Ticino

'Genitori, sappiate che oggi i pedofili sono in rete'

Un pomeriggio con la polizia in una classe di V elementare a Breganzona tra rischio di dipendenza da videogiochi e predatori sessuali

(foto Ti-Press)
5 marzo 2019
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«Devi uccidere tutti gli avversari, ma ‘Fortnite’ non è un gioco violento, non vedi mai sangue». A parlare è un ragazzino di 11 anni, va in V elementare a Breganzona, dove due agenti della polizia di Lugano stanno tenendo una lezione su bullismo, cyberbullismo e molestie in rete (vedi sotto). Seguiamo la lezione che si infiamma davvero quando si arriva al popolare videogame di battaglia ‘Fortnite’. Cento avatar, un’isola zeppa di armi e solo un vincitore: chi farà fuori tutti gli altri. Si può accedere in qualsiasi momento e luogo. Infatti può essere giocato sul cellulare. Tutti in classe lo conoscono anche se è per over 18. Il sergente Claudio Mastroianni racconta di un dodicenne che ha speso mille franchi su ‘Fortnite’ usando la carta di credito del padre, che gli aveva permesso un primo acquisto. «Poi sono diventati due, poi dieci, fino ad arrivare a 81 oggetti in 78 ore». La carta di credito era stata memorizzata, bastava schiacciare un pulsante per riusarla. La soluzione, prosegue l’agente, è usare una carta di credito prepagata con la somma che decidono i genitori. Dall’ultima fila si alza una mano, un ragazzino minuto sfodera tutta la sua competenza: «Io ci gioco ma non ‘shoppo’, le gemme per avanzare sono nei bauli, non serve comperarle». Nel gergo virtuale, ‘shoppare’ sta per acquistare. Come ‘trollare’ – scopriamo – sta per disturbare in rete. E chi ‘trolla’ viene ‘bannato’. Capiamo dagli interventi che molti hanno già la carta prepagata per i giochi online. Solo una ragazzina è fuori dal coro: «Mi dà proprio fastidio la violenza di questi giochi dove tutti sono contro tutti».

Dodicenne adescato online e rapito

Mandare in rosso la carta di credito dei genitori non è l’unico rischio. Ci sono anche gli orchi dietro la tastiera: «A volte su internet incrociate persone cattive e dovete tirar fuori i vostri superpoteri», spiega l’agente. Poi racconta di Paul, un 12enne di Soletta, rapito e abusato due anni fa, da un 35enne che spacciandosi per un coetaneo lo aveva adescato online, sulla chat del videogame ‘Minecraft’, giocato da milioni di bambini. «Paul è stato portato in Germania, dove è stato liberato dopo sei giorni», precisa l’agente. In classe cala il silenzio. Un bimbo ammette: «Io gioco con degli italiani a ‘Fortnite’ ma non uso il mio vero nome e non dico nulla di me». Il monito è chiaro: mai giocare con sconosciuti! 

Stregati e dipendenti da ‘Fortnite’

Come hanno già scoperto alcuni inconsapevoli genitori, un altro rischio in agguato è la dipendenza. I giocatori di ‘Fortnite’ competono in combattimenti di 100 persone fino a quando l’ultimo è in piedi. Difficile lasciare la partita una volta avviata. Scoppia la Terza guerra mondiale se la mamma chiama per la cena, perché chi se ne va perde. Insomma una volta agganciati, è difficile smettere. «Come una bimba che ha giocato tre giorni e tre notti, senza mangiare e dormire, facendosi la pipì addosso per non lasciare il gioco. Che cosa possono fare i genitori in un caso simile?», chiede l’agente. Arrivano più risposte: «A mia sorella hanno bloccato delle App». Oppure: «Spesso mi tolgono il cellulare». Ma in casi così gravi, prosegue il poliziotto, ci vuole lo psicologo.
Di tema in tema, si arriva ai social, che tutti ben conoscono. Gli agenti spiegano ai ragazzi di evitare loro foto in rete, e ribadiscono che tutto ciò che viene postato rimane in rete. «Sappiate che se ricevete un video con contenuti sessuali e lo condividete, state commettendo un reato. Se ciò dovesse succedere informate i vostri genitori, la scuola, la polizia o una persona di vostra fiducia», conclude l’agente.

‘Genitori sappiate che ladri e pedofili oggi sono in rete’

È un caso di bullismo realmente accaduto. A raccontarlo è l’agente Mastroianni, la classe è molto attenta. Racconta di una bimba che in prima media si ritrova una classe tutta nuova. Ogni giorno, più volte al giorno, tre compagne le ripetono: “Sei brutta e sei vestita male”. Lei si tiene tutto dentro, non ne parla coi genitori, ma piange in camera. Inizia a non uscire più e ogni volta che si guarda allo specchio si vede brutta. Passano i mesi e la bimba perde la voglia di studiare. Finché si ammala e i genitori la ricoverano. Quando finalmente la bimba si confida, l’unica soluzione è cambiare scuola. Le reazioni della classe: «Erano solo gelose». «Volevano farle male dentro». «Perché non ha parlato coi genitori?». Un esempio per spiegare che una certa violenza ti entra in testa e ti fa ammalare.

‘Serve più controllo da parte degli adulti’

«Se 5 anni fa, metà degli allievi aveva lo smart­phone, oggi ce l’hanno tutti», ci dice Mastroianni. Per l’agente serve più controllo da parte dei genitori. Devono interessarsi a ciò che fanno i figli quando sono online: conoscere il gioco e chiedere loro se conoscono le persone con cui interagiscono. «Oggi i ladri sono in rete ed anche i pedofili, occorre imparare a non fare entrare tutti sul proprio cellulare», dice. Spesso i predatori sessuali individuano le vittime ponendo domande apparentemente disinteressate; per capire se hanno a che fare con un bimbo che magari si sente solo e per questo si rifugia nei videogame. 

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