso per mancanza di materiali. «Non è ancora avvenuto, ma la possibilità esiste», ha ricordato da parte sua Nicola Bagnovini, direttore della Ssic-Ticino. Al Dipartimento del territorio e a quello delle Finanze, diretti rispettivamente da Claudio Zali e Christian Vitta, si è chiesto di non invocare le penali – anche elevate – per inadempienza contrattuale», ha ricordato Mauro Galli. Ai committenti pubblici si è anche chiesta una disponibilità a cercare soluzioni per riconoscere i rincari che non erano preventivabili. Inoltre si chiede di velocizzare la messa in cantiere di investimenti già pianificati «in maniera da poter mantenere gli attuali livelli occupazionali».

Se i rapporti con l’ente pubblico sono buoni, un po’ meno sono quelli con la controparte sindacale. Questo è l’anno del rinnovo dei due contratti di lavoro, quello cantonale e quello nazionale mantello. Sono previsti sette incontri negoziali sino alla fine di novembre, ma le premesse – stando ai vertici della Ssic-Ticino – non sono positive. «Una delle nostre richieste è relativa alla flessibilità. Chiediamo un calendario annuale che preveda un po’ più di flessibilità anche perché ci è richiesta dai nostri committenti. Contro questa richiesta c’è il no dei sindacati», afferma Massimo Cereghetti, membro del comitato centrale Ssic e delegato alle trattative nazionali.

Con i sindacati rapporto teso

«La Ssic-Ticino è per il partenariato sociale che però non può ridursi a una lista di rivendicazioni», ricorda ancora Massimo Galli. «I sindacati ne hanno presentate oltre 40 al tavolo delle trattative a livello nazionale. D’altra parte, l’edilizia principale è un settore all’avanguardia: in Ticino si versano ogni anno circa 350 milioni di franchi di stipendi con condizioni veramente competitive tra cui salari medi sopra ai 5’500 franchi al mese per tredici mensilità, 160 franchi di aumento mensile a tutti negli ultimi 4 anni, un pensionamento anticipato generalizzato a 60 anni con oltre il 70% dell’ultimo salario, prestazioni e indennità di vario genere a favore dei lavoratori». «La discussione su un rinnovo del contratto collettivo dovrà essere quindi orientata a una soluzione che, a fronte di tutto quanto evocato sopra, vada nella direzione di garantire maggiore flessibilità ai lavoratori e alle imprese nell’interesse primario di mantenere importanti posti di lavoro in un settore che complessivamente copre circa il 10% del Pil cantonale», precisa il presidente degli impresari ticinesi.

«Siamo da sempre impegnati per una concorrenza corretta e un mercato che deve essere di principio libero, e quindi non soffocato da una burocrazia crescente, ma allo stesso tempo che le regole debbano essere uguali per tutti», spiega Nicola Bagnovini. In questo contesto si è intrapresa un’azione in coordinamento con i vari attori del settore (Ispettorato del lavoro, Commissione paritetica, Associazione interprofessionale di controllo, Suva ecc.) per migliorare il coordinamento e lo scambio di informazioni. Inoltre, grazie anche al sostegno del Dipartimento delle istituzioni si sta collaborando con la Sezione degli enti locali, le polizie Cantonale e Comunali e l’istituto di formazione professionale, per cercare di migliorare la consapevolezza e la conoscenza dei fenomeni proprio in quelle entità che sono vicine al territorio: i Comuni.

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