Ticino

Nomine in magistratura, Aldi (Lega): ‘Si rispettino le regole’

La presidente della commissione Giustizia stigmatizza il tirar giacchette da parte di alcuni candidati a un posto. E sulla procedura: ‘Funziona, però...’

Ti-Press
25 ottobre 2021
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Proceduto da parte della commissione ‘Giustizia e diritti’ alla firma dei rapporti sulle nuove nomine in magistratura, la palla ora è nel campo del Gran Consiglio quindi. Che sarà chiamato a scrivere la parola fine su una tornata di nomine che, pur non avendo raggiunto le ‘cime abissali’ del rinnovo decennale delle cariche dell’anno scorso, nei corridoi e dentro i partiti ha fatto discutere molto. A partire da Lipari, nome difeso dall’inizio alla fine da parte del Ps ma che nella graduatoria stilata dalla Commissione di esperti era parecchio dietro rispetto a Samuele Scarpelli, altro nome in quota Ps. C’è il timore che dal plenum del Gran Consiglio arrivi uno sgambetto? «In commissione vengono fatti molti ragionamenti e approfondimenti sui nomi, i curriculum e le esperienze - risponde alla ‘Regione’ la presidente della ‘Giustizia e diritti’ Sabrina Aldi (Lega) -, dibattendo magari in modo un po’ duro ma di regola si arriva ad approvare un nome che sia quantomeno condiviso da una buona maggioranza». Il problema, però, «sta nel fatto che dopo non sempre i colleghi parlamentari seguono le indicazioni della commissione - riprende Aldi -. Perché da un lato non seguono direttamente le discussioni, senza sapere tutti gli antefatti e il dibattito che hanno portato a una determinata scelta, soprattutto chi non facendo gruppo non è rappresentato in commissione, e dall’altro lato perché c’è il voto segreto». Insomma, «non necessariamente firmare un rapporto significa avere il gruppo parlamentare che segue a ruota». Un problema che mette in luce eventuali limiti dell’attuale sistema di nomina? «Questo sistema non è completamente sbagliato - afferma la presidente della ‘Giustizia e diritti’ -, a patto che però vengano rispettate alcune regole». Quello che per Aldi è «sbagliato» in questo tipo di procedura, «è che ci sia un rincorrere i singoli deputati da parte di alcuni candidati che tirano loro le giacchette, non va per niente bene. Adesso vedremo cosa succederà l’8 novembre in Gran Consiglio, ma è chiaro che la commissione è stata già smentita in diverse occasioni e questo pone diversi problemi». Perché «si avverte un po’ di sfiducia. Se una commissione lavora in un certo modo e arriva a raggiungere degli equilibri il rimettere tutto in discussione nel plenum del parlamento crea un clima che non si può certo definire positivo».

Come uscirne? Per Aldi «bisogna partire dal presupposto che è importante, fondamentale avere una rappresentanza di tutte le parti politiche in seno alla magistratura. Senza fare i farmacisti, ma con le percentuali più simili possibili a quella che è l’espressione della nostra società, che ne sia un riflesso». E quindi, «o c’è un’applicazione stretta, benché con tutte le sfumature del caso, del manuale Cencelli o l’altro sistema possibile, ritengo, è la nomina popolare». Cavallo di battaglia leghista da tempo immemore, per Aldi non sarebbe una rivoluzione copernicana, anzi: «I giudici di pace sono già eletti dal popolo, se si può eleggere un ministro si può eleggere pure un procuratore». Questa è la posizione della Lega e non ci piove, ma quella della commissione? «Nell’ambito del mandato che ci ha dato il Gran Consiglio dobbiamo rivedere e ridiscutere alcune cose, per capire quali correttivi apportare per avere un sistema il più trasparente possibile, con regole del gioco chiare e finalità ben definite. Poi, altrettanto chiaro, sta anche alla disciplina dei granconsiglieri dare seguito al tutto». Questo in generale, poi nello specifico Aldi sottolinea che «prima o poi, piuttosto prima che poi, la ‘Giustizia e diritti’ si dovrebbe dotare di un regolamento per fare in modo che i candidati sappiano quali sono i diritti dinnanzi alla commissione: è fondamentale che un candidato sappia quali diritti ha o non ha, dobbiamo fare un passo per colmare questa mancanza».

Camera di protezione, Bozzini interessato alla presidenza

La commissione ‘Giustizia e diritti’ sarà tra non molto alle prese con una nuova tornata di nomine. Per il 9 novembre è prevista l’uscita del bando di concorso per la successione al Ministero pubblico di Arturo Garzoni, procuratore capo. Di area Plr, eletto pp nel dicembre 2000 ed entrato in carica l’anno successivo, Garzoni ha infatti rassegnato le dimissioni dalla magistratura per fine maggio 2022. E sempre alla fine di maggio del prossimo anno lascerà il Palazzo di giustizia anche Franco Lardelli: 65 anni compiuti lo scorso mese, di area Ppd, è dal 1990 in magistratura. Il giudice d’Appello è attualmente alla testa della Camera di protezione, chiamata a deliberare sui ricorsi contro le decisioni delle Autorità regionali di protezione, sulle quali esercita anche la vigilanza.

Nel frattempo il giudice Damiano Bozzini, di area Ps, ha manifestato interesse, esercitando il cosiddetto diritto di opzione, ad assumere la funzione di presidente della Camera di protezione, della quale è già oggi vice. L’ultima parola spetterà al plenum dei giudici del Tribunale d’appello. Se Bozzini assumerà la guida della Camera di protezione, si libererebbe la funzione di vicepresidente della Seconda Camera civile, anche questa ricoperta dal magistrato. La commissione parlamentare fisserà la data della pubblicazione del concorso per la sostituzione di Lardelli quando saprà a quale delle Camere del Tribunale verrà attribuito prioritariamente il giudice da eleggere.

Oggi in seno alla ‘Giustizia e diritti’ c’è stata pure l’audizione della direttrice della Divisione giustizia (Dipartimento istituzioni). Frida Andreotti ha aggiornato sui dossier su cui sta lavorando la Divisione. Andreotti ha quindi indicato i progetti di messaggi e le risposte ad atti parlamentari pendenti in materia di giustizia. Cristoforo Piattini, dello staff Divisione giustizia, ha a sua volta aggiornato la commissione sulla riforma delle autorità di protezione (istituzione delle Preture di protezione), di cui è capoprogetto.

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