laR+ Ticino

Quando un precetto esecutivo diventa reato penale

Il Tribunale federale ha confermato la tentata coazione legata a ingiustificate intimazioni di atti esecutivi

(foto Ti-Press)

I precetti esecutivi, in caso di intimazione ingiustificata, possono costituire - al pari di una denuncia penale -, una fonte di tormenti e un peso psicologico per chi lo riceve fino a connaturare il reato di tentata coazione o addirittura di coazione (art. 181 CP). La giurisprudenza del Tribunale federale ha già accertato, con recenti sentenze, che "per una persona di media sensibilità", essere oggetto di un precetto esecutivo per un importo importante costituisce "una fonte di tormenti e un peso psicologico, a causa degli inconvenienti connessi alla procedura esecutiva in quanto tale e alla prospettiva di dover eventualmente pagare la somma in questione". "Un tale precetto esecutivo è pertanto suscettibile di spingere una persona di media sensibilità a cedere alla pressione e dunque di intralciarla in modo sostanziale nella sua libertà di decisione o di azione (sentenza 6B_70/2016 del 2 giugno 2016)", si ricorda una recente sentenza del Tribunale federale pubblicata in questi giorni e risalente allo scorso 12 agosto. I fatti riguardano una lite a colpi di precetti incrociati in materia di presunti difetti di costruzione sui quali aveva già statuito la giustizia ticinese. "È certo lecito far notificare un precetto esecutivo a qualcuno nei confronti del quale è possibile avanzare una pretesa. È per contro chiaramente abusivo e quindi illecito utilizzare il precetto esecutivo come strumento di pressione (sentenza 6B-8/2017 del 15 agosto 2017)", scrive ancora la Corte di diritto penale della massima istanza giudiziaria svizzera.

Una lite per difetti di costruzione

Nel corso del 2015 un avvocato ticinese aveva assunto il mandato di difendere gli interessi di due coniugi ticinesi nel contesto di una vertenza relativa all'esecuzione di un contratto d'appalto relativo alla costruzione della loro abitazione. Secondo i coniugi la casa avrebbe presentato diversi difetti di cui l'impresa generale, unitamente ad altre ditte, sarebbe stata una delle potenziali responsabili. 

Allo scopo di interrompere il termine di prescrizione, il 3 luglio 2015 il legale dei coniugi ha incoato (avviato la lite, ndr), in nome e per conto dei suoi clienti, una procedura esecutiva per un importo di 200mila franchi nei confronti delle ditte intervenute nell'edificazione dell'opera, tra cui l'impresa generale in questione. Il precetto esecutivo è del 10 luglio e l'avvocato dei coniugi vi figura quale rappresentante dei creditori. Il 31 luglio 2015 il presidente dell'impresa generale ha a sua volta avviato una domanda di esecuzione nei confronti del legale dei coniugi per "danni da ingiusta esecuzione" per un importo di 300 mila franchi oltre interessi. Il precetto è del 15 settembre 2015. L'impresa generale ha fatto altresì spiccare dei precetti esecutivi (per fatture scoperte, oneri notali e per 'danni da ingiusta esecuzione', ndr), di medesima data, anche contro ognuno dei coniugi per un importo di complessivi 225'400.55 franchi oltre interessi. 

In due occasioni il legale dei coniugi ha diffidato l'impresa generale a ritirare il precetto esecutivo spiccato nei suoi confronti. In seguito a questi fatti, con decreto d'accusa del 30 maggio 2018 il Procuratore pubblico ha ritenuto il presidente dell'impresa di costruzione autore di tentata coazione. Quasi un anno dopo, il 2 settembre 2019, il giudice della Pretura penale lo ha prosciolto dal reato ascrittogli. Ma non è finita qua. Con sentenza del 26 aprile 2020 la Corte di appello e revisione penale del Cantone Ticino (Caarp) ha riconosciuto il presidente dell'impresa edile autore colpevole di tentata coazione ai danni dell'avvocato della coppia, per avere tentato di intralciare la sua libertà di agire mediante la notifica del precetto esecutivo per l'importo di 300 mila franchi allo scopo di indurlo a ritirare il precetto esecutivo fatto spiccare dai suoi mandati nei confronti della ditta da lui presieduta. Ed eccoci finalmente al Tribunale federale a cui l'impresario si è rivolto postulando il suo proscioglimento dall'accusa di tentata coazione e un indennizzo di 15mila franchi per le spese legali nonché di 5mila franchi a titolo di riparazione del torto morale.

Richieste respinte dalla Corte di diritto penale del Tribunale federale che ha ritenuto - ricordando la giurisprudenza consolidato in materia - il ricorso infondato e confermato la sentenza della Caarp del Cantone Ticino. Spese giudiziarie pari a 3mila franchi a carico del ricorrente.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE