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Quelle lettere del fisco che inquietano i clienti italiani

L’Agenzia delle entrate sta inviando migliaia di missive (circa 650 mila) ad altrettanti contribuenti con averi ‘dichiarati’ in Svizzera

Non dovrebbero più esserci ‘segreti’ per nessuno
(Archivio Ti-Press)
19 gennaio 2021
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Ci sono circa 650 mila lettere dell’Agenzia delle entrate in arrivo, inviate ad altrettanti contribuenti italiani, che stanno inquietando oltre gli stessi contribuenti anche i loro consulenti finanziari all’estero, in particolare in Svizzera. L’emergenza sanitaria ha rallentato la distribuzione della comunicazione, ma nelle prossime settimane dovrebbe essere completata. Si tratta di richieste di delucidazioni denominate ‘lettere di compliance’ e si riferiscono all’invio – dall’estero verso l’Italia – del primissimo pacchetto di dati finanziari in base al cosiddetto Common reporting standard dell’Ocse che regola lo scambio automatico d’informazioni tra le diverse autorità fiscali. I dati in questione sono quelli relativi all’anno 2017 inviati a fine settembre 2018. Ebbene, stando a operatori finanziari della piazza finanziaria di Lugano, queste ‘lettere di compliance’ stanno creando grattacapi inutili sia ai contribuenti, sia agli intermediari finanziari locali in quanto le informazioni richieste sono già in posseso dell’Agenzia delle entrate e arrivate in virtù dello scambio automatico d’informazioni. 

Il tema è stato trattato in modo esaustivo la scorsa settimana durante un webinar organizzato dal Centro di competenze tributarie della Supsi. Relatori Sandro Treichler, Master of advanced studies in Tax Law, esperto contabile e responsabile compliance presso una banca di Lugano e Pierpaolo Angelucci, dottore commercialista a Milano.  Per Treichler il 95% delle richieste fanno riferimento alla diversa interpretazione dei dati forniti dalle autorità fiscali svizzere, in questo caso, rispetto a quelle che l’Agenzia delle entrate si aspettava. «L’accordo sullo scambio automatico d’informazioni (Sai) in realtà non prevede l’invio di dati ‘fiscali’, ma solo di quelli finanziari», spiega Treichler. «Le autorità tributarie estere dovrebbero usare questi dati per verificare la correttezza della compilazione della dichiarazione degli attivi finanziari detenuti all’estero», precisa ancora l’esperto. Da qui una serie di disallineamenti tra i dati arrivati dall’estero e quelli dichiarati che generano confusione. «I contribuenti sono convinti in buona fede di aver dichiarato tutto correttamente e con queste ‘lettere di compliance’ emergono dei dubbi per chiarire i quali devono produrre altre informazioni e accollarsi altri costi», commenta ancora Sandro Treichler. C’è chi vede in questa modalità di accertamento una sorta di pressione sui clienti italiani della piazza finanziaria ticinese in modo che rimpatrino i capitali detenuti in Svizzera o che usi strumenti giuridici nazionali, come le fiduciarie statiche che sono considerate sostituti d’imposta. Il cliente avrebbe meno pensieri, ma la piazza finanziaria ticinese subirebbe ulteriori deflussi di capitali.
Una delle anomalie riscontrate dall’Agenzia delle entrate è, per esempio, la differenza tra i dati Sai, relativi al disinvestimento di fondi d’investimento armonizzati e no, e quelli attesi dal fisco. Questi ultimi prevedono che la plusvalenza realizzata sia inserita tra i redditi da capitale e soggetta alla trattenuta fiscale del 26%. Quelli Sai, invece, sono al lordo della plusvalenza. Altro esempio citato da Treichler sono i conti correnti. I dati Sai tengono conto del saldo al 31 dicembre di ogni anno, il fisco italiano verifica invece la giacenza media in conto che può essere anche molto diversa a causa di prelievi e apporti. «Per questo, secondo la mia esperienza, la quasi totalità di queste delucidazioni sono ridondanti». 

Interessante il punto di vista del professionista italiano. «Le lettere ‘di compliance’ sono per ora bonali, nel senso che si limitano a chiedere delucidazioni di situazione in gran parte chiarite. Potrebbe, però, non essere il caso per la totalità dei contribuenti», spiega Pierpaolo Angelucci. Quindi nel caso di non risposta da parte del contribuente ci potrebbero essere delle conseguenze serie. Da qui l’invito a sanare le eventuali irregolarità con il famoso ‘ravvedimento operoso’ che prevede sanzioni ridotte. Angelucci avanza anche l’ipotesi che la non adesione potrebbe essere una strategia di alcuni contribuenti per far cadere in prescrizione delle annualità. 

Domande raggruppate accettate dal Taf

Nei giorni scorsi il Tribunale amministrativo federale (Taf) ha respinto il ricorso di due contribuenti italiani, che si opponevano alla trasmissione d’informazioni bancarie a Roma. I giudici sangallesi hanno ritenuto ammissibile questa domanda raggruppata di assistenza amministrativa in materia fiscale. Gli interessati possono ancora rivolgersi al Tribunale federale.

Lo scorso febbraio, l’Amministrazione federale delle contribuzioni (Afc) ha accolto una domanda proveniente dall’Italia riguardo due soggetti, considerati ‘recalcitranti’ ai sensi degli accordi stipulati. Una decisione a cui gli interessati si sono opposti.

In una sentenza pubblicata lo scorso 13 gennaio, il tribunale non si schiera dalla loro parte. Esso constata infatti che la richiesta italiana soddisfa tutte le condizioni previste dalla Convenzione per evitare la doppia imposizione siglata fra Berna e Roma, dal protocollo aggiuntivo e dall'ordinanza sull'assistenza amministrativa fiscale. I giudici hanno considerato inoltre rispettati i principi definiti dal Tf sul tema.

Inoltre, il Taf ritiene che il modello di comportamento che definisce i contribuenti detti recalcitranti permette di escludere ogni sorta di ‘fishing expedition’ (richieste d’informazioni generalizzate prive di chiari legami a indagini) da parte delle autorità della vicina Penisola. Questa pratica è esclusa dagli accordi tra Svizzera e Italia.

La domanda contiene dunque tre elementi essenziali. In primis, il gruppo messo nel mirino è descritto nei dettagli e, in secondo luogo, vi sono motivi chiari che lasciando intendere violazioni degli obblighi fiscali. Infine, sono anche indicate precisamente le ragioni per cui tali informazioni bancarie sarebbero utili per le autorità di Roma.

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