Luganese

‘La Polizia di Lugano ha tentato di insabbiare il caso’

Si è concluso il dibattimento che ha visto come imputati due agenti della Polcomunale, accusati di aver pestato un venditore di rose nel 2015

(Ti-Press)
11 ottobre 2023
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«Quando una persona ti picchia, si va dalla polizia per denunciarlo. Ma dove si va quando è la polizia a picchiarti?». Non è la parafrasi di una famosa locuzione latina, ma la risposta data dal venditore di rose pachistano all’avvocato Luca Gandolfi, dopo che gli ha chiesto come mai non sia andato immediatamente a sporgere denuncia, dopo il presunto pestaggio commesso dai due agenti della Polizia della Città di Lugano. Nel proseguimento del processo iniziato questa mattina alla Pretura penale di Bellinzona, l’accusatore privato è stato interrogato – un po’ a sorpresa – dal presidente della Corte, il giudice Simone Quattropani. Patrocinato da Nadir Guglielmoni, il giovane pachistano, che ora risiede e lavora in Italia, ha fornito la sua versione dei fatti grazie all’ausilio di un interprete.

’Mi hanno fatto pulire il mio stesso sangue‘

La mattina di quel fatidico 1° agosto 2015, l’allora venditore di rose si trovava in stazione a Lugano per cambiare in euro i proventi della serata appena trascorsa. Subito dopo sarebbe stato fermato dai due imputati che lo avrebbero poi condotto in un locale della polizia, situato al primo piano della stazione. Qui gli avrebbero fatto consegnare i soldi – 140 euro, cifra confermata dall’ufficio cambi – e i documenti, facendolo in seguito spogliare. A questo punto lo avrebbero pestato a sangue, prendendolo a pugni, calci e sberle, arrivando a danneggiargli il timpano. L’esatta modalità del pestaggio, va detto, risulta poco chiara: il querelante ha rilasciato dichiarazioni in parte incoerenti durante il corso dell’inchiesta, in particolare sui dettagli riguardanti chi l’avrebbe colpito dove e in che modo. Dopodiché, i due agenti lo avrebbero spinto a pulire il suo stesso sangue dal pavimento, e lo avrebbero lavato e fatto rivestire, per poi caricarlo sul primo treno diretto a Milano, intimandogli di non rimettere più piede a Lugano.

Il danno all’orecchio è stato confermato da un referto medico, fornito dall’ospedale di Como, dove l’uomo si è recato a quattro giorni dall’accaduto. Malgrado il danno al timpano potrebbe essere potenzialmente ricondotto a uno schiaffeggiamento, il medico ha dichiarato che questo genere di danno (otite bollosa emorragica) è solitamente causato da un’infezione.

‘La forza di chi sa di aver subito un torto’

Il procuratore generale Andrea Pagani, il terzo a prendere in mano il caso, ha elogiato la forza e la caparbietà dell’accusatore privato, per aver perseverato malgrado la duplice tentata archiviazione del procedimento, la prima volta per un non luogo a procedere e la seconda per un decreto d’abbandono. «Va tenuto conto – ha premesso – della lunga distanza dai fatti, nonché della difficoltà di verbalizzazione delle dichiarazioni di un uomo che, come ammesso da lui stesso, è analfabeta e non parla bene la lingua». Il pg ha poi elencato le prove a sostegno della storia fornita dalla presunta vittima, ossia la conferma del cambio avvenuto in stazione, la presenza della vettura e dei due agenti intorno a quell’orario, e la versione fornita dal giovane all’ospedale di Como. «In tempi non sospetti – ha detto Pagani –, ha riferito ai medici di essere stato vittima di un pestaggio».

‘Tentativi di insabbiamento e inquinamento di prove’

Più tagliente invece l’arringa dell’avvocato Guglielmoni, che all’inizio dell’intervento ha aspramente criticato lo svolgimento dell’inchiesta e l’operato della Polizia comunale di Lugano. «Sappiamo bene quanto sia difficile la ricerca della verità quando a essere coinvolti sono dei poliziotti – ha detto –. Trovo intollerabile i tentativi di insabbiamento e le bugie da parte del Corpo di Polizia di Lugano. All’inzio dell’inchiesta era stato dichiarato che, secondo la geolocalizzazione delle vetture, non risultavano controlli in stazione quel giorno, cosa che si è poi rivelata falsa». L’avvocato ha inoltre lamentato la mancanza di uno svolgimento imparziale dell’inchiesta, dato che «i due imputati sarebbero potuti facilmente venire a conoscenza del procedimento a loro carico, avendo tutto il tempo per mettersi d’accordo sulle versioni da fornire. Il mio patrocinato è innocuo e mite, e nelle oltre 50 volte che è stato fermato dalla polizia, non ha mai causato problemi». Per quanto riguarda il movente, Guglielmoni ha affermato che «non è così fuori dal mondo che due agenti, stufi dell’inefficacia dei loro interventi per allontanare un venditore ambulante, decidano un giorno di dargli una bella lezione, per sistemare la faccenda una volta per tutte». L’accusa ha chiesto dunque la conferma del decreto d’accusa, che chiede due pene pecuniarie – 4’200 franchi per il 41enne, e 13’500 franchi per il 42enne – sospese per due anni.

‘Storia oggettivamente irreale’

Di tutt’altro avviso l’avvocata Maria Galliani, patrocinatrice del 42enne, che ha ribadito l’incoerenza delle versioni fornite dall’accusatore. «Agli atti non c’è nessuno elemento – ha precisato – che mette in relazione gli imputati con un inquinamento delle prove. I fatti sono avvenuti otto anni fa, coinvolgono solo tre persone e ci sono pochi accertamenti. Chiedo il proscioglimento, non solo in virtù del principio in dubio pro reo, ma perché i fatti denunciati non sussistono». L’avvocata ha poi proseguito definendo la versione fornita dal giovane pachistano «oggettivamente irreale e priva di logica». «Egli ha affermato che due agenti di polizia, dal nulla, si sarebbero recati in stazione alla causale ricerca di qualcuno da malmenare, avrebbero fatto quanto dichiarato, per poi recarsi alla cerimonia del Primo Agosto in presenza del comandante stesso della polizia». La stessa geolocalizzazione che colloca la vettura in stazione presenterebbe, a detta dell’avvocata, «elementi tecnici e scientifici poco rassicuranti, perché era la prima volta che il tecnico svolgeva un lavoro simile».

Anche l’altro avvocato difensore, Luca Gandolfi, ha sostenuto la tesi della collega. «Il presente caso non lascia indifferenti – ha aggiunto – perché tocca le emozioni. Da una parte c’è l’accusatore che ha avuto una vita senz’altro non facile, dall’altra le autorità, ed è facile vedere la storia con il buono debole contro il cattivo forte». Entrambi gli avvocati hanno chiesto il totale proscioglimento dei loro assistiti.

La sentenza è attesa per il 15 novembre.

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