Ticino

Nuovi risparmi alla Rsi, ‘non si possono escludere licenziamenti’

Così il direttore Canetta dopo l'annuncio del calo del budget per il 2020, 8 milioni sui 50 in meno previsti a livello nazionale. Le repliche di Ssm, Atg e syndicom

Ti-Press
23 settembre 2019
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“Saranno possibili anche, in maniera puntuale, dei licenziamenti”. La Rsi nel 2020 dovrà risparmiare altri otto milioni di franchi. Otto milioni sui cinquanta, previsti a livello nazionale, che sono stati annunciati nel pomeriggio con una comunicazione ai dipendenti di Gilles Marchand, direttore generale della Ssr. Otto milioni che, nella Svizzera italiana, si sommano ai dieci, in quattro anni, decisi nell’ambito del ‘Piano R’ annunciato nel giugno 2018, all’indomani della bocciatura popolare dell’iniziativa ‘No Billag’.

Non ci è stato possibile intervistare direttamente Maurizio Canetta, direttore regionale della Rsi, il quale ci ha rimandato a quanto dichiarato ai colleghi di televisione e radio. E il messaggio è chiaro, davanti a questi milioni da risparmiare “non è pensabile non dover intevenire anche nel settore del personale”. Certo, “in primo luogo lavoreremo sul cosiddetto avvicendamento naturale“, ha detto. Ma i licenziamenti, “in situazioni puntuali”, saranno possibili.

Una conseguenza che, ha spiegato Canetta, è “un’evoluzione naturale se pensiamo al settore bancario che sta soffrendo enormemente, se pensiamo al mondo dei media nella Svizzera italiana, con la chiusura del Giornale del Popolo, i licenziamenti al Corriere del Ticino, la chiusura di Publicitas e la crisi dell’Ats: è un’evoluzione globale alla quale Ssr e Rsi non possono pensare di sottrarsi”. Sapere di più, vale a dire su come materialmente avverranno i risparmi in un’azienda dove il 60 per cento circa del budget è dedicato al personale che vi lavora, non è possibile: “Venerdì incontrerò il personale”, ha spiegato Canetta. Aggiungendo come anche a livello di offerta qualcosa cambierà. Nel senso che “di fronte a una situazione economico finanziaria di questa natura, dovremo intervenire anche qui. Ci sarà da riconsiderare qualche programma, ci sarà da ridurre, magari durante l’estate”. Tenendo ferma “la necessità di fare le due cose insieme – ha concluso Canetta –. Contenere i costi e proseguire nella strada verso la digitalizzazione”.

Insomma, per la Rsi si annunciano pesanti le conseguenze del nuovo piano annunciato oggi da Marchand. “Quest’anno, gli introiti pubblicitari televisivi della Ssr registrano un calo di quasi trenta milioni. Continuando di questo passo, rischiamo di perdere 100 milioni di franchi supplementari di fatturato in quattro anni. Per questo motivo, nel 2020 dovremo ulteriormente ridurre i costi di 50 milioni: 30 a causa del rischio pubblicitario, 20 per riportare la Ssr all’equilibrio, dopo il disavanzo previsto per quest’anno”. E infine la conferma: “Le ripercussioni sui programmi e sui posti di lavoro saranno purtroppo inevitabili”.

'Una coperta sempre più corta'

Con, però, «una coperta che è sempre più corta», rileva raggiunto dalla ‘Regione’ Rolando Lepori, del Sindacato svizzero dei mass media (Ssm). Che rincara: «I dipendenti sono come un limone spremuto, mi chiedo davvero dove si voglia tagliare ancora. Dal 2016, quando sono cominciati i risparmi, la Rsi non ha sostituito un centinaio circa di posti di lavoro». Dipendenti che, in primavera, «hanno consegnato a Canetta una petizione con 544 firme nella quale spiegavano la loro posizione: così è difficile garantire un servizio pubblico di qualità». Ed è vero, «è innegabile il calo della pubblicità. Ma l’azienda dovrebbe anche interrogarsi sul perché, a mio avviso. Non avere più eventi attrattivi come i derby di hockey, per esempio, magari può aver avuto una conseguenza». Insomma, «non è più sufficiente dire che la digitalizzazione sta cambiando tutto, bisogna agire. Senza far pagare i dipendenti e migliorando la qualità del servizio». Che passa da «condizioni di lavoro e possibilità all’altezza».

Di pubblicità parla anche Roberto Porta, presidente dell’Associazione ticinese dei giornalisti (Atg). O meglio, «di pubblicità che scappa dalla Svizzera verso colossi come Amazon, Google o Facebook: stiamo scherzando col fuoco, soprattutto quando grandi inserzionisti a maggioranza pubblica, parastatali, hanno tolto pubblicità dai media per fare dei filmati su Instagram». L’invito è a cambiare in fretta rotta, «perché c’è una lentezza enorme ad aiutare la stampa scritta, e gli attacchi che riceve il servizio pubblico non fanno bene a nessuno».

Per Nicola Morellato, segretario di syndicom, «la questione è tutta politica». È la politica «che deve chiedersi se può andare bene un servizio pubblico messo costantemente alla prova da tagli e rimaneggiamenti, se vuole continuare ad assistere senza opporsi alle difficoltà della carta stampata. La situazione è molto grave, lo diciamo da tempo. A metà novembre presenteremo al Consiglio federale un nostro documento con delle proposte concrete per provare a uscire da questa situazione».

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