Mendrisiotto

Morì per sovradosaggio di farmaci, il pp: 'Fu colpa dei medici'

Zaccaria Akbas ri-punta il dito contro i quattro psichiatri della Clinica psichiatrica cantonale di Mendrisio che avevano in cura il 28enne morto nel 2014

(Ti-Press)
22 agosto 2019
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Il giovane paziente della Clinica psichiatrica cantonale di Mendrisio "è morto per colpa loro, non del sistema sanitario o addirittura sua". Il procuratore pubblico Zaccaria Akbas punta, sicuro, l'indice accusatore contro i quattro medici della struttura che nel 2014 avevano in cura il 28enne, sofferente di una patologia psichiatrica grave, poi stroncato da un sovradosaggio di psicofarmaci. I quasi due anni trascorsi dalla prima volta in aula non hanno modificato l'impianto accusatorio, né le conclusioni. Ripreso in mano l'incarto, completato con altri atti istruttori - così come richiesto, in prima battuta, dal giudice Siro Quadri -, il pp è tornato davanti alla Pretura penale di Bellinzona (in trasferta a Lugano) con quattro atti d'accusa sotto il braccio e rafforzato nelle sue convinzioni. I quattro psichiatri - all'epoca due capiservizio e altrettanti assistenti - si sono macchiati di negligenza e hanno violato le regole dell'arte medica, tanto singolarmente che in équipe, cagionando il decesso del paziente. Non solo, hanno somministrato, in contemporanea, diversi medicamenti "a livelli tossici e letali", ma hanno contenuto al letto il 28enne e hanno ignorato i campanelli di allarme, omettendo di effettuare controlli frequenti e i necessari esami clinici. Atti che avrebbero permesso di monitorare il degente e, agli occhi del pp, lo avrebbero potuto salvare. Per Akbas le conclusioni sono state conseguenti: una richiesta di pena (pecuniaria) - 90 aliquote, sospese - che conferma il decreto d'accusa originario.
Gli imputati, a loro volta, hanno riaffermato la loro innocenza. "Si è trattato di un decesso inaspettato" hanno ribadito a più di una voce. "Abbiamo fatto tutto quello che abbiamo potuto", ha richiamato il medico che più degli altri seguiva il giovane. A parlare per loro, dopo la pausa, saranno i difensori.
La sentenza, con tutta probabilità, non sarà pronunciata in giornata.

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