Ticino

La Lia tra piani B e richieste di abrogazione

Legge imprese artigianali, Rossi: possiamo salvarla. Tamagni: è svuotata di significato, va cancellata

16 gennaio 2018
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«Sì, stiamo prendendo in considerazione diverse ipotesi. Non da ultimo, e questa è una mia idea magari un po’ estrema, quella di creare un albo volontario». Piergiorgio Rossi, presidente dell’Unione associazioni edilizie (Uae), sebbene auspichi il mantenimento dell’albo Lia spiega alla ‘Regione’ come, nel caso in cui la Legge sugli artigiani venisse abrogata, un piano B debba essere messo in campo. Tenendo alti i vessilli che hanno accompagnato i fautori dello stesso albo, magari. «L’importante – spiega Rossi – sarebbe continuare a sensibilizzare la popolazione sul fatto che la ditta iscritta abbia un valore aggiunto, si dedica alla formazione professionale, paga le imposte e sostiene l’economia locale». Anche perché i risultati ottenuti finora, per il presidente dell’Uae, sono positivi: «Abbiamo visto una diminuzione delle notifiche dei padroncini senza metter loro particolari paletti».

In attesa che il Tribunale amministrativo si esprima sui ricorsi inoltrati dalla Commissione della concorrenza (Comco), è proprio quello della concorrenza «leale» un altro tema che Rossi iscrive nel suo positivo bilancio della Lia. «Si presuppone che chi si iscrive all’albo rispetti le regole del gioco e che quindi entri in concorrenza con altre aziende che seguono le stesse regole e ottemperano agli stessi criteri. In questo senso si è migliorata la situazione e nel breve termine si dovrebbero vedere dei risultati anche riguardo ai casi sempre più diffusi di ‘malaedilizia’». Pure dal punto di vista dei salari pagati? «Certo, ormai si riscontrano quasi settimanalmente casi di salari a 1’300 o 1’500 euro per un’occupazione al 100 per cento». E la questione, oltreché di trasparenza, per Rossi è anche etica: «Il normale cittadino che comanda una porta o fa venire in casa qualcuno per imbiancare le pareti ha il diritto di sapere che la ditta a cui si rivolge assolve a dei determinati criteri e che rispetta le regole del gioco». A livello di trasparenza, non va dimenticato nemmeno come «avere una piattaforma che mette a disposizione i dati di chi opera sul mercato è fondamentale. Ce ne siamo accorti recentemente, quando durante le trattative per il contratto collettivo per la piccola distribuzione non si sapeva quante ditte fossero presenti sul mercato. La cosa è preoccupante, soprattutto considerando il fatto che siamo in un’era più che tecnologica».

Insomma, per Piergiorgio Rossi di motivi per tenere in piedi la Lia ce ne sono. «Abbiamo fatto tutti un grosso sforzo per implementare questa legge, ci siamo esposti a dei rischi, riuscendo nel bene e nel male a farla navigare. Che un progetto simile richieda dei correttivi mi pare sacrosanto. Ma correttivi, non l’addio alla legge tout court». E quali, concretamente? «Per me – risponde Rossi – è fondamentale il tema relativo ai piccoli artigiani. Vanno trattati in un modo diverso. Se un artigiano con la sua azienda è attivo in cinque settori, teoricamente deve essere iscritto per tutti i settori nei quali opera. E la cosa è abbastanza complicata, va ammesso. Fin da subito ci siamo accorti di questo problema, e difatti se in una prima fase si è stati abbastanza rigidi nel far rispettare questa regola, in seguito lo si è stati un po’ meno. Se uno rispetta un contratto collettivo non è obbligatorio ne rispetti altri».

Correggere e migliorare invece di cancellare. «Noi pensiamo di riuscire a salvare questo albo, ma comunque andrà cercheremo di conservarne lo spirito» conclude Rossi.

 

‘È stata svuotata di significato. La si abroghi’

«Non ci possono essere piani B, secondo me. L’unica soluzione che vedo è l’abrogazione della Lia, una legge liberticida, negativa per l’economia ticinese, che non ha raggiunto l’obiettivo per il quale è stata concepita dal Gran Consiglio e che la sentenza del Tribunale amministrativo ha svuotato di significato». È perentorio l’avvocato bellinzonese Paolo Tamagni. Suo il ricorso inoltrato per conto di una ditta sopracenerina che contestava l’obbligo di iscrizione all’albo introdotto dalla Legge cantonale sulle imprese artigianali, la Lia appunto. E il Tram, il Tribunale cantonale amministrativo, ha dato ragione all’azienda. Il verdetto, dello scorso novembre, ha indotto il Consiglio di Stato a interrogarsi sul futuro della normativa.

Avvocato, va giù duro sulla Lia...
Parliamoci chiaro, in realtà la Lia è stata pensata soprattutto come legge anti-padroncini. Se però si guarda l’albo si scopre che nei settori d’attività più importanti una parte consistente delle iscritte sono ditte artigianali italiane, succursali di queste in Ticino e imprese qui costituite da ex padroncini.

Ha detto anche che è una legge liberticida. Non esagera?
Per niente. La Lia limita il libero esercizio dell’attività artigianale, imponendo esami (con questionari infarciti di domande che ritengo, e non solo io, assurde) e l’iscrizione all’albo (una sfilza di requisiti) a imprese attive anche da molti anni, che non hanno mai fatto concorrenza sleale e che da sempre operano nel rispetto delle leggi federali. Leggi federali che, come ha evidenziato il Tram nella sentenza con cui ha accolto il ricorso da me presentato, perseguono già gli scopi dichiarati della Lia, come la promozione della qualità dei lavori, la sicurezza dei dipendenti e la prevenzione degli abusi nell’esercizio della concorrenza. Non solo. Il tribunale ha pure stabilito che diverse attività artigianali considerate dalla Lia non comportano per la collettività alcun rischio, tantomeno accresciuto. Ergo: non c’è quel prevalente interesse pubblico che giustificherebbe un regime autorizzativo. Regime che invece vige per gli impresari costruttori, tenuti a iscriversi all’albo introdotto dalla Lepicosc, la Legge cantonale sull’esercizio della professione di impresario costruttore. Per il Tram dunque la Lia è un provvedimento legislativo sproporzionato e anticostituzionale. C’è poi una cosa che lascia perplessi.

Quale?
Alludo alla valutazione esterna disposta dal governo: stando ai suoi contenuti, dei quali ha riferito sabato il ‘Corriere del Ticino’, si sta cercando di dare alla Lia un senso diverso da quello voluto dal Gran Consiglio. È inammissibile sostenere oggi che si potrebbe mantenere l’obbligo di iscrizione all’albo almeno per alcune professioni artigianali, come per esempio, sempre secondo la valutazione esterna, quelle di carpentiere e di metalcostruttore poiché possono presentare dei rischi. L’interesse pubblico prevalente che può rendere plausibile un regime autorizzativo lo si accerta nel momento in cui si fa, si approva e si promulga una legge. Non dopo. È una delle regole basilari dello Stato di diritto.

Insomma per lei c’è un solo piano B: l’abrogazione della Lia.
A maggior ragione se il Tram dovesse accogliere i ricorsi della Comco. I collaboratori della Commissione di vigilanza Lia potrebbero essere reinseriti negli organi di controllo previsti dalle leggi federali che già disciplinano gli ambiti d’applicazione della Lia. E il Gran Consiglio potrebbe ragionare su un’estensione della Lepicosc, la legge sugli impresari costruttori, a certe attività artigianali.

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