Mendrisiotto

Viaggio in Svizzera e nel tempo, per immagini e suoni

Alan Alpenfelt ha ripercorso le orme del fotografo inglese William England in una mostra audio-visiva che mette a confronto il Paese del 1863 e quello di oggi

Jungfrau visto dal Wengernalp nella foto di Alan Alpenfelt, luglio 2019
5 dicembre 2019
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Le impressioni lasciate dai visitatori su un quaderno giallo hanno tutte parole entusiastiche. Alan Alpenfelt ha saputo regalare loro un ‘viaggio’ fra passato e presente. Del resto, chi non ha mai sognato di salire su una macchina del tempo? Lui, produttore indipendente per radio, teatro e musica – insomma, un creativo –, è riuscito a ricrearla lì, nel grande atrio di Palazzo Canavée, all’Accademia di architettura di Mendrisio. L’avevamo incrociato, alcuni anni orsono, a Radio Gwendalyn (di cui è stato cofondatore) a Chiasso. Lo ritroviamo nel capoluogo con una mostra audio-visiva che è una vera e sorprendente intuizione. ‘Binaural Views of Switzerland’ mette, infatti, faccia a faccia la Svizzera di oggi con quella di ieri (o meglio quella ottocentesca) grazie a immagini e suoni che fissano i paesaggi visivi e sonori di alcuni dei luoghi più caratteristici del Paese. Un confronto che, per certi versi, mette spalle al muro l’uomo (inteso come essere umano) per i cambiamenti prodotti in questi ultimi 160 anni.

Si dice che, a volte, una fotografia valga più di mille parole. Capita che anche una traccia sonora racconti molto di più di un’immagine. Con questa sorta di espediente Alan Alpenfelt non solo ci ha reso possibile un ‘gran tour’ della Svizzera, tra montagne, città e laghi – e senza muoverci da Mendrisio –, ma ha reso altresì omaggio a un fotografo inglese – «una figura dimenticata» – che tra il 1863 e il 1865 è andato alla scoperta del nostro territorio, «che considerava selvaggio e misterioso». L’autore dell’esposizione ha ripercorso, di fatto, le orme di William England, riscoprendo trenta dei 150 posti che aveva visitato e documentato con il piglio dell’operatore turistico. Un viaggio durato due mesi ed effettuato, ci spiega, tutto con i mezzi pubblici. «Sono tornato nei medesimi luoghi di England e ho registrato i cambiamenti, soprattutto sonori, intercorsi in questi anni. Grazie a questo pioniere, autore di splendide stampe stereoscopiche, oggi possiamo, ad esempio, renderci conto di cosa è successo ai ghiacciai svizzeri. England li ha fotografati nel momento della loro massima estensione».

L’incontro con England

Come è nata l’idea? «Quattro anni fa – ci racconta Alpenfelt – ho visitato una mostra allo Scottish National Museum di Edimburgo e lì ho visto delle vecchie fotografie stereoscopiche di England di talune località svizzere. Immagini che, già all’epoca, offrivano alla borghesia britannica di allora la possibilità di vedere panorami, anche lontani, in tre dimensioni. Tutto ciò mi ha affascinato». Il nostro artista, dal canto suo, ha catturato l’attenzione degli svizzeri (e non solo), ricreando, nel 2019, vedute e suoni che restituiscono una percezione a 360 gradi. «Paesaggi sonori, questi, reinterpretati da me». E l’effetto è strabiliante. Merito anche della riproduzione di un mirabile ‘Kaiserpanorama’, un visore pubblico, interamente in legno. «Opera – ci dice Alpenfelt – di due artigiani di casa nostra, Franco Mondia e Antonio Lo Menzo».

Dal 1’800 a oggi per sonorità

Scegliamo un paio di destinazioni – Gais, nel cuore dell’Appenzello, e Lucerna, una delle mete più gettonate dai turisti –, ci sediamo sullo sgabello e aguzziamo lo sguardo, ma soprattutto apriamo bene gli orecchi e ci mettiamo in ascolto. La vera esperienza è muoversi avanti e indietro nel tempo grazie a un mixer che ci proietta nelle sonorità di metà Ottocento. E così ci si rende conto che nel verde (che resiste) di Gais, tipico paesaggio svizzero, i campanacci, gli zoccoli dei cavalli e i grilli sono stati spazzati via dalle auto e dalle moto che sfrecciano sulla curva della Stossstrasse. Unico suono gentile il getto d’acqua dell’irrigatore. A Lucerna, il panorama (sonoro) non è molto diverso: traffico invece del fruscio delle onde o dello starnazzare delle anatre, unico denominatore comune la voce umana. Peccato che nella sua esplorazione England non si sia spinto fino in Ticino.

Cosa rimane, invece, ad Alan Alpenfelt del suo viaggio in solitaria? «Innanzitutto, un’esperienza intima. Ne ero consapevole: calpestavo gli stessi luoghi di William England. Come se avessi a che fare con la sua presenza. Come se questo viaggio fosse un portale fra passato e presente, me e lui, artista e artista, grazie alle tracce tangibili che ci ha lasciato con le sue fotografie. Poi c’è l’aspetto della memoria dei posti che ho visitato e dei cambiamenti in atto. È stato un lavoro di osservazione, oggettiva. Io stesso sono stato un osservatore e un ascoltatore. In questo modo un momento intimo e personale è divenuto più fruibile e importante anche per le altre persone». Contento del risultato finale? «Molto».

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