Luganese

Hotel Federale, cent'anni di storia familiare a Lugano

I fratelli Roland e Thomas Galliker celebrano il traguardo e raccontano passato, presente e futuro di una lunga attività albergheria di successo

La famiglia Galliker, con i fratelli Roland e Thomas Galliker alla direzione dell’Hotel Federale di Lugano
(Ti-Press)
26 ottobre 2023
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Quella dei Galliker all’Hotel Federale di Lugano è una lunga storia familiare. Una storia centenaria celebrata ieri, che narra un pezzo di passato cittadino. A cominciare dall’edificio, che venne costruito nel decennio tra il 1880 e 1890. Lo stabile inizialmente si chiamava “Albergo Milano”. Nel 1918, l’albergo, che era di proprietà della famiglia milanese Tettamanti, fu acquistato dal signor Maspoli, originario del Mendrisiotto e ‘ribattezzato’ con il nome odierno. Cinque anni dopo, la direzione fu ripresa dal figlio Arturo Maspoli e dalla moglie Maria Galliker. I coniugi ammodernarono l’edificio. Dapprima, fu introdotta l’acqua corrente in tutte le stanze, poi la sala da pranzo e il ricevimento furono rinnovati. Negli anni venti, vennero ricavati alcuni garage per le auto.

‘Nostra zia, da sola tra le due guerre’

A raccontarci la storia esemplare dell’Hotel Federale, in questi tempi in cui i passaggi di proprietà degli esercizi pubblici sono la consuetudine, sono i fratelli Roland (58 anni) e Thomas Galliker (54 anni): «Tutto cominciò con Maria Galliker, la zia di nostro papà, che sposò Arturo Maspoli». Le recessioni economiche e, in particolare la Seconda guerra mondiale, frenarono il flusso turistico, ma l’albergo superò gli ostacoli. «All’inizio del conflitto mondiale, morì il signor Maspoli, e la zia di nostro padre riuscì a gestire l’albergo da sola fino a quando le redini dell’albergo non furono riprese dal figlio – ricorda Thomas –. Il figlio, con il sostegno della madre, sviluppò l’attività e fece eseguire alcune ristrutturazioni. L’hotel venne così ampliato».

Il periodo del turismo di massa

Nel 1945, il figlio di Maria Maspoli-Galliker, Arturo Junior, riprese la direzione dell’albergo e comprese in anticipo le esigenze del turismo di massa del dopoguerra, soprattutto nel periodo estivo. Nel 1950, lo stabile venne alzato di un piano e nel 1969, vennero installati bagni privati in alcune stanze. Nel 1970, Arturo Junior morì prematuramente, come il padre. Tuttavia, nonostante l’età avanzata, racconta Thomas «Maria tenne duro fino a quando non cedette la conduzione dell’attività alberghiera ai nostri genitori. Io e mio fratello siamo cresciuti nell’hotel e siamo ancora qui, io da 24 anni, mio fratello da 26, dopo le esperienze che abbiamo fatto all’estero e in Svizzera. Io come cuoco (Thomas, ndr.), mio fratello (Roland), come direttore di grandi catene alberghiere».

Le grosse ristrutturazioni

Intanto, la città diventò sempre più commerciale, con un forte impulso verso il settore terziario. Rudolf Galliker, papà di Roland e Thomas, comprese i cambiamenti del turismo, non più solo destinato alle vacanze, ma anche alle attività professionali, sociali, fieristiche e commerciali e rese l’hotel più attraente. Tra il 1988 e il 1990, si effettuarono importanti rinnovamenti, tra i quali la creazione di una nuova sala da pranzo con cucina a vista e l’installazione di finestre a doppio vetro, nuove moquette e mobili. Tra il 1995 e il 2003, vennero costruiti un garage sotterraneo e nuovi sistemi di riscaldamento, cucine e locali frigoriferi. Ogni stanza è stata dotata di porte tagliafuoco e di un sistema informatico per gestire prenotazioni e fatturazione.

Covid, ‘Ospitammo 30 infermieri frontalieri’

Oggi, l’hotel è aperto tutto l’anno? «No, dieci mesi e mezzo – risponde Thomas –. Chiudiamo a gennaio e ci sono sempre lavori di ristrutturazione da intraprendere. Il grosso degli investimenti nell’albergo è stato però effettuato dai nostri genitori, che hanno speso parecchi milioni. Siamo contenti, negli ultimi anni le cifre d’affari corrispondono alle nostre aspettative». Qual è la provenienza della vostra clientela? «Durante il Covid, il 90% erano svizzeri. Ora, abbiamo più turisti stranieri (circa il 50%) e i clienti sono soprattutto tedeschi ma anche europei, americani, asiatici e mediorientali», spiega Thomas. Come siete usciti dal periodo pandemico? «Per fortuna tra i nostri clienti aziendali, c’era anche la clinica Moncucco, che ci ha consentito, per due mesi, di ospitare 30 infermieri frontalieri che non rientravano in Italia per timore della chiusura delle frontiere», ricorda Thomas. Il futuro sarà ancora garantito da qualcuno dei vostri figli? «Io non ne ho, mio fratello ha tre figlie, ma per il momento nessuna delle tre è intenzionata a riprendere l’attività. Ma in futuro non è detto che cambino idea», osserva il cuoco.

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