Mendrisiotto

Ricattava minorenni per ricevere foto intime

Alla sbarra un giovane ticinese è stato condannato a tre anni in parte sospesi. Raggirava ragazzine anche di 13 anni per materiale pornografico

In sintesi:
  • L'imputato era già stato una prima volta in carcerazione preventiva nel 2022
  • Il condannato avrà un’interdizione a vita per lavori a contatto con minorenni e dovrà svolgere, oltre le sedute psichiatriche, anche esami costanti del capello e delle urine per controllare che non consumi più alcool e droghe
Crimini via web
(Ti-Press (archivio))
15 gennaio 2024
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Fingeva di essere un loro coetaneo e chiedeva a ragazzine minorenni di inviare immagini o video intimi. Alla sbarra, davanti le Assise criminali di Mendrisio in Lugano, è finito un giovane ticinese che è stato condannato, dal presidente della corte Mauro Ermani con giudici a latere Aurelio Facchi e Giovanna Canepa Meuli, a 36 mesi dei quali 14 da scontare e 22 sospesi condizionalmente per cinque anni (il massimo per una pena sospesa) per i reati di ripetuta coazione sessuale, in parte tentata, ripetuti atti sessuali con fanciulli, ripetuta coazione, ripetuta pornografia e contravvenzione alla Legge Federale sugli stupefacenti. La durata della pena è giunta tramite un accordo della procuratrice pubblica Pamela Pedretti e l’avvocato della difesa Davide Ceroni.

Non era la prima volta

I primi fatti sono avvenuti tra maggio 2018 e marzo 2021. In quel periodo il sottocenerino adescò attraverso social media e applicazioni di messaggistica delle minorenni che al momento dei fatti avevano dai 13 ai 17 anni e alcune maggiorenni di massimo 20 anni. La tecnica era quella di abbindolarle con dei complimenti e mostrarsi interessato a una relazione sentimentale con loro. In questo modo si guadagnava la loro fiducia e le convinceva a farsi inviare fotografie o filmati che le ritraevano con le parti intime nude oppure mentre si masturbavano. In un secondo momento, quando le vittime rifiutavano questo scambio di contenuti digitali, le minacciava ed esercitava pressioni psicologiche dicendo alle ragazzine che avrebbe divulgato in rete, o ai loro conoscenti, le immagini intime precedentemente ricevute. Per questi fatti nella primavera del 2022 finì alla Farera per 66 giorni di carcerazione preventiva. Ma una volta fuori, dopo appena quattro mesi, malgrado avesse un obbligo di presenziare a delle sedute psichiatriche, ecco che ci ricasca. Anche in questo caso, le vittime avevano meno di 16 anni.

La presa di coscienza

L’accusato si è espresso in aula amareggiato per quanto ha fatto: «Era come se dovessi soddisfare un mio bisogno puramente di natura sessuale senza guardare chi avessi davanti. Sono cose che non faccio con la mia compagna. Non sono riuscito a controllarmi. Sento vergogna, sono arrabbiato con me stesso e dispiaciuto per le vittime. So che quanto ho fatto le potrebbe segnare a vita e questo mi uccide. Ora il percorso psichiatrico che sto seguendo ha l’obiettivo di capire come mai facevo queste cose». Riguardo il periodo intercorso tra le due fasi dei reati, il sottocenerino dice di aver preso «sottogamba» il carcere preventivo: «Non sono riuscito a controllarmi e ho ripreso lo stile di vita che avevo prima: bevevo molto e consumavo droghe. Ora voglio andare avanti con la vita, trovare un lavoro e continuare il percorso rieducativo».

‘Non ha mostrato alcun rispetto’

Il processo si è svolto con una procedura ordinaria anche se le parti hanno rinunciato al dibattimento in quanto i fatti erano già conosciuti. Il presidente della corte al momento della lettura della sentenza si è espresso in modo deciso: «La colpa è grave. Non ha mostrato alcun rispetto per le vittime ingannandole e ricattandole. Non solo è fastidioso, ma le ha poste anche di fronte alla vergogna e le ha costrette ad assecondarle. Il tutto per raggiungere la propria soddisfazione personale per puro egoismo. Dalle chat risulta anche che provava piacere nel ricattarle». La recidività per Ermani non è da prendere alla leggera: «Ulteriormente grave è che non ha capito nulla dopo i 66 giorni in carcere. Doveva capire quanto ha fatto in precedenza, ma invece ha continuato a delinquere. Aveva una compagna e delle attività sessuali senza dover importunare delle ragazzine. Questo è un comportamento sprezzante». L’imputato, attualmente in stato di esecuzione della pena anticipata, continua il giudice, «è sulla ‘retta via’. Secondo il rapporto della psichiatra e della psicologa il trattamento che sta seguendo pare aver mosso le acque. Con i cinque anni di sospensione, il massimo previsto, le diamo un tentativo per rimetterla nella giusta strada. Riacquisterà la libertà, ma dovrà seguire un trattamento psichiatrico per risolvere la tematica di fondo della sua personalità». Oltre alla pena sopra menzionata, il condannato avrà un’interdizione a vita per lavori a contatto con minorenni e dovrà svolgere, oltre le sedute psichiatriche, anche degli esami costanti del capello e delle urine per controllare che non consumi più alcool e droghe.

Segnalato dalla FedPol

Malgrado le vittime accertate dell’adescatore siano state quasi una ventina, solo i genitori di una ragazzina erano tra gli accusatori privati. Infatti come ci spiega la pp Pedretti le ragazze provavano vergogna e non lo hanno voluto denunciare: «La segnalazione è arrivata dall’ufficio federale di polizia (FedPol) perché l’accusato utilizzava materiale pornografico non consentito. In diversi casi non sapevamo neanche il nome delle ragazze perché si coprivano dietro a dei nickname. Durante l’indagine l’accusato è stato collaborativo e ci ha fornito i dati delle chat. In questo modo abbiamo potuto rintracciare le famiglie e avvisarle». Una paura di essere linciate dal web che è una realtà per molte ragazze che subiscono questi reati: chi dovesse essere vittima o conoscere episodi simili, può segnalarlo alla FedPol tramite l’ufficio federale della cibersicurezza con un apposito modulo presente sul loro sito.

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