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Pensioni, le attese degli svizzeri sono troppo elevate

Negli ultimi 18 anni le rendite effettive del secondo pilastro sono diminuite del 20%. Il risparmio privato diventa sempre più importante per colmare le lacune

(archivio Ti-Press)
16 novembre 2020
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Sono sorprendenti i risultati rilevati dall’ultimo barometro VZ (VermögensZentrum), a proposito delle attese del pensionamento. Un recente studio della società di consulenza in materia previdenziale, mostra che gli svizzeri sono sì fiduciosi circa la rendita Avs, mentre nutrono dei dubbi sulla sicurezza delle rendite erogate dalle casse pensioni. «Nonostante la velata incertezza verso la previdenza professionale, la maggioranza non sembra preoccuparsi per le loro future finanze. Eppure le perdite di reddito futuro sono importanti», ci spiega Michael Imbach, responsabile VZ per il Ticino.

Un esempio per capire meglio. «Se nel 2002, un uomo di 55 anni con un salario annuo lordo pari a 120 mila franchi poteva aspettarsi da Avs e cassa pensioni una rendita di circa 75mila franchi, nel 2020, chi si trova nella stessa situazione di reddito ed età di 18 anni fa, può attendersi al massimo 60mila franchi lordi circa. Questo vuol dire che le rendite promesse si sono ridotte di circa 15mila franchi, pari al 20%», spiega Imbach.

I motivi di questo risultato negativo sono presto detti. «La remunerazione degli averi del secondo pilastro è stata decisamente ridimensionata (dal 4% l'anno all'attuale 0,75%, ndr). Inoltre, le casse pensioni riducono costantemente nella parte obbligatoria (fino a 85’320 franchi l’anno) e sovra obbligatoria (oltre gli 85mila franchi assicurati) l'aliquota di conversione. Quella percentuale, cioè, che trasforma il capitale accumulato in rendita. Nel 2002 questa aliquota era del 7,2% per l’intero avere di vecchiaia. Ora siamo al 6,8% per la parte obbligatoria e al 5,8% (mediamente) per quella sovra obbligatoria. In futuro, se i cittadini accetteranno la riforma previdenziale (sempre rifiutata in passato, ndr) queste percentuali potrebbero scendere rispettivamente al 6% e al 4,4% anche a causa dell’aumento della speranza di vita», spiega l’esperto. Ricordiamo che VZ è una società di consulenza indipendente.
Non vende prodotti assicurativi e previdenziali. Le sue prestazioni sono remunerate a parcella a seconda delle esigenze di chi chiede consiglio.

Il coronavirus è un incentivo a rivedere la situazione previdenziale

Gli svizzeri sono quindi troppo ottimisti rispetto alla previdenza? «Diciamo che c'è ancora questa aliquota di conversione al 6,8 per cento che illude perché nel tempo - e gli esperti lo sanno - diminuirà in quanto non è sostenibile a lungo termine». Se una persona in avanti con l’età pensa al suo pensionamento, si rende conto di ciò, ma un giovane di 20-30 anni è lontano anche solo con l’idea di andare in pensione. «Questo è vero perché c’è uno scontro generazionale. Chi oggi ha più di 50 anni frena sulle riforme, penalizzando i giovani», commenta Imbach.

Come prepararsi, allora, visti anche i chiari di luna economici causati dalla pandemia di coronavirus? «Secondo noi diventa fondamentale prendere in mano la propria situazione previdenziale e mettere in atto correttivi. Uno è quello di stipulare polizze di terzo pilastro (polizza sulla vita, conto interessi o deposito titoli), deducibili fino a 6’826 franchi l’anno (se si è dipendenti) dal reddito. Per chi è indipendente la parte deducibile è pari al 20% del reddito e al massimo fino a 34'128 franchi l’anno».

Il vantaggio fiscale però decade con il ritiro del capitale del terzo pilastro. In pratica lo Stato oggi con una mano dà e con l’altra toglierà al momento del pensionamento. «Questo è vero in parte in quanto la tassazione speciale unica è comunque pari a un quinto di quella ordinaria. Quindi conviene gestire il proprio risparmio personale senza lasciarlo su un conto che non remunera più nulla», spiega ancora Imbach ricordando comunque che è sempre possibile colmare lacune di capitale nel secondo pilastro con versamenti facoltativi. «Anche questi importi sono deducibili fiscalmente. Se un lavoratore dipendente dispone di un risparmio privato, il mio consiglio è quello d'investirlo, almeno in parte e se non si ha bisogno della liquidità, in un’integrazione della previdenza». Infine, continua ancora Michael Imbach, ci sono diverse gestioni delle casse pensioni e «l’invito ai datori di lavoro è quello di scegliere soluzioni flessibili a seconda del grado di rischio e di reddito dei propri dipendenti. Comunque, secondo noi le possibilità di migliorare le future rendite non sono né nel primo pilastro (Avs), né nel secondo (casse pensioni), ma nella previdenza privata.

E chi attualmente ha redditi bassi, come può migliorare la propria situazione? «Notiamo tante persone che non hanno il terzo pilastro e il motivo è quello di non riuscire a risparmiare. Analizzando la loro situazione patrimoniale si scopre che si ha una sostanza di qualche migliaio di franchi. Ecco, se quella liquidità non è urgente, sarebbe meglio fare un versamento nel terzo pilastro. Si avranno meno ansie al momento del pensionamento», conclude Imbach. 

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