Ticino

Prima la paura del contagio, poi i conflitti, ora l'incertezza

Marina Lang, membro della task force di sostegno psicologico dello Stato maggiore, coordina la hotline di supporto psicologico. Qui la sua testimonianza

22 maggio 2020
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L’arrivo di un virus ancora poco conosciuto, la pandemia, la ‘clausura’, ora le incertezze economiche e questo senso spiazzante di normalità poco normale: fasi inattese alle quali abbiamo reagito tutti come potevamo, e alzi la mano chi non è andato un po’ in ansia, almeno ogni tanto. A quelle ansie, a quelle paure più o meno giustificate, ha risposto fin dall’inizio della crisi una hotline del Cantone, al numero 0800 144 144. Cosa ne emerge? Ne parliamo con Marina Lang, psicologa della Polizia cantonale, membro della task force di sostegno psicologico e rappresentante della cellula nello Stato maggiore cantonale di condotta.

Dottoressa Lang, in quanti vi hanno contattato?

A oggi (mercoledì, ndr) abbiamo avuto 251 richieste di sostegno, alle quali rispondono psichiatri e psicologi affiliati alle relative associazioni cantonali, tutti volontari professionisti ai quali va la nostra gratitudine: da ormai due mesi sono a disposizione con picchetti per garantire il servizio 7 giorni su 7, dalle 7 alle 22.

Come sono cambiate le preoccupazioni e le angosce prevalenti nel corso delle settimane?

L’onda psicologica arriva sempre un po’ dopo quella delle cronache: partiti un po’ in sordina, abbiamo poi avuto una prima fase nella quale prevalevano forti angosce relative alla paura di contagiarsi e contagiare il prossimo. In seguito, durante le chiusure, ha prevalso la frustrazione per la clausura, con l’aumento dei conflitti coi partner, tra genitori e figli, ma anche con vicini ed estranei che hanno generato disagio e nervosismo. Ora prevale il disorientamento legato alla necessità di ritrovare un equilibrio.

Per alcuni proprio questo potrebbe essere il momento più spiazzante: ci si aspettava magari un ritorno alla normalità dopo la reclusione, invece ci si accorge che non tutto è più come prima. E poi ci sono la preoccupazione per il lavoro e l’insicurezza economica.

Sì, si tratta di una situazione diffusa che ci obbliga a trovare nuovi parametri, non sempre facili da individuare. Va detto che si tratta anche di una circostanza nella quale gli psicologi vedono un’opportunità: è proprio nelle fasi di relativa destabilizzazione – perfino di conflitto – che possono nascere nuove armonie, nuove idee creative per reinventarsi e trovare modi inattesi di lavorare, di fare, di essere.

È però verosimile ipotizzare che molti tra i ‘destabilizzati’ non stiano cercando aiuto, e preferiscano metterci una pezza come possono, magari abusando di alcol, droghe e psicofarmaci. Cosa gli dice?

Sappiamo che si tratta di metodi che danno l’illusione di una soluzione facile per ‘tamponare’ le ansie e le angosce del momento. I rischi sono però dietro l’angolo, soprattutto sul medio e lungo termine. Quello che suggeriamo è un confronto sul proprio vissuto con professionisti, per dare un po’ di ordine alle emozioni di ciascuno attraverso un supporto specialistico. Una volta contattati, a seconda delle necessità possiamo orientare le persone verso consultori come quelli per coppie e famiglie, oppure verso la psichiatria, o ancora verso psicologi.

Il vostro lavoro è consistito anche nel dare supporto al personale sanitario e socioassistenziale.

Sì, questo ha costituito in effetti la parte maggiore del nostro impegno nella fase iniziale: un sostegno psicologico al personale, anche in loco, costituendo gruppi di parola per fare fronte alle situazioni di stress e di affaticamento.  Abbiamo mobilitato una cellula dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale che ha lavorato per una quarantina di giornate su 12 strutture, raggiungendo un centinaio di persone. Questo ha permesso di affrontare i momenti di cedimento inevitabili in situazioni di grande pressione psicologica.

Numeri relativamente contenuti. Siete riusciti a risolvere subito tutti i problemi, o è stata necessaria per alcuni l’interruzione del lavoro e una presa a carico più complessa? L’attività di sostegno prosegue ancora?

Nulla può essere definito relativo in un contesto come quello che stiamo vivendo e abbiamo vissuto. Gli operatori sanitari, quando scelgono tale professione, sono coscienti del fatto che oltre alla cura e alla guarigione dei pazienti dovranno confrontarsi con la dimensione della sofferenza, nelle sue innumerevoli sfumature. A ciò vanno aggiunte la pressione e l’urgenza che hanno scandito in particolar modo i mesi di marzo e aprile, imponendo grandi capacità di adattamento, senso di solidarietà e nuove competenze. Fortunatamente la resilienza e la formazione di queste persone che operano nell’emergenza favoriscono di regola il ritorno a un equilibrio psicofisico. Si ricorda che i tempi della sofferenza psichica possono essere comunque prolungati o differiti. Esprimersi ora sulle differenze dei vissuti degli operatori sanitari appare dunque prematuro. Proprio per questo l’attività di sostegno, in forme che stiamo valutando e definendo, non si ferma.

Lei coordina anche il contact tracing, ovvero quella squadra di agenti della Polizia che deve avvisare telefonicamente i casi positivi e chi vi è entrato in contatto (a mercoledì si contavano 24 contagiati in isolamento e 44 loro contatti in quarantena). Come sta andando?

La proporzione tra contagiati e persone che vi sono entrate in contatto, di circa 1 a 2, mostra come la popolazione abbia al momento introiettato una certa prudenza. Per interagire con chi è coinvolto abbiamo mobilitato i ‘debriefer’, personale formato a tecniche di comunicazione e dotato anche di basi psicologiche. Le reazioni iniziali che abbiamo alla prospettiva della quarantena (di 10 giorni, ndr) mostrano inevitabilmente una certa insofferenza, tanto più che si deve rimanere in casa proprio ora che tutti gli altri iniziano a riconquistare una certa libertà. Questo vale soprattutto per gli asintomatici. Ma devo dire che dopo una prima fase di resistenza tutti colgono il senso e le finalità a lungo termine dell’autoisolamento. 

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