Si è accertato che l’impianto, al centro del caso del municipale sospeso, riprendeva suolo pubblico e vicini. Limitato il campo di ripresa
L’occhio delle videocamere installate a Scudellate scrutava oltre il dovuto, sconfinando sul suolo pubblico e sui fondi privati confinanti. L’impianto in questione, posato sulla struttura parte integrante dell’Albergo diffuso del Monte Generoso, è lo stesso che si è rivelato ‘galeotto’ per il municipale socialista finito, prima, nella bufera e poi sospeso in via temporanea dalle sue funzioni di capodicastero Edilizia privata e Pianificazione. All’origine della vicenda vi sono insulti e gestacci volgari che, a detta dei titolari dell’hotel, il politico locale avrebbe rivolto alla videosorveglianza mentre transitava dalla strada per Erbonne. Le immagini che l'hanno immortalato, depositate in Procura a corredo di una querela per ingiuria e che hanno alimentato il ‘caso politico’, passando di mano in mano, erano, però, legittime?
A porsi l’interrogativo, oltre allo stesso municipale Antonio Rosa – il quale, a sua volta, ha formalizzato di recente una controquerela all’autorità giudiziaria – è stata anche la consigliera comunale dei Verdi Grazia Cavallini in un atto parlamentare. E le risposte giunte nei giorni scorsi dall’Esecutivo sono chiare. Tant’è che il Municipio, accertato, come detto, il raggio d’azione dell’occhio elettronico, si è “attivato” e, nel limite delle sue competenze, ha esortato il proprietario a “rispettare scrupolosamente” le leggi e le direttive in vigore. Lo ha fatto “imponendo che gli apparecchi posizionati abbiano un campo di ripresa limitato al proprio fondo e non registrino suoni”. Non solo, le riproduzioni che non rispettano la Legge federale sulla protezione dei dati andranno distrutte. Da parte sua, l’autorità comunale annuncia di riservarsi altresì “la facoltà di procedere a controlli puntuali dei campi di ripresa delle telecamere e delle modalità d’esercizio dell’impianto di videosorveglianza, per il tramite della Polizia comunale di Chiasso”.
Se da una parte, infatti, la decisione di un privato di videosorvegliare la sua proprietà non sottostà a una licenza edilizia o a un’autorizzazione speciale, dall’altra non sfugge alle indicazioni dell’incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza. E a risponderne è il titolare. In effetti, come conferma l’Esecutivo, il Comune non è in possesso di un inventario delle videocamere private presenti sul territorio di Breggia. Il Regolamento di cui ci si è dotati alla fine del 2024 vale per il demanio pubblico, ma “non può assolutamente disciplinare la posa di telecamere da parte dei privati”; manca una base legale sufficiente. Infatti, si rimarca, a livello comunale non si è a conoscenza delle modalità con le quali è stato utilizzato l’impianto finito sotto i riflettori, né si è al corrente “se delle persone sono state filmate a loro insaputa”.
Ecco che l’ente pubblico locale è chiamato a muoversi entro determinati paletti. In altre parole, come si rimarca ancora nella risposta a Cavallini, “non è compito del Municipio controllare l’esercizio degli impianti di videosorveglianza privata”. L’autorità può, in ogni caso, intervenire su segnalazione o in qualità di ‘controllore’ del territorio, “procedendo – si ribadisce – con degli accertamenti e imponendo delle misure qualora riscontrasse che questi impianti riprendono in maniera illecita fondi di altri proprietari o il demanio pubblico”.
In effetti, si ricorda, una violazione della sfera privata, se accertata, può essere sanzionata. L’azione legale, davanti al foro civile, si innesca, però, dietro querela di parte. Via che, nel caso di Scudellate, ha seguito il municipale. In materia di videocamere e riprese filmate, gioca un ruolo importante, infatti, la responsabilità del singolo. E questo vale sia per il proprietario dell’impianto, chiamato a utilizzare gli strumenti a disposizione in modo lecito – quindi, si annota, senza ledere illecitamente alla personalità delle persone interessate –, sia per chi si ritrova a essere videosorvegliato.
Come fa capire anche l’Esecutivo di Breggia, è chi si sente violato nella privacy a dover reagire. Come? Chi pensa di essere finito nel... teleobiettivo di qualcuno, si suggerisce, ha la possibilità di presentare una richiesta di informazioni scritta al responsabile dell’impianto, domandando lumi sul sistema di videosorveglianza, sui tempi di conservazione delle registrazioni e su chi ha accesso alle immagini, ma soprattutto se vi sono dei video che lo riguardano. In quel caso, fa presente il Municipio, può richiedere che gli vengano messi a disposizione i filmati.
Gli interessi privati non possono giustificare che delle telecamere di videosorveglianza controllino luoghi pubblici. Ciò non è ammesso per principio. Lo dicono a chiare lettere le disposizioni pubblicate sul tema nel luglio del 2024 dall’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza. In tali circostanze, si spiega, verrebbe ripreso “un numero indefinito di persone, ledendo in tal modo i loro diritti della personalità”. Quindi, gli impianti privati su suolo pubblico sono “di norma illeciti e sproporzionati e non devono essere installati”. Esistono delle eccezioni alla regola, ma in un ambito molto ristretto.