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Stabio: oltre la discarica, si bonifica il 'Porcino'

Nell'ambito della tappa 3 del deposito di inerti si darà nuovo lustro al bosco palustre. Un'area che in passato l'uomo ha già tentato (più volte) di bonificare

L'area Porcino come si presenta oggi
(Ti-press)

Per gli abitudinari dell’area boschiva che da Santa Margherita a Stabio si estende verso il confine con l’Italia, quel ‘laghetto’ presente alle pendici della collina di San Maffeo non è una sorpresa. Anche se, ad onor del vero, definirlo laghetto non è propriamente corretto. Si parla piuttosto di bosco palustre, nato verosimilmente negli anni ’20 dello scorso secolo – oggetto di un fallito progetto di bonifica – e ora tornato in auge nell’ambito della tappa 3 della discarica di Stabio. L’ampliamento della discarica, infatti, comporterà un compenso naturalistico che la Divisione dell’ambiente del Dipartimento del territorio – con lo studio Luigi Tunesi in qualità di progettista – ha individuato proprio nell’area ‘Porcino’ (il nome è legato al riale ad essa associato). Ecco che, allora, ricompare il ‘laghetto’, una sorpresa per molti abitanti di Stabio e della regione. E pensare che, a cavallo delle due guerre, l’idea era quella di bonificare l’area.

Bonifica fallita, spazio alla quercia rossa

A dare maggior spessore a questa tesi vi sono le foto aeree storiche e le carte nazionali. Agli inizi del ‘900, infatti, la carta Siegfried indica nell’area Porcino la presenza di una palude.  In una foto del 1933, per contro, è possibile individuare un sistema di drenaggio e un’apparente scarsa presenza di vegetazione arborea. Segno che l’uomo ci ha messo mano attorno, appunto agli anni ’20.  Una foto del 1945 ribalta nuovamente lo scenario immortalando un bosco novello con “copertura boschiva avanzata”.

La tesi più accreditata è che lo sforzo di bonifica – si legge nella relativa domanda di costruzione – non abbia permesso lo sviluppo di attività agricole o sfruttamenti particolari dell’area. In un periodo di crisi, a cavallo tra le due guerre mondiali, si sia intervenuti “con la volontà di guadagnare una superficie utile per uno sfruttamento agricolo”. L’insuccesso ha portato a rivedere la strategia di ‘sfruttamento’ dell’area, convertendosi così a “una piantagione di specie legnose (in primis Quercia rossa) a fini produttivi”, in linea con quanto avvenuto nello stesso periodo in diverse zone del Cantone. Scartata, infine, la possibilità – diversamente dalle diverse operazioni di bonifica nelle Prealpi meridionali – che l’operazione fosse finalizzata all’estrazione della torba utilizzata quale combustibile. In tal senso, infatti, le analisi del terreno hanno permesso di stabilire che la sostanza presente fosse di “scarsa qualità” e di “esiguo spessore”.

Nuova vita al bosco palustre

Ora, come detto, si procederà con l’intervento che consiste nel “migliorare e ripristinare l’equilibrio idrico del sito umido”. Si innalzerà dunque la falda di circa un metro, un metro e mezzo, facendo sì che si ricrei un “bosco palustre di ontano nero e in proporzioni minori da salice e frassino”. Materialmente si procederà con la rimozione parziale dei drenaggi realizzati all’inizio del secolo scorso e la posa di palancole in legname (2-3 pareti di sbarramento). Va da sé, infine, la rimozione del legname nel frattempo morto e di puntuali individui di quercia rossa.

Compensazione della discarica

I lavori al Porcino, come anticipato, fanno parte delle misure di compensazione dovute all’ampliamento (tappa 3) del deposito di inerti ‘Ca’ del Boscat’. Le prime due tappe avevano permesso di sistemare all’incirca 650mila metri cubi di scarti da cantiere. Con la terza fase si passerà a 850mila. Per il Consiglio di Stato, l’operazione – contenuta nel Piano di utilizzazione cantonale – equivarrà a un’investimento di 3,3 milioni di franchi. Un ampliamento che l’esecutivo cantonale ritiene necessario, anche alla luce della situazione sul fronte dello smaltimento dei rifiuti edili definita critica. Ca’ del Boscat dovrà così garantire “il fabbisogno dell’intera regione del Mendrisiotto e buona parte del Sottoceneri”. Il cammino affinché tutto si realizzi secondo i piani di Bellinzona però, dovrà prima superare l’ostacolo di alcune opposizioni  (vedi ‘laRegione’ del 10 gennaio) inoltrate al Municipio di Stabio due mesi orsono. 

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