Ticino

Sonniferi a breve termine

Il 25% dei pazienti negli ospedali ha l'abitudine di ricorrere alle pillole già prima del ricovero. Il farmacista cantonale: 'Porta dipendenza e assuefazione'

8 maggio 2018
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«Una volta prescritto, il sonnifero deve essere considerato, visto e impostato come un trattamento a brevissimo termine». Giovan Maria Zanini, farmacista cantonale, ha un’opinione precisa e netta riguardo all’uso di questi farmaci che, recenti statistiche lo confermano, sono molto usati in Ticino. Un’indagine condotta presso gli ospedali pubblici, infatti, ha mostrato come il 25 per cento dei pazienti avesse l’abitudine di ricorrere a sonniferi o ansiolitici per prendere sonno già prima di arrivare in ospedale (cfr. edizioni del 20 marzo e del 2 maggio). L’insonnia e i disturbi del sonno tout-court possono avere molteplici cause: un lutto, ansie, preoccupazioni, un dolore fisico. Fino al cantiere sotto casa. Per questo motivo, ribadisce Zanini interpellato dalla ‘Regione’, «quando un paziente si reca dal medico chiedendo un prodotto per dormire bisogna preparare subito un piano che permetta di prevedere, entro una settimana o massimo quindici giorni, di terminare l’uso del farmaco». Già, perché «evitare che si sviluppi una dipendenza» per il farmacista cantonale è «un elemento importantissimo, e un punto ancora oggi non sufficientemente soddisfatto». Nel senso che «ci sono molte persone che iniziano ad assumere il sonnifero e lo prendono per periodi lunghissimi, ciò non va bene». D’accordo, ma se lo assumono è perché qualche medico glielo prescrive. «Certo, e questo succede perché davanti al paziente ci sono due tipi di reazione – replica Zanini –. Una è quella più facile, cioè di fare un’altra ricetta. L’altra, verosimilmente più giusta, sarebbe quella di cercare di capire come si può iniziare a diminuire, se non togliere, il farmaco. Questa seconda opzione è sicuramente più impegnativa, quindi all’atto pratico ci sono pazienti che vanno avanti troppo tempo ad assumere i sonniferi». Ed è proprio così che si crea la dipendenza, un meccanismo che «porta alcune persone a diventare dipendenti, ma altre addirittura non ricevono più l’effetto desiderato». Dipendenza e assuefazione sono fenomeni con i quali è rischioso avere a che fare, ma spesso sono il risultato di un problema. Che va affrontato con accortezza, riprende Giovan Maria Zanini: «Le prescrizioni successive alla prima devono essere messe in discussione». E la legge riesce ad aiutare in qualche modo? «Sì, sono stati introdotti elementi per cercare di favorire la rimessa in discussione delle terapie. Per i sonniferi più forti, tipo le benzodiazepine, la legge prevede che il medico di principio possa prescrivere questo prodotto per un mese. Le successive ricette – conclude Zanini – devono essere motivate, e solo date certe condizioni si può arrivare a sei mesi».

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