Ticino

Premio Sia Ticino, la cultura del costruire a Morbio Inferiore

Alla scuola dell'infanzia momò il riconoscimento della Società svizzera ingegneri e architetti. Un premio non solo all'opera, ma anche al committente

Premio Sia 2020 alla Scuola dell’infanzia San Giorgio a Morbio Inferiore (2015-2018) dell’architetto Jachen Könz (© Ormanni falegnameria)
7 febbraio 2020
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“Uno sguardo attento, innovativo e valorizzante verso il territorio quale bene culturale dell’intera società”: così si legge nel bando del Premio Sia Ticino, il riconoscimento della sezione ticinese Società svizzera degli ingegneri e degli architetti giunto alla quinta edizione. Ieri a Palazzo Canavée a Mendrisio – dove fino al 27 febbraio sarà possibile visitare la mostra con tutti i progetti – è stato premiato il progetto della Scuola dell’infanzia San Giorgio di Morbio Inferiore, realizzato dall’archietto Jachen Könz di Lugano. Committente: il Comune di Morbio Inferiore – perché caratteristica del premio è quella di guardare non solo ai progettisti, ma anche a chi rende possibile il loro lavoro.

«Quello che si vuole fare è mettere in valore l’opera attraverso il committente» ci spiega Mitka Fontana, membro del comitato di Sia Ticino e coordinatore del Gruppo professionale architettura. «Le opere vengono candidate dai vari committenti, sia privati sia pubblici, e poi vengono valutate sia per la qualità del progetto, sia la qualità delle relazioni tra progettista e committente», quindi il percorso che ha portato all’assegnazione – in molti casi, un concorso –, la condivisione delle scelte, il riconoscimento del valore dell’opera per il territorio.

Per questo il bando del premio si rivolge non solo alle opere architettoniche – che comunque rappresentano la maggior parte delle candidature – ma anche di ingegneria o di pianificazione. E anche nell’architettura, si va dalla casa unifamiliare realizzata da un privato agli stabili istituzionali alle ristrutturazioni. Oltre alla scuola di Morbio Inferiore premiata, la giuria ha voluto segnalare con delle menzioni un altro centro scolastico (quello di Nosedo, commissionato dal Comune di Massagno e progettato da Durisch Nolli Giraudi Radczuweit, la Casa torre d’angolo a Mendrisio (Fondazione Torriani e architetto Krausbeck), la sede dello studio d’architettura Stocker Lee a Rancate, la ristrutturazione di una casa rurale a Mosogno (committenti Dino Piccolo e Alejandra Lauper, architetti Buchner Bründler di Basilea) e la Casa ex parrocchiale a Monte Carasso (Guidotti architetti).

Guardare oltre

La Sia è l’associazione di categoria degli architetti e degli ingegneri, ma lo scopo del premio non è quello di autocelebrarsi, «di dirci quanto siamo stati bravi» spiega Fontana. Per questo il Premio Sia «certo considera il valore dell’opera, ma come detto non si ferma lì, guarda oltre, a quell’equilibrio tra l’opera e chi l’ha promossa». Insomma, «dietro ogni progetto c’è un committente», cioè – si spera – «qualcuno che cerca un percorso virtuoso per la realizzazione di un’opera», non si limita unicamente alla funzionalità e agli aspetti economici. E, pensando soprattutto ai committenti pubblici, non considera solo il singolo edificio di cui c’è bisogno, ma guarda a un contesto più ampio; «anche questa è un’espressione di coraggio, di virtuosismo del committente che riesce a vedere nella singola opera un interesse più ampio, la possibilità di dare qualcosa al territorio nel suo complesso».

Ma questa “cultura del costruito” che sta alla base del premio quanto è diffusa in Ticino? C’è ancora quella sensibilità di un tempo? «Sicuramente c’è stato un “picco di gloria” con quella che era chiamata la scuola dei maestri ticinesi, poi ci sono stati forse dei momenti più bui mentre adesso sta trovando nuova linfa» risponde Fontana. «Ma una riflessione andrebbe fatta proprio su quel rapporto tra opera e architetto perché gli esponenti di quella scuola – Galfetti, Vacchini, Snozzi, Botta – hanno avuto la possibilità di lavorare per delle opere pubbliche, con un committente che in quel momento ha saputo vedere lontano». Senza dimenticare che in quegli stessi anni, «insieme a opere di grande pregio, sono state costruite anche opere di qualità inferiore, per rispondere a un bisogno demografico, e adesso ci si ricorda delle prime e ci si dimentica delle seconde».

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