Chiasso

Tentato furto alla Loomis: 'Sarebbe stato il colpo della vita'

Il quintetto a processo questa mattina. L'accusa ha chiesto la conferma dei 10 anni d'espulsione dalla Svizzera: 'Molto organizzati, pene severe ma adeguate'

12 febbraio 2019
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“Una banda organizzata, molto organizzata, che da mesi si preparava minuziosamente a questo colpo e che aveva ruoli diversi”. Con queste parole la produttrice pubblica Chiara Borelli ha ritenuto “severe ma adeguate” le condanne tra i 2 anni e 6 mesi e i 3 anni e 6 mesi inflitte in agosto dalla corte delle Assise criminali di Mendrisio ai cinque pugliesi arrestati la notte tra il 25 e il 26 febbraio dello scorso anno per il tentato furto alla Loomis di Chiasso. I difensori hanno presentato appello chiedendo una massiccia riduzione delle condanne da sottoporre al beneficio della condizionale.
Il quintetto è a processo da stamattina davanti alla Corte di Appello e revisione penale di Locarno presieduta dalla Giudice Giovanna Roggero-Will. “Le condanne possono anche essere ridotte”, ha sostenuto Borelli. “Se la corte deciderà per pene sospese, la parte da espiare non dovrà essere inferiore ai 18 mesi”. L’accusa ha inoltre chiesto la conferma dei 10 anni di espulsione dalla Svizzera.
Nella sua requisitoria, Borelli ha ribadito che il colpo alla Loomis “li avrebbe sistemati per la vita”. Nel caveau - la cifra per questioni di sicurezza non può essere divulgata - vi erano infatti “un tot di milioni di franchi”. A mente di Borelli “è giusto parlare di pena severa della prima corte, ma non è giusto sostenere che sia sproporzionata pensando a un contesto di una refurtiva milionaria che alle nostre latitudini raramente si è vista”.

Borelli ha parlato anche degli altri componenti della “comitiva” composta da 18 persone, alcune delle quali appena estradate. “Un gruppo di persone organizzate con ruoli e compiti precisi, dove c’era chi comandava e chi eseguiva”. Il punto fermo alla loro “attività criminale è stato messo il 26 febbraio con la collaborazione degli inquirenti italiani e gli ordini di arresto internazionale”.
La breve istruttoria dibattimentale ha ripercorso quando accaduto nel mese di dicembre, in occasione del primo tentativo di furto riconosciuto dalla corte di primo grado. In quell’occasione è stato tagliato un cavo sulla strada principale, a un centinaio di metri dalla Loomis. “Non fosse scattato l’allarme, saremmo entrati”, hanno ammesso gli imputati (fatta eccezione per il 50enne che non ha mai partecipato ai soppralluoghi: per lui, condannato a una pena sospesa, il 25 febbraio si apriranno le porte del carcere). Un imputato ha aggiunto che il materiale per commettere materialmente il furto si trovava a Milano e che, se tutto fosse filato liscio, sarebbero tornati a prenderlo.

Intervenuto a nome del 51enne condannato in primo grado a 2 anni e 6 mesi parzialmente sospesi, l’avvocato Maurizio Pagliuca ha chiesto una pena non superiore a un anno di carcere, sospesa per 2 anni. Oltre a ribadire l’assenza del suo assistito nei vari sopralluoghi, il legale ha evidenziato che “a oggi la pena è più che sufficiente per fargli comprendere l’errore e permettergli un reinserimento immediato”. L’altro 51enne alla sbarra in primo grado è stato condannato a 3 anni e 3 mesi di carcere. “Non sono stati differenziati i ruoli - ha sostenuto l’avvocato Roberto Rulli chiedendo 12 mesi sospesi o, in via subordinata 25 mesi di cui 11-12 mesi da scontare -. Il mio cliente era un palo: il resto non gli può essere imputato solo perché faceva parte della comitiva”.
Il più giovane del gruppo, un 28enne, in primo grado è stato condannato a 3 anni e 3 mesi. “Ha sempre fatto il palo, non è mai stato coinvolto in decisioni e non gli sono mai stati chiesti pareri”, ha spiegato l’avvocato Chiara Buzzi chiedendo una riduzione contenuta in 24 mesi sospesi.

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