Ticino

Frontalieri, Cassis mira all'accordo entro fine anno

Incontro con il Consiglio di Stato ticinese e una rappresentanza di quello grigionese a Bellinzona

Gobbi, Cassis, Cavigelli (Ti-Press)
28 settembre 2020
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«L’obiettivo rimane quello di firmare l’accordo sui frontalieri entro la fine dell’anno»: è quanto ha promesso il consigliere federale Ignazio Cassis, che oggi a Bellinzona si è incontrato con il Consiglio di Stato ticinese e con una delegazione di quello grigionese. Il capo del Dipartimento federale degli affari esteri (Dfae) ha accennato a un recente incontro a Roma tra la segretaria di Stato per le questioni finanziarie internazionali Daniela Stoffel – la competenza del dossier non è infatti del Dfae – e i rappresentanti del governo italiano: «Sembra che si sia potuto raggiungere un accordo di principio sulle modifiche necessarie da apportare al testo fermo da cinque anni, per poterlo finalmente ratificare», ha notato Cassis; «sia la Confederazione che i cantoni sono molto prudenti a esprimersi, però si tratta di un passo concreto come non ne vedevamo da diverso tempo».

Nessuno stravolgimento

Quanto alle modifiche apportate all’accordo, Cassis resta sul vago ma assicura che non si tratta di stravolgimenti: «Globalmente si resta sul principio dell’accordo» per come già definito, ora «si tratta di stabilire la data di entrata in vigore, per chi sarà applicabile e altre modifiche di secondo livello. Non c’è uno snaturamento rispetto al passato». Per portare a casa il risultato «un piccolo gruppo tecnico di collaboratori» scelti tra Ticino, Grigioni, Vallese e Dipartimento federale delle finanze sarà chiamato a lavorare «un po’ a ping-pong» con l’Italia.

Da parte sua, intanto, il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi tiene aperte tutte le opzioni in vista dell’incontro del 16 ottobre col capo del Dipartimento delle finanze Ueli Maurer, «col quale dovremo discutere di questo dossier. Presenteremo anche la variante della disdetta unilaterale». Gobbi ha evidenziato un nesso tra l’appoggio del Ticino all’iniziativa sulla limitazione e la rilevanza strategica dell’accordo sui frontalieri, che giudica «importante quale elemento della politica antidumping sul territorio nazionale svizzero». Domani peraltro la Presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga incontrerà il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte.

Quanto alle relazioni con l’Unione europea dopo la votazione di ieri, Cassis si è premurato di mostrare attenzione per il Sonderfall ticinese: «In un cantone di frontiera come il Ticino, con le difficoltà che incontra sul mercato del lavoro, è importante garantire un margine di manovra sufficiente affinché il cantone possa trovare le soluzioni migliori per il suo territorio». Ma cosa s’intende per margine di manovra? Cassis fa l’esempio della «possibilità di avere più contratti normali di lavoro». Gobbi fa notare che «dev’esserci una volontà politica federale, ma anche una modifica di legge, per permettere l’adozione di misure differenziate sul territorio nazionale. Sappiamo che ci sono zone – urbane ma non solo – che di misure d’accompagnamento non vogliono sapere».

È di questi giorni, d’altronde, il ritorno in auge della cosiddetta clausola di salvaguardia ’bottom up’, che permetterebbe di introdurre una preferenza indigena nelle assunzioni in specifiche regioni per i settori in particolare difficoltà. Una soluzione riproposta dal direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia Christian Vitta, che però era già stata scartata dal Parlamento federale e andrebbe ridiscussa anche con l’Unione europea. Intanto, salvi i bilaterali, resta da risolvere la questione dell’accordo quadro. Il capo del Dfae non si sbottona: «Il Consiglio federale se ne occuperà nelle prossime settimane fornendo a Bruxelles le sue proposte».

’Interiorizzare il plurilinguismo’

L’incontro con gli esecutivi ticinese e grigionese è servito anche per discutere sfide e problemi delle minoranze e del multilinguismo. Un dialogo in assenza del quale, secondo Gobbi che riprende ancora una volta l’esempio delle votazioni di ieri, «il rischio concreto è che alcune parti del paese si sentano fraintese: il federalismo è un tessuto delicato, che non è in grado di ripararsi da sé» ma occorre «rammendare continuamente». D’avviso simile anche il vicepresidente del Consiglio di Stato grigionese Mario Cavigelli, preoccupato anche lui dal «fosso» che vede aprirsi «tra la zona alpina e il resto della Svizzera», come dimostrato in occasione della votazione sulla caccia, ma più in generale ogni volta che le scelte politiche ed economiche investono realtà diverse come centri urbani e valli periferiche.

Si è parlato anche di mobilità all’interno delle istituzioni e dell’amministrazione federale: è allo studio un piano per agevolare quella di apprendisti e giovani lavoratori tra cantoni e Confederazione, quello che Cassis ha definito «un piccolo Erasmus attorno alla lingua italiana tra Berna, Bellinzona e Coira». Uno sforzo che si affianca a quello per la promozione del romancio, che dal prossimo anno sarà al centro di una settimana culturale internazionale presso la rete diplomatica svizzera.

Ma tornando allo scoglio della lingua, non sarebbe più facile se negli uffici federali si parlasse tutti inglese, giocando così in campo neutro? Cassis non ci sta: «Sarebbe certamente più facile ma significherebbe perdere la propria identità e non essere più svizzeri». La sfida semmai, chiosa Gobbi, è «interiorizzare il plurilinguismo». 

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