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S’intascava i soldi dei clienti: condannato 43enne luganese

Due anni sospesi per appropriazione indebita nell’ambito di un giro di denaro (frutto di evasione fiscale) dall’Italia ai Paradisi fiscali, via Svizzera

Non sono arrivato in paradiso (fiscale)
(Ti-Press)
17 maggio 2024
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Quasi 400’000 franchi. A tanto ammonta il maltolto per il quale è stato condannato per appropriazione indebita un informatico 43enne del Luganese. La non indifferente cifra tuttavia è solo meno di un terzo del totale calcolato dal procuratore pubblico Daniele Galliano. L’atto d’accusa a carico dell’imputato, discusso durante un processo a fine marzo e andato a sentenza oggi, è infatti stato ridimensionato rispetto alle accuse iniziali. La Corte delle Assise criminali di Lugano, presieduta da Francesca Verda Chiocchetti, lo ha prosciolto dai restanti quasi 900’000 franchi imputatigli nonché da una parte dei reati contestati per falsità in documenti. L’uomo è stato condannato a due anni sospesi per altrettanto tempo, invece dei tre proposti dalla pubblica accusa.

Capitali in fuga dal fisco italiano

Il caso riguarda un giro di denaro che dalla Svizzera, transitando da una società di un amico dell’imputato in Bulgaria, approdava su dei conti di un’altra società olandese di proprietà del 43enne. Destinazione finale: Paradisi fiscali, nei quali conservare il denaro frutto di evasione fiscale in Italia. Scopo delle triangolazioni, avvenute tra il 2015 e il 2016, era infatti quello di permettere ai clienti della società di non aderire alla ‘voluntary disclosure’, lo strumento ideato per consentire ai cittadini che secondo la legge italiana detenevano illecitamente patrimoni all’estero di regolarizzarli. In particolare, i soldi di tre clienti italiani sarebbero stati malversati, portandoli a costituirsi accusatori privati, difesi dall’avvocato Costantino Castelli e per i quali la Corte ha ordinato il risarcimento.

Riconosciuto il sincero pentimento

I circa 400’000 franchi in questione sono stati utilizzati dall’informatico per scopi personali e per società a lui riconducibili. Molto più elevato il maltolto ipotizzato da Galliano, ma non è stato possibile provare l’esistenza di una serie di fatture false che lo confermerebbero, ha spiegato Verda Chiocchetti. Undici le fatture false ammesse invece e per le quali è stato condannato. «Non era lui a prendere le decisioni sui trasferimenti di denaro né ad avere i contatti diretti con i clienti» ha aggiunto la presidente, sottolineando che agiva su indicazioni altrui. L’avvocato difensore Daniele Iuliucci si è battuto per un’assoluzione subordinatamente per una riduzione massiccia della pena, sostenendo che anche il suo assistito sarebbe stato a suo modo una vittima dei giri. Al 43enne la Corte, infine, ha riconosciuto le attenuanti della collaborazione e del sincero pentimento, sottolineando tuttavia che ha agito per motivi egoistici, nonché per raggiungere un facile guadagno.

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