In tanti si sono ritrovati sabato a Balerna per ricordare il giovane morto in un riale. L'appello: ‘Più protezione per i minori non accompagnati’
La morte di un 14enne è sempre ingiusta. Poco importano le sue origini o la sua storia. E la fine di Aziz, l'adolescente partito dall'Algeria e sbarcato al Centro federale d'asilo di Pasture dopo un lungo peregrinare, ha lasciato senza parole la comunità locale. Il suo corpo privo di vita è stato ritrovato da due richiedenti l'asilo come lui la sera del 31 marzo scorso nel greto del riale Raggio, che a Balerna scorre accanto alla struttura d'accoglienza. Mancava dal Centro da tre giorni. Del giovane si sapeva poco. Pare avesse un fratello. E sembra che le autorità siano riuscite a rintracciare i familiari e che, forse, le sue spoglie verranno rimpatriate. Le tante persone – tra cui pure municipali della regione – che, sabato mattina, si sono ritrovate al cimitero di Balerna per tenere viva la sua memoria e ricordare il suo nome, non avevano, però, bisogno di saperne di più per rispondere all'invito dell'Associazione Mendrisiotto Regione Aperta e testimoniare la loro vicinanza.
«Vogliamo trasformare questo dolore collettivo in qualcosa di positivo, in un progetto – ha esordito il co-coordinatore dell'Associazione Willy Lubrini –. Perché un ragazzo di 14 anni venuto in questo Paese, sperando in una vita migliore, deve morire nel greto di un riale? Ecco questo incontro civile vuole essere un momento di vicinanza e di solidarietà per i familiari, gli amici, i compagni di viaggio e di sventura, le persone che hanno condiviso il tempo a Pasture e lo hanno conosciuto, come gli educatori e gli insegnanti che lo hanno accompagnato in questo periodo della sua breve vita». Quegli stessi insegnanti che in un angolo del cimitero hanno lasciato un messaggio accanto a dei fiori e a una striscia di carta con la scritta Aziz a lettere colorate. Un modo per dire grazie a questo 14enne "per ciò che ci hai lasciato". E per fargli sapere che gli hanno voluto bene.
L'esigenza di «promuovere una riflessione collettiva, trasparente, senza difese istituzionali o politiche», come ha motivato Lubrini, è stata forte. «Vogliamo capire – ha ribadito – come accompagnare nel migliore dei modi questa migrazione che non si era mai vista fino agli anni Novanta: giovani minorenni non accompagnati in cerca di un futuro migliore». Una migrazione a cui «non eravamo pronti», ha sottolineato. «La politica ha pensato, infatti, di inquadrare questi ragazzi sotto la legge della migrazione; dimenticando che nel 1997 la Svizzera ha sottoscritto la Convenzione sui diritti del fanciullo. Una contraddizione che deve essere messa in evidenza, perché altri Paesi in Europa, pochi, hanno preferito l'altra via. In buona sostanza, quando un minorenne entra in una nazione per chiedere aiuto, rientra sotto il cappello dei diritti dell'Onu per la protezione dell'infanzia».
Ciò significa preferire famiglie affidatarie, foyer e percorsi educativi ai centri d'asilo. «Certo questa via giuridica ha tempi lunghi, come la politica. E noi – ha richiamato ancora Lubrini – abbiamo bisogno di un intervento immediato. Come Associazione, al tavolo del Gruppo di accompagnamento a Pasture come rappresentanti della società civile, ci impegneremo, quindi a migliorare le condizioni di questi giovani, a sostenere gli educatori e gli insegnanti che affiancano questi ragazzi. Occorre calarsi dentro il problema e affrontarlo con coraggio. Il messaggio che ci deve lasciare Aziz è questo: occupiamoci e preoccupiamoci di chi è ancora qui e di chi verrà».
L'esistenza del 14enne algerino, come la vita dell’uomo, ha ricordato l'imam Luan Ahmeti, è corta come una chiamata – quella che si fa in moschea alla nascita – e una preghiera, che si recita davanti alla sua morte. «Qui – ha annotato – parliamo nel nome dell'umanità e non della religione. La nostra presenza non dimostra solo solidarietà ma il fatto che ci sentiamo un po' colpevoli. Perché non siamo riusciti a salvarlo? Era il suo destino e siamo sicuri sia ripartito per la vita eterna». L'amarezza, però, resta. E la morte di Aziz, ha fatto presente Mauro Stanga di Mendrisiotto Regione Aperta, «non deve passare inosservata».
E la vicenda di Aziz, ha confermato don Gian Pietro Ministrini, arciprete di Balerna, «ci ha toccati tutti, oserei dire scioccati. Ci sentiamo, è vero, un po’ tutti colpevoli per quel che è successo. Quando si passa attraverso quelle esperienze in quella giovane età si resta segnati, magari facendo scelte che noi, in teoria, non condividiamo, ma che sono il frutto della disperazione o della fatica attraverso la quale si è passati. Tutto ciò deve quindi insegnarci a migliorare, a trovare soluzioni diverse, e per quanto è possibile a condividere e ad amare concretamente, ciascuno nel suo piccolo, queste persone che cercano solo una vita migliore».
«Una delle chiavi di lettura di ciò che è successo – ha rimarcato don Giusto della Valle, parroco di Rebbio, sabato a Balerna per portare la sua esperienza di accoglienza –, è il diritto di ogni uomo di poter migrare, e andare dove vuole per cercare un futuro e lì costruire un mondo nuovo, che è dato dall'incontro di popoli, religioni e culture. A Rebbio – ha spiegato – abbiamo ospitato tanti minori in questi anni, spesso scaricati a noi. E noi li abbiamo accolti volentieri: è un discorso di umanità. Ragazzi provenienti da Egitto, Marocco, Tunisia, raramente dall'Afghanistan. E che sembrano forti, perché passati alcuni traverso il carcere libico, altri altre vicissitudini, ma con una fragilità interiore dovuta al distacco dai genitori. Giovani a cui voler bene: l'approccio giusto, infatti, è quello educativo e non assistenziale. Hanno bisogno di papà e mamme che sostituiscano i genitori. Così da aiutare ciascuno a sviluppare un progetto educativo, un pensiero per il proprio futuro. Se la società non lo fa, non vuole farlo o non è in grado, è un errore grave di cui si pagheranno le conseguenze, perché riguarda tutti noi».
Per un momento Aziz torna a vivere nelle parole che il poeta Alberto Nessi ha pubblicato su laRegione e una signora legge ai presenti. La sua memoria, però, resterà per sempre nell'albero che Mendrisiotto Regione Aperta intende mettere a dimora in quella che sperava fosse la sua terra promessa.