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Una rete per gli indipendenti per tutelare il lavoro

Uno studio della Supsi fotografa la situazione dei lavoratori autonomi alla luce della crisi pandemica

La protezione sociale non è uguale per tutti i lavoratori
(Archivio Ti-Press)

«Si tratta di un primo passo verso la conoscenza di come si configura il mondo dei lavoratori indipendenti, in particolare alla luce dell’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19. Il lockdown e i confinamenti che ne sono seguiti hanno colpito in maniera grave molte categorie professionali, svelandone la condizione di precarietà e l’estrema varietà». Così il professor Christian Marazzi, coautore dello studio ‘Gli indipendenti in Svizzera - Composizione, protezione sociale, crisi pandemica’. Le conclusioni del rapporto sono state presentate a Berna durante una conferenza stampa del gruppo parlamentare del Partito socialista che ha preso spunto da questo documento per chiedere una maggiore protezione sociale a favore di questa categoria di lavoratori. «Una categoria che non è più quella legata a un’immagine ormai antica delle professioni liberali: ingegneri, avvocati, medici, architetti, eccetera», aggiunge Marazzi. «E questo in vista di un ripensamento non solo della sicurezza sociale in quanto tale, ma anche del loro futuro. E questo riguarda non solo gli indipendenti, ma tutto il mondo del lavoro che negli ultimi tre decenni è profondamente cambiato sulla spinta dell’innovazione tecnologica, delle forme di organizzazione aziendale e della digitalizzazione», precisa l’economista della Supsi.

«Più di un universo sociale, si tratta di un ‘pluriverso’ poco rappresentato e poco conosciuto, sia dal punto di vista politico e sociologico, sia da quello statistico, anche se esprime un profondo cambiamento del mondo del lavoro e dei modi di produrre e scambiare beni e servizi», aggiunge ancora Marazzi. 

Nello studio si fa riferimento anche alla Gig Economy, l‘economia dei lavoretti e quindi all’economia digitale che ha di fatto trasformato i rapporti di lavoro subordinato, salariato quindi, in lavoro autonomo. «Si può affermare, in generale, che il processo di digitalizzazione dell’economia e la globalizzazione hanno dato un notevole impulso alle trasformazioni del mondo del lavoro e hanno in qualche modo determinato anche la nascita di nuove forme di rapporti di lavoro basati su una forma di indipendenza che a volte nasconde un vero e proprio rapporto di subordinazione. Anche perché sulle piattaforme dell'economia digitale l'attività lavorativa si svolge in condizioni molto diverse rispetto al tradizionale modo di lavorare», afferma da parte sua il professor Spartaco Greppi, responsabile Centro competenze lavoro, welfare e società della Supsi, direttore della ricerca. «L’economia digitale in generale permette maggiore flessibilità e quindi intermittenza lavorativa che si traduce in precarietà reddituale e sociale». 

Elementi che sono emersi durante la crisi sanitaria. «Certo, perché la pandemia ha determinato un deterioramento delle condizioni lavorative e reddituali delle persone che prima dello scoppio della crisi riuscivano appunto a guadagnare anche se non in modo continuo. Un reddito basso magari integrato da altre risorse come prestazioni sociali erogate a vario titolo oppure risorse personali o famigliari. La pandemia ha scombussolato tutto questo», aggiunge il professor Greppi.

Ma quando si parla di nuovi indipendenti, non bisogna sempre pensare per forza a mestieri nuovi. «Pensiamo alle persone attive nel mondo dello spettacolo e della cultura, nei servizi alla persona, ai piccoli artigiani titolari di una società a garanzia limitata, agli addetti alle pulizie, ai migranti, tutti accomunati da condizioni contrattuali deboli e da vulnerabilità sociale e occupazionale. La crisi pandemica ha rilevato i limiti dell’interpretazione della realtà del lavoro indipendente da parte del sistema di sicurezza sociale», precisa invece Marazzi. 

Eppure, appena decretato il lockdown, le misure straordinarie varate dal Consiglio federale hanno permesso di parare il colpo. Pensiamo alle indennità Ipg Corona o quelle straordinarie per gli indipendenti o titolari di azienda. 

«Si è intervenuti con sostegni mirati al reddito. Le Ipg sono ‘indennità di perdita di guadagno’ temporanee, ma non di ‘perdita di attività’. Di fatto tutti i costi fissi degli indipendenti non sono coperti e il rischio di chiusura o fallimento al termine di questo periodo straordinario è elevato», afferma Greppi.

Emerge quindi la necessità di ripensare tutto il sistema di welfare svizzero, tenendo quindi conto anche degli indipendenti e di tutti i soggetti fragili che la pandemia ha palesato. «Questo è un programma politico ambizioso che compete alla politica. Dal punto di vista dello studio degli effetti della pandemia emerge la reattività del nostro sistema di welfare, in particolare delle assicurazioni sociali. Serve però altro», commenta Christian Marazzi.

Il gruppo parlamentare socialista propone un’assicurazione obbligatoria in caso di malattia o infortunio per tutti i lavoratori, un’assicurazione Ipg universale e una legge sul lavoro applicabile in tutti i settori, compresa la Gig Economy e le piattaforme come Uber.

«Gli indipendenti incarnano delle tendenze che vanno al di là del loro statuto e che ci riguardano in modo trasversale. È tutto il mondo del lavoro che diventa intermittente con forme contrattuali deboli e che creano vulnerabilità economica e sociale. Tutte cose che la pandemia ha svelato nella loro ampiezza visto che gli indipendenti, diversamente dai lavoratori salariati, si sono trovati senza rete. E quando queste tutele sono arrivate, ancorché urgenti e temporanee, non sempre hanno funzionato perché il sistema di calcolo delle Ipg si basa su redditi spesso bassi e soprattutto al netto delle spese di esercizio. Artisti e lavoratori dello spettacolo, pur essendo una minoranza dell’insieme degli indipendenti, in questo sono paradigmatici», conclude Marazzi.

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