Ticino

‘L’ecstasy mi ha fuso, mi sono svegliato in cure intense’

Per Luca, lo sballo di un sabato sera, finisce all’ospedale, per un anno non riesce più a ragionare, sente voci violente in testa. Non è l’unico caso.

foto Ti-Press
9 ottobre 2019
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Ecstasy e trip hanno ‘bruciato’ il cervello a Matteo. Oggi convive con ansie ingestibili. Il ventenne Luca arriva ad un soffio dalla morte per colpa di una polverina presa in discoteca. Oggi sente voci in testa e non sa più finire una frase. Due storie di ordinario sballo finite male. Da Lugano, gli specialisti di Ingrado lanciano l’allarme. ‘Sostanze sempre più pesanti. Già alle medie pericolosi cocktail tra benzodiazepine, alcol e droghe’.

Dalla disco al coma: ‘Quella polvere mi ha fuso il cervello’

Luca, 21 anni, si è fatto la prima canna a 10 anni, alle medie ne fumava diverse al giorno, poi ci sono stati i ‘rave’ con cocaina, funghetti, ecstasy e tanti ricoveri d’urgenza al Pronto Soccorso nel Luganese. Lo incontro a Bellinzona. È nervoso, sta seduto sulla sedia come se bruciasse.

Ha lasciato il liceo, dopo quella che lui definisce una brutta avventura a una festa a Zurigo. «Un tizio mi ha chiesto se volevo una botta, una polvere con cocaina ed ecstasy. L’ho presa e mi sono risvegliato in ospedale. Avevo il cervello fuso, non riuscivo a finire una frase. Di fianco a me, c’erano sdraiati un ragazzo e una ragazza, avevano preso la stessa roba. Loro sono morti qualche ora dopo». L’inchiesta di polizia ha evidenziato che nella sostanza c’erano 5 sostanze psicoattive. «Ecstasy e cocaina, ma anche anfetamine, speed, Lsd e ketamina». Un mix che Luca paga ancora oggi, a due anni di distanza, da quella notte: «Ho passato 9 mesi d’inferno, la mia mente era fusa, non funzionava, non riuscivo a concentrarmi, a coniugare un verbo, sentivo voci angoscianti in testa che dicevano brutte cose, non riuscivo a mandarle via. Se non avessi avuto gli amici mi sarei buttato sotto un treno».

I medici gli spiegano che il trip, oltre ad avergli danneggiato il cervello, ha fatto emergere una psicosi latente. «Mi hanno bombato di psicofarmaci, ero uno zombie. Ho smesso di prenderli. Ora il mio problema è l’eroina. Me la fumo e mi fa stare bene. Sto cercando di smettere, ma dovrei andarmene da qui». Mi mostra gli ultimi 10 sms sul suo cellulare, la metà sono spacciatori che gli chiedono se vuole eroina. «Una dose costa 40 franchi. La prima me l’ha data un mio amico».

Luca non ha nulla in mano, vive coi genitori e sta cercando un posto di apprendistato. «Farei qualsiasi cosa pur di iniziare a lavorare ma non trovo nulla e non voglio dipendere dallo Stato. Ho solo 21 anni e mi sento già un fallito». ‘Non fidatevi, le pastiglie hanno dentro di tutto’. Questo è l’appello di Luca che sta pagando a caro prezzo le sue scelte. «Quando ero adolescente mi facevo le canne, oggi circolano tanti farmaci, le anfetamine per tirarsi su e lo Xanax per sedarsi. Più facili da trovare. C’è chi se lo fa prescrivere e vende una parte ai ragazzini».  

Dopo l’ecstasy sono iniziati gli stati paranoici e l’ansia

Occhiali scuri, cappellino, felpa e auricolari per isolarsi, fuori c’è un mondo che lo terrorizza, si sente osservato quando cammina per strada, quando è sul treno o al ristorante. Paranoie che esistono solo nella sua testa, avvelenano la sua vita e hanno ristretto sempre più il suo mondo fino a confinarlo in casa. «Vegetavo a casa dei miei». A Matteo, 40 anni, l’ecstasy e i ‘trip’, come dice lui, gli hanno bruciato il cervello. «Una sera in discoteca ho preso l’ecstasy e sono crollato, invece di ballare e divertirmi, mi è scoppiato tutto dentro. Sono rimasto tutta la notte seduto in completa paranoia. Sentivo che tutti mi osservavano, ridevano di me. A casa a letto ho rivissuto tutta la serata, attimo per attimo, il cervello non si spegneva. Solo l’eroina mi calmava».

Incontriamo Matteo in un bar a Lugano. Ci accompagna un operatore di strada del Servizio Ingrado. Quando i tre caffè sono sul tavolo, Matteo inizia a raccontarci la sua storia. Non toglie mai gli occhiali scuri. Con la coda dell’occhio osserva inquieto il tavolo alle nostre spalle, dove sono seduti quattro uomini. «Vedi ora sto pensando che ci ascoltano e questo mi agita. Riesco a stare qui perché ho preso dei tranquillanti. Io sono segnato, non guarirò mai, ma la mia storia, magari può aiutare altri a non iniziare».

Figlio di emigranti italiani, cresciuto nella Svizzera tedesca, finito l’apprendistato, Matteo non trova lavoro: «Avevo troppo tempo libero, è stato la mia rovina», dice accendendosi una sigaretta. Per sentirsi forte nel gruppo di amici inizia a prendere l’ecstasy in discoteca. Si sente un piccolo leader, ha successo con le ragazze grazie alla droga sintetica che rimuove barriere emotive e comunicative, esalta le sensazioni, favorisce l’empatia, ma può causare vomito, crisi epilettiche e in casi estremi, anche la morte. Le pastiglie diventano di anno in anno sempre più concentrate, il grosso rischio è l’intossicazione da serotonina nel cervello:  «Te lo manda in pappa e finisci dritto in cure intense».

«All’inizio mi piaceva l’ecstasy poi tutto è precipitato. Mi ha causato stati paranoici, spalancando le porte all’eroina, l’unica sostanza che mi calmava. Se guardo indietro, il bello che ho vissuto è davvero poco», continua Matteo.

Ci racconta anche delle micropunte, dei viaggi con l’Lsd, la voglia di evadere e poi il drammatico ritorno alla realtà. «Per i miei 20 anni siamo andati in un parco e ho provato l’Lsd, vedevo formiche che entravano e uscivano dalle cartine e non riuscivo a rollarmi una sigaretta. Mi chiamavano ‘il filosofo’, stavo ore a parlare mentre vedevo passare elefanti e giraffe», racconta. In quel periodo Matteo trova lavoro alla Posta, per medicare angosce sempre più invalidanti usa eroina. «Non ho retto, ho perso il lavoro, la mia ragazza, gli amici. L’ansia è diventata ingestibile. Sono caduto in una depressione nera, non so quanti psicofarmaci ho provato. Forse sono sempre stato debole, i miei genitori lavoravano tanto, erano molto assenti, ma non gliene faccio una colpa».

Da 4 anni vive in Ticino. «Ho cambiato aria per ricostruirmi una vita». Riceve i medicamenti al Servizio per le dipendenze Ingrado a Lugano che è la sua stampella e sta affrontando le sue paure. Quelle risvegliate dalle droghe. Quelle che forse sarebbero rimaste assopite, chiuse dentro qualche cassetto della sua mente.

Economicamente si sa gestire, non ha debiti. Solo tante paure che lo dominano. «Un giorno ho toccato il fondo, mi vedevo in un tunnel nero, io stavo scomparendo, e non c’era nessuna via d’uscita. Ho iniziato a chiedere aiuto». Il percorso è lungo. Grazie al sostegno dei terapeuti è riuscito ad uscire di casa, a sedersi a un bar, prima con un gruppo di supporto, poi da solo. «Per me è già una conquista riuscire a stare su un treno, senza andare in paranoia».

La psichiatra: ‘Xanax-party, vediamo adolescenti che ne prendono 10 al giorno’

Xanax e cocaina spacciati alle medie tra i dodicenni, party a base di sedativi, sciroppo alla codeina e Sprite. Pericolosi mix tra droghe e benzodiazepine, prese come caramelle, in un brodo di alcol. L’allarme arriva da Ingrado. «Ci sorprendono le dosi, vediamo adolescenti che prendono 10 Xanax al giorno. C’è la moda di sedarsi in gruppo. Fare la serata Xanax. Prima l’eccitante come l’ecstasy poi la pillola per calmarsi. Su cervelli in crescita, giocare con queste sostanze è molto pericoloso. Si rischia di scatenare tratti psicotici latenti, ridurre le proprie capacità scolastiche e imboccare una strada di esclusione sociale», spiega la psichiatra Gea Besso.

L’appello della direttrice sanitaria di Ingrado va soprattutto a medici e famiglie: «Occorre fare più attenzione alle prescrizioni di benzodiazepine che creano dipendenza. Ci preoccupa lo sdoganamento dello sballo. Vediamo pericolosi mix tra droghe e medicamenti in un brodo di alcol, tanto alcol».

L’esperienza clinica mostra che la stessa sostanza ha effetti diversi su persone diverse. Molto dipende da che cosa si cerca: «Ci sono consumatori responsabili e chi perde il controllo. Quando la droga ti leva la tristezza, facilita la socializzazione e medica un disagio, ci si incammina verso la dipendenza. La persona fragile non ha un pensiero di protezione, ingurgita tutto senza chiedersi se gli farà male».

Dietro a tanta sofferenza, la psichiatra trova ansia da prestazione, frustrazione di essere esclusi, di non avere un futuro: «Viviamo un’epoca di accelerazione maniacale, abbiamo bisogno di aumentare la performance e la pressione è tale che si prendono anfetamine per avere una marcia in più già agli studi. C’è poi chi non vede un futuro, ed è senza prospettive. Tanto vale il godimento immediato, se il futuro non è garantito. Questo pessimismo non c’era nei giovani degli anni 80. Oggi bassa autostima ed esclusione iniziano già alle medie. Vediamo lo Xanax spacciato alle medie», conclude. 

 
 
 
 

 

 

 

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