Sanità, indennità per lavoro ridotto negate

Il lockdown decretato a causa della pandemia di coronavirus ha rivoluzionato, nei mesi scorsi, il modo di operare di molte strutture sanitarie pubbliche e private. "Alcuni operatori e operatrici sono state integrate in altre strutture o funzioni, ma alcuni sono dovuti stare a casa. Tutto questo per poter rispondere in modo adeguato all'emergenza sanitaria in atto", scrivono in un'interpellanza Angelica Lepori, Simona Arigoni e Matteo Pronzini, deputati del gruppo politico Mps-Pop-Indipendenti. I tre granconsiglieri, riprendendo le dichiarazione del direttore della Clinica Moncucco Christian Camponovo al settimanale 'Il Caffè' (il Cantone non ha riconosciuto al settore sanitario le indennità per il lavoro ridotto, ndr), chiedono al governo se le strutture sanitarie non siano "costrette" a "chiudere i buchi con politiche che potrebbero portare a licenziamenti o peggioramenti delle condizioni di lavoro del personale e, a catena, anche a una minore qualità delle cure". È notizia di oggi diffusa dalla Rsi che l'Ente ospedaliero cantonale potrebbe chiudere il bilancio di quest'anno con un deficit di 30 milioni di franchi. 

I tre deputati dell'Mps chiedono quindi al Consiglio di Stato "quante domande di lavoro ridotto sono state fatte nel settore sanitario e quali professioni erano coinvolte?". "Per quale ragione queste domande non sono state accolte?". E infine, "non ritiene il Consiglio di Stato che questo modo di procedere non riconosca il valore del contributo che queste strutture, pubbliche e private, con il loro personale hanno dato alla lotta contro la pandemia? Non teme che questi mancati introiti possano poi riflettersi sulla gestione del personale, intaccando anche la qualità delle cure?".