Ticino

Funzionario condannato: 'Chi sapeva lavora sempre per lo Stato?'

Seconda interpellanza, sull'ex dipendente del Dss condannato per coazione sessuale. Dadò e Agustoni ventilano una commissione speciale di inchiesta

30 gennaio 2019
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Ieri si è concluso il processo all'ex funzionario pubblico condannato per coazione e violenza sessuale nei confronti di una donna alle dipendenze del cantone al momento dei fatti. La corte delle Assise criminali, presieduta dal giudice Marco Villa, ha condannato il 59enne, ex funzionario del Dss, a 120 aliquote sospese per un totale di 7'200 franchi. Nel leggere la sentenza, Villa ha comunicato “la tristezza della Corte per i fatti avvenuti” e ha deplorato “la condotta dell'imputato”. Poi si è rivolto alle tre vittime chiedendo loro, quale rappresentate dello Stato, scusa. Chi poteva intervenire anni fa, non lo fece (vedi correlati). 

Diverse le reazioni sulle eventuali responsabilità di chi sapeva, ma non fece nulla anni fa : due interpellanze – una dal deputato Mps Matteo Pronzini, l'altra dai ppd Fiorenzo Dadò e Maurizio Agustoni –  più la presa di posizione del Collettivo 'Io l'8 ogni giorno'. I quesiti di fondo sono simili:  Chi sapeva? Perché non è stato fatto nulla allora? Il Governo intende chiarire i fatti ed eventuali responsabilità di chi sapeva? 

Dadò e Agustoni: 'Il parlamento dovrà chiedersi se non incaricare una commissione speciale di inchiesta' 

“Una tempestiva segnalazione all’autorità giudiziaria, o quantomeno l’avvio di un’inchiesta, avrebbe consentito da un lato di evitare terribili sofferenze alle vittime e dall’altro lato di punire il funzionario con una pena meglio adeguata alla sua colpa. Chi denuncia molestie o violenze sessuali ha il diritto di essere ascoltato e le sue segnalazioni devono essere valutate seriamente; se queste risultano fondate l’entepubblico deve agire senza indugio e perseguire senza esitazione l’autore di questi reati, tra i più immondi che si possano immaginare. Chi “banalizza” o – peggio ancora – “copre” consapevolmente certi comportamenti è corresponsabile delle sofferenze causate alle vittime. Questo fatto è di una tale gravità istituzionale e morale che, a dipendenza anche di quanto emergerà dalle risposte del Consiglio di Stato, il Gran Consiglio deve seriamente chiedersi se non sia il caso di incaricare una Commissione speciale di inchiesta», scrivono i Ppd Fiorenzo Dadò e Maurizio Agustoni in un'interpellanza al Governo, chiedendo che cosa è stato fatto allora, chi ricevette la segnalazione, se lavora ancora per lo Stato, chi ne fu informato, se c'è la volontà di avviare un'inchiesta per appurare i fatti. 

Matteo Pronzini: 'Un comportamento inaccettabile che non può passare sotto silenzio' 

«Durante il dibattimento è emerso a più riprese il ruolo complice e omertoso dell’amministrazione cantonale», scrive oggi Matteo Pronzini in un’interpellanza al Consiglio di Stato. Nei tre casi le vittime, scrive sempre Pronzini, si sono rivolte al superiore per raccontare quanto accaduto senza però ottenere nessun riscontro. «Di fronte al racconto delle vittime l’amministrazione è rimasta immobile senza dare seguito a quanto emerso nei colloqui con le donne. Un comportamento inaccettabile e che non può passare sotto silenzio». Pronzini chiede dunque al Governo lumi sulla vicenda; su eventuali responsabili; sulle ragioni per cui il funzionario, malgrado le ripetute segnalazioni sia rimasto al suo posto; su eventuali inchieste interne in corso sui fatti accaduti; su provvedimenti presi per non rifare gli stessi errori.

Il collettivo Io l'8 ogni giorno: 'Atteggiamenti di omertà che non aiutano le donne a denunciare'

Due le osservazioni del Collettivo inviate ai media: «Stampa, opinione pubblica e avvocato della difesa hanno cercato in tutti i modi di discreditare la credibilità delle vittime, fornendo dettagli inutili sulla loro vita privata e che nulla aggiungono alla conoscenza di quanto denunciato, ma che hanno come unico obiettivo quello di denigrare chi trova il coraggio di denunciare, di far sentire in colpa le vittime stesse sottoponendole così a una nuova violenza. La seconda questione riguarda invece l’atteggiamento di omertà e nei fatti di complicità con l’aggressore da parte del suo datore di lavoro, nel caso specifico, fatto ancor più grave, l’amministrazione cantonale». 

Le vittime infatti lavoravano tutte presso l’amministrazione e hanno segnalato a più riprese il comportamento inadeguato dell’imputato ai loro superiori. «Nessuno però ha dato seguito a queste denunce e segnalazioni, lasciando quindi le vittime sole e senza protezione, come affermato anche dalla procuratrice durante il dibattimento. Ci chiediamo come questo sia ancora possibile soprattutto all’interno di un datore di lavoro pubblico che dovrebbe essere ancora più attento a queste tematiche e prendere sul serio qualsiasi segnale in questa direzione». Si tratta di atteggiamenti e comportamenti – ribadisce il Collettivo – che non aiutano le donne che trovano il coraggio di denunciare, che non fanno altro che perpetuare una cultura della sottomissione e della colpevolezza delle donne. "Anche per questo sciopereremo il prossimo 14 giugno per dire con forza no alle violenze machiste e per rivendicare l’autodeterminazione della nostra vita e del nostro corpo. Perché davvero non capiti più”, conclude il Collettivo. 

 

 

 

 

 

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