Ticino

Furti ai bancomat: la svolta da un 'Csi' ticinese

Sviluppato un nuovo metodo di analisi degli esplosivi artigianali per poter identificare la loro origine.

25 giugno 2019
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L’impiego dei residui chimici rilasciati a seguito dell’utilizzo di un ordigno esplosivo artigianale potrebbe presto assumere un ruolo ancora più rilevante nell’investigazione criminale. Infatti, un gruppo di ricercatori del King’s College di Londra condotto dal ticinese Matteo Gallidabino, in collaborazione con la Northumbria University di Newcastle, ha recentemente sviluppato un nuovo metodo che migliorerà sostanzialmente l’abilità delle forze dell’ordine nell’analizzare questo tipo di tracce in tempi rapidi e così riuscire a identificare la loro origine. «Il nuovo approccio accorpa due tecnologie all’avanguardia – spiega alla ‘Regione’ Gallidabino –: la cromatografia ionica e la spettrometria di massa ad alta risoluzione. In questo modo si è in grado di rivelare un vastissimo numero di composti chimici contenuti nei materiali esplosivi artigianali con una sensibilità e un’accuratezza mai raggiunte prima dai metodi tradizionali».

Matteo Gallidabino, nato e cresciuto a Pregassona, ha 34 anni ed è dottore in scienze forensi. È un ottimo esponente di quella che 'Tio.ch' ha definito 'la nuova generazione dei ticinesi da tenere d'occhio'. Dopo la laurea all’Università di Losanna si è trasferito tre anni fa in Inghilterra per intraprendere le attività di ricerca. Attualmente insegna all’Università Northumbria di Newcastle e in qualità di ricercatore è a carico di questo importante progetto del King’s College di Londra, «un progetto che è il risultato di una sponsorizzazione internazionale che coinvolge il Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica e il Dipartimento della difesa britannico». I risultati dello studio, dopo due anni di intenso lavoro, sono stati recentemente pubblicati nella prestigiosa rivista scientifica “Analytica Chimica Acta”. Per la sua qualità e il potenziale impatto, il lavoro è stato scelto per figurare sulla copertina del numero di settembre 2019.

Il metodo sviluppato da Gallidabino non è protetto da brevetto e potrebbe essere adottato da tutte le forze dell’ordine interessate a implementare questa nuova tecnica. «Basta disporre dell’attrezzatura giusta» commenta l’esperto. Lo strumento chiave, di cui la Polizia scientifica di Zurigo (competente per le analisi a livello nazionale) non è al momento in possesso, è lo spettrometro ad alta risoluzione che ha un costo di circa mezzo milione di franchi.

«Gli esplosivi artigianali sono ancora molto spesso utilizzati per perpetrare i più disparati tipi di crimini – osserva l’autore della ricerca –, dagli attacchi terroristi agli assalti ai bancomat. Per esempio, sono stati utilizzati nell’attentato alla maratona di Boston nel 2013, così come nei vari furti ai bancomat commessi in Ticino negli ultimi mesi. Ma il tipo preciso di esplosivo utilizzato è tradizionalmente molto difficile da analizzare e confermare nei campioni sottomessi all’analisi forense». Quale potrebbe essere dunque il contributo concreto del lavoro svolto al King’s College? «Il metodo analitico che abbiamo sviluppato è molto più rapido ed esaustivo di quelli attualmente a disposizione, e rappresenta perciò una soluzione molto promettente per l’analisi di questo tipo di ordigni». Ciò che è stato dimostrato dal gruppo di ricercatori è che combinando questo nuovo approccio con tecniche avanzate d’analisi dei dati e statistica computazionale, è possibile estrarre informazioni aggiuntive dai profili chimici ottenuti che potrebbero perfino aiutare a tracciare l’origine dell’ordigno. Il nuovo metodo avrà quindi un grande impatto sull’investigazione criminale e aiuterà a promuovere il ruolo delle scienze forensi nell’amministrazione della giustizia penale.

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