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Pianificazione territoriale, più soldi per i dezonamenti

Alcuni Comuni sono più toccati di altri dal calo demografico e le stime fatte dal Cantone per i risarcimenti sono troppo ottimistiche

Lo sviluppo urbano dovrebbe puntare alla densificazione
(Ti-Press)

La legge federale sulla pianificazione territoriale ha recepito, dal 2013, un principio di buon senso che stabilisce che le zone edificabili devono essere dimensionate secondo il fabbisogno prevedibile per almeno 15 anni. Se sovradimensionate, devono essere ridotte di conseguenza. Un modo per preservare suolo e spazi verdi e adattare le riserve delle aree edificabili al reale bisogno della società futura sia in termini di sviluppo demografico, sia di quello economico. L’ideale sarebbe quello di non avere zone sovradimensionate rispetto al fabbisogno futuro. In Ticino, stando alle stime fatte dal Dipartimento del territorio sul complesso dei Comuni nel 2017 e annunciate all’Ufficio federale per lo sviluppo territoriale, non ci sarebbero zone sovradimensionate. Secondo Sergio Rovelli, ingegnere pianificatore, non è però così. «In molti Comuni si è incominciato a fare i conti e la situazione che emerge è a volte ben diversa. Da una parte, spesso si confermano riserve edificabili importanti, mentre dall’altra le prospettive di crescita demografica appena aggiornate dall’Ufficio cantonale di statistica indicano per il 2050 un aumento della popolazione decisamente modesto (+2% rispetto al 2019), con i distretti di Mendrisio e delle valli superiori addirittura in calo». «In questi Comuni – continua Rovelli – la conseguenza strettamente contabile, e a rigor di legge, sarebbe quella di ridurre le zone edificabili, anche in modo importante». «Ma, al di là di questo aspetto, ci sono almeno due problemi di fondo: uno economico e un altro politico», continua Rovelli che spiega: «In Ticino è frequente che la distribuzione delle riserve edificabili sia molto frammentata. Ciò può portare i Comuni a dover in parte indennizzare i proprietari dei fondi toccati dalle riduzioni e le cifre possono facilmente raggiungere livelli elevati». Il secondo aspetto è più politico. «È corretto rassegnarsi a prospettive di stagnazione demografica, senza almeno provare a contrastarle? In altri termini, quale politico comunale potrebbe tranquillamente considerare di pagare indennizzi per ridurre le zone edificabili e contemporaneamente essere consapevole che, comunque, le sue risorse fiscali potrebbero calare assieme al numero di contribuenti?», si chiede l’ingegnere Rovelli che propone un approccio pragmatico. «Solo a fronte di prospettive di sviluppo economico positive si potrebbe serenamente affrontare la questione del ridimensionamento delle zone edificabili, laddove ciò risultasse necessario». Un impulso economico positivo che non potrà comunque essere uniforme su tutto il territorio. Nelle valli sarà più difficile, proprio laddove il sovradimensionamento delle zone edificabili rischia di essere più importante.

«Per uscire dall’impasse ritengo che occorra verificare quando e come la curva economico-demografica potrebbe riprendersi in modo che le previsioni di sviluppo a 15 anni non siano esclusivamente condizionate dall’attuale situazione al ribasso», continua Rovelli ricordando che nel recente passato a ogni ribasso ha sempre fatto seguito una ripresa.

Le prospettive per una ripresa della crescita economica e demografica dovrebbero però essere elaborate almeno a livello regionale, se non addirittura cantonale. «Idealmente questi dati dovrebbero essere elaborati dal Cantone, combinando le competenze dei dipartimenti del Territorio e delle Finanze, in modo che ogni Comune, anche di modeste capacità finanziarie, possa farvi capo con sicurezza e serenità». Ma non è finita qui.

Un fondo cantonale da 100 milioni

«Per completare la strategia, occorrerà istituire un fondo cantonale che copra per intero gli indennizzi da ridimensionamento delle zone edificabili, laddove occorrerà pagarli», aggiunge Rovelli. «In questo modo vi sarebbe parità di trattamento tra tutti i Comuni e quindi anche il necessario coraggio politico nell’affrontare la delicata situazione», precisa il pianificatore che quantifica in cento milioni di franchi la dotazione di questo fondo. «Il Cantone dei Grigioni, a titolo di paragone, ha stanziato 80 milioni. Occorrerà certamente definire le modalità di finanziamento del fondo così come le condizioni per accedervi», afferma Rovelli. «In assenza di una strategia concertata, lasciando i Comuni in balia di sé stessi, si rischia lo stallo totale dello sviluppo territoriale, alimentando la spirale di declino economico e demografico, così come lo spreco di territorio». Una somma, quella proposta dal professionista, ben superiore ai cinque milioni votati dal Gran Consiglio lo scorso 21 giugno per favorire lo sviluppo urbano centripeto (verso il centro, ndr). Soldi che dovrebbero proprio servire a sostenere i Comuni in caso di indennizzi per declassamenti di zona necessari a correggere le scelte pianificatorie del passato. «Una dotazione decisamente insufficiente», conclude Sergio Rovelli.

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