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Pneumatici, vade retro. ‘Ma non basta spostare il problema’

Dalla Pm Ecorecycling la voce di chi mette le mani nei copertoni usati. Inchiesta penale sull’incendio del dicembre 2020 verso la sospensione

L’azienda copre i due terzi dei copertoni dismessi in Ticino
(Ti-Press)
9 marzo 2022
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Ogni anno in Ticino si buttano vere e proprie montagne di gomme usate. Tonnellate, a migliaia, che vanno poi smaltite. «E qui sta il punto», richiama subito l’attenzione Daniel Oberbörsch. Il titolare della Pm Ecorecycling Sa fatica, infatti, a capire tanta ostilità da parte di popolazione e autorità locali. Anche perché la sua ditta oggi si occupa di ‘sistemare’ due terzi dei copertoni dismessi nel cantone, rivendica con determinazione. «Solo l’anno scorso – fa sapere poi con un pizzico di orgoglio – abbiamo trattato 1’700 tonnellate, un record».

Eppure è bastato appendere all’albo di Riva San Vitale l’annuncio che la società progetta di trasferire nel Comune, lì in via Segoma, la sua attività per alzare le barricate. Lanciata una raccolta firme – 116 quelle sin qui raccolte online sulla piattaforma change.org, da aggiungere a quelle autografe – e scaduti i termini della pubblicazione del dossier rimane da capire se l’iniziativa abbia sollevato delle opposizioni: in veste ufficiale (e per relegamento interno all’amministrazione locale, come ci è stato spiegato) non è possibile sapere se sul tavolo del Municipio rivense siano approdate delle censure. In ogni caso, le mosse dei contrari sono determinate a impedire alla ditta di mettere radici nel paese.

‘Non basta spostare il problema’

«Sta di fatto che non basta spostare (di indirizzo, ndr) il problema; bisogna affrontarlo», reagisce con forza l’imprenditore. Come dire che qualcuno, da qualche parte, deve pur gestire questo ‘rifiuto’. Eppoi, tiene a far sapere Oberbörsch, «dimenticate Mendrisio (la vecchia sede, in via Adorna, ndr): a Riva sarà tutta un’altra cosa». In altre parole, nessuno scarto, il cosiddetto ‘fuori uso’, e nessuno smaltimento, ma unicamente il commercio di copertoni profilati e di carcasse destinate alla ricostruzione. «E ciò a beneficio del mercato delle occasioni, quindi di privati, gommisti, garage e dello stesso Tcs. Un mercato dal quale arrivano grosse richieste», annota. Non solo, fa memoria, il tutto avverrà al coperto, in un capannone che sarà trasformato su misura – a cominciare dalla protezione antincendio – e sorvegliato.

Inutile dire che la Pm sta facendo di tutto per scrollarsi di dosso l’eredità di… fuoco che, suo malgrado, si è ritrovata addosso. In effetti, a cinque anni dal primo rogo e a oltre un anno dal secondo – entrambi dolosi – ne sta ancora pagando le conseguenze. «E noi siamo le vittime», rammenta Oberbörsch. Del resto, prima di immaginare un trasloco sulle rive del Ceresio titolare e soci hanno studiato bene il Piano regolatore, ci dicono. «In quella zona (Segoma, ndr) è possibile insediarsi trattandosi di beni e servizi», sottolineano ricordando che quella in arrivo è un’impresa che dà lavoro a cinque persone, un paio di apprendisti e altrettanti stagionali. «Chiudere avrebbe delle conseguenze anche per loro».

‘Riciclando si evita di bruciare le gomme’

Il nodo degli pneumatici da riciclare o smaltire, d’altro canto, resta. «Chiedetelo ai gommisti ancor prima che ai nostri clienti, anche all’estero, che rimettono sul mercato i copertoni usati», ci esortano. «Qui si parla di 200mila gomme l’anno, che nel 40 per cento dei casi circa vengono restituite a nuova vita, calmierando pure i prezzi. Detto altrimenti, non vengono incenerite. Con la nostra attività evitiamo di bruciare 70mila pezzi, risparmiando sulle emissioni di CO2 (anidride carbonica, ndr) se vogliamo farne un discorso ambientale. D’altro canto, la Pm ha sempre onorato le richieste delle autorità per stare al passo con i tempi in materia di sicurezza ed ecologia », rimarca ancora Oberbörsch rispondendo alle critiche. Tanto più che nel mucchio ci finiscono gli pneumatici delle vetture, quelle dei Tir e dei trattori.

Il titolare vuole rassicurare altresì sulla sicurezza del futuro magazzino, così come sulla volontà di essere trasparenti - «Lo siamo sempre stati nei confronti delle autorità locali, cantonali e federali, tant’è che il Cantone ci ha incaricati di smaltire i resti del rogo di Riazzino», fa sapere – e appunto sull’attenzione verso l’ambiente. «In effetti, ci sono dei progetti per annullare del tutto le emissioni utilizzando degli impianti per recuperare al cento per cento gli scarti dei copertoni – anticipa –. Un processo che darà modo di ottimizzare lo smaltimento delle gomme».

Il rischio discarica abusiva è dietro l’angolo

Non dare la possibilità di riciclare gli pneumatici usati ha in sé un rischio, rende attenti infatti Oberbörsch. Quale? «Che si creino delle discariche abusive sul territorio del cantone. Non si contano i pezzi recuperati qua e là. È documentato: in passato ne hanno trovate ad esempio 70mila a Monteggio, 10-12mila ad Arzo, 40mila a Arbedo-Castione». Come dire che questa potrebbe essere l’altra faccia della medaglia.

Insomma, ce n’è quanto basta per tenere gli occhi addosso alla procedura avviata a Riva San Vitale.

Le inchieste

Procedimento ‘sospeso’

Alla Pm Ecorecycling, ma non solo, si marca stretto però anche un altro iter, quello seguito dall’inchiesta penale avviata sull’incendio del dicembre del 2020 a Mendrisio (in attesa di conoscere pure le risultanze delle indagini sul rogo del 2016). Il rischio che tutto finisca in un cassetto, infatti, è concreto. A temerlo sono per prime le vittime della vicenda. Che, in ogni caso, non intendono arrendersi all’idea di veder finire nel nulla quanto è successo. Anzi, vorrebbero dare un nome e un cognome all’‘ignoto’ a carico del quale tanto la prima che la seconda volta sono stati aperti i fascicoli per incendio intenzionale, in subordine incendio colposo. Un epilogo che appare, però, ancora lontano. In effetti, c’è chi paventa la possibilità che i reati cadano in prescrizione.

A inizio gennaio il procuratore pubblico Pablo Fäh ha firmato la chiusura dell’istruzione, prospettando la sospensione del procedimento penale. Le ragioni? Sono da ricercare nell’articolo 314 (capoverso 1, lettera a) del Codice di procedura penale: "Il pubblico ministero può sospendere l’istruzione in particolare se: l’autore o il suo luogo di soggiorno non è noto oppure sono temporanea­mente dati altri impedimenti a procedere (...)".

Tra decisioni e reclami

Gli attori coinvolti – inclusi quanti si sono costituiti accusatori privati –, a questo punto, restano in attesa di vedere come andrà a finire e quale direzione prenderà l’incarto. Direzione che ha tutta l’aria di essere quella dell’abbandono. Del resto, l’inchiesta sull’incendio del 19 dicembre 2020 all’allora sede della Pm Ecorecycling a Mendrisio ha seguito la stessa sorte della precedente, sul rogo del 2016 – due episodi che la Procura ha trattato come distinti –: il decreto di sospensione, appunto. C’è chi, comunque, non ci sta, a tal punto da appellarsi alla Corte dei reclami penali. Corte che ha peraltro accolto il reclamo, annullato il decreto e rimesso i faldoni nelle mani del magistrato inquirente. A motivare questa decisione vi è stata una "omissione", in ragione della "violazione del diritto di essere sentita della parte". Detto altrimenti, l’accusa avrebbe dovuto preannunciare le sue intenzioni, dando così modo di visionare atti e prove.

Sul video due persone e un sacchetto. Poi il bagliore

E qualche elemento, accanto ai reperti, su cui lavorare, va detto, tanto nel 2016 che nel 2020 c’era. Anzi, la notte del dicembre 2020 le telecamere di videosorveglianza della zona hanno ripreso due figure sospette. Attorno alle 21.40 l’occhio elettronico ha infatti ‘catturato’ l’immagine di due persone che si dirigono a piedi verso l’area della ditta. Una delle due mostra di avere un sacchetto in mano. Undici minuti dopo all’incirca si vedono le stesse persone correre in direzione opposta; e il sacchetto non c’è più. Un paio di minuti e nel cielo si staglia un bagliore: scoppia l’incendio che manderà in fumo migliaia di pneumatici.

La Procura ha cercato di identificare i presunti autori. E ha messo a confronto le tracce raccolte, quelle del 2020 e quelle del 2016: tra i due roghi si sono riscontrate delle analogie, tanto da ipotizzare non solo il dolo ma altresì che dietro ci sia la stessa mano. Nonostante ciò, dagli atti emerge che i vari accertamenti non hanno permesso di individuare i responsabili, orientando verso la sospensione.

Alla ricerca della verità dei fatti

Sul versante delle vittime, però, i sospetti urgono. Soprattutto quello che dietro quanto è accaduto possa esserci la criminalità organizzata. Tanto da stupirsi davanti alla decisione di sospendere il procedimento e reagire sollevando una richiesta: pensare al coinvolgimento del Ministero pubblico della Confederazione. Si è arrivati anche a invocare l‘applicazione del principio ‘in dubio pro duriore’, che impone la promozione dell’accusa. Ciò che si reclama adesso è la ricerca della verità.

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