Luganese

La Straordinaria cambia i rapporti con la Città

Il successo dirompente dell’esperienza della Tour-Vagabonde mostra la necessità di spazi e risorse a sostegno della cultura indipendente

Un intervento durante la giornata di approfondimento andata in scena sabato
(Ti-Press/Samuel Golay)
19 marzo 2023
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La Straordinaria ha indicato il cammino. Anche se le strada è ancora lunga, la direzione è chiara: servono spazi e maggiori finanziamenti per la cultura indipendente. Il successo dell’esperienza della Tour-Vagabonde, che ha registrato oltre 30mila passaggio dall’inizio dell’anno per i 150 eventi proposti, quando si è installata nello sterrato della Gerra di Lugano, ha messo in luce la fame di eventi promossi dal basso. Il futuro passa da un documento d’intenti e da una petizione, attraverso i quali l’associazione Idra, che ha ideato l’iniziativa, vuole scuotere le autorità politiche comunali e cantonali.

‘Lugano non è più la stessa’

«D’ora in poi Lugano non sarà più la stessa». Parole evocate da più parti, sabato pomeriggio nel dibattito e durante la tavola rotonda moderati dal giornalista Rsi Jonas Marti. Non si vuole che l’esperienza e il sostegno ottenuto dalla Città, assieme ad altri sponsor pubblici e privati, possano rappresentare una sorta di pezza, per far dimenticare la brutalità delle ruspe che, la notte tra il 29 e il 30 maggio del 2021, hanno raso al suolo un edificio dell’ex Macello di Lugano, mettendo fine a 25 anni di autogestione. In questo senso, non sono mancate le critiche rivolte a Luigi Di Corato, direttore della Divisione cultura del Dicastero Cultura, sport ed eventi di Lugano, che non ha potuto rispondere a tutti i rimproveri che avrebbero meritato un riscontro politico. Di Corato ha incassato i rimbrotti provenienti dai presenti, ma ha pure mostrato disponibilità, ad esempio, a entrare in materia per la gestione degli spazi tramite evidenze pubbliche. Questo è uno degli undici punti espressi nella ‘Carta della Gerra’, che ha chiesto di introdurre bandi di concorso con scopi e richieste chiare, per attribuire gli spazi, attraverso un percorso partecipativo e democratico.

Di Corato: ‘L’opportunità esiste’

La politica cittadina, tuttavia, perlomeno a parole, ha già espresso la propria posizione favorevole, con le dichiarazioni rilasciate dai vari esponenti dell’emiciclo (cfr. laRegione del 26 gennaio). Si tratterà, a breve e medio termine, di capire se, oltre alla legittimità verbale, altre esperienze simili alla Straordinaria possano concretizzarsi a Lugano o altrove in Ticino. Per ora, siamo ai piedi della scala, con l’autorità cittadina che è alla ricerca di possibili spazi da concedere. Interpellato in merito, sabato, Di Corato ha rassicurato, ma non si è spinto oltre. L’alto funzionario della Città ha peraltro parlato di un’opportunità straordinaria, a proposito della prosecuzione dell’esperienza. La Straordinaria, ha sottolineato Noah Sartori (associazione Morel, Lugano), ha comunque cambiato i rapporti con il Municipio, nonostante un contesto storico, politico e socio-culturale che fatica a riconoscere e a sostenere le iniziative spontanee. La via del dialogo è stata tracciata. Bisognerà vedere se c’è la volontà di percorrerla assieme alla o alle autorità.

Autorità più aperte ma lente

Ora c’è più apertura e, pare, maggiore disponibilità, malgrado la debolezza degli strumenti e la lentezza della reazione istituzionale di fronte al bisogno emerso allo sterrato della Gerra in maniera dirompente in oltre due mesi e mezzo, come ha sottolineato Di Corato, rievocando lo scorso 22 novembre, quando l’autorità diede il via libera all’iniziativa. Dal canto suo, Giulia Meier, specialista in teatro, danza e letteratura, attiva al servizio culturale della Città di Berna, ha messo in evidenza come nella capitale svizzera l’autorità politica incoraggi la cultura indipendente sotto varie forme, mettendo a disposizione numerosi spazi e le risorse necessarie. Il Municipio bernese non propone attività, ma ha creato le condizioni quadro, affinché le variegate proposte indipendenti possano esprimersi. Certo, occorre che la politica prenda coscienza di questa necessità, la riconosca e la legittimi, prima di giungere a una strategia comune.

Il bisogno di una strategia comune

Un passo, quello del bisogno di una strategia comune tra operatori culturali e politica, che in Ticino risulta ancora difficile da comprendere. Questo spiega il ritardo accumulato, rispetto alle altre realtà urbane svizzere. Resta carente la consapevolezza che la cultura rappresenti un bene comune. Nella lunga giornata di approfondimento è emersa l’urgenza di un cambio di paradigma. Qualcosa sta succedendo, ma crediamo che occorrerà armarsi di pazienza. Intanto, una petizione e una carta d’intenti, messe in consultazione fino al prossimo mese di maggio, quando verrà elaborata la versione definitiva, sono state lanciate. Due azioni concrete che rappresentano segnali espliciti di apertura alla discussione con l’autorità sulle necessità e i bisogni condivisi: spazi, sostegni e un quadro normativo da rivisitare, anche per concretizzare legittimità e riconoscimenti evocati a parole. L’auspicio è che ci siano orecchi pronti ad ascoltare e, quanto prima, a fornire risposte.

Tutelare la libera scelta delle proposte

Non sono sempre rose e fiori nemmeno a Ginevra e a Berna, come hanno sottolineato Hélène Mateev, co-responsabile della programmazione, della comunicazione, della stampa e della mediazione culturale del Théâtre de l’Usine e due rappresentanti del Kulturzentrum Reitschule (Berna), che ha resistito a ben sei iniziative comunali che ne chiedevano la chiusura. Gli operatori sono sempre costretti a mantenere alta la guardia, perché anche oltre Gottardo non è che le autorità politiche siano sempre e comunque disposte a distribuire spazi e risorse. Un’altra questione affrontata è stata quella legata al finanziamento pubblico e quanto quest’ultimo possa limitare in certi casi la libertà e l’indipendenza delle proposte. A Ginevra, dopo l’occupazione dell’Usine nel 1989, negli anni successivi la faccenda è stata risolta accettando i soldi della Città. Sarebbe stato impossibile, per la realtà attiva sul lago Lemano, continuare basandosi soltanto sul volontariato.

Questo discorso riguarda da vicino tutte le espressioni culturali indipendenti, dal teatro alla musica, dalla danza a ogni altra espressione artistica. Le testimonianze di Aline d’Auria (Spazio Lampo, Chiasso), Fabio Pinto (Sonart) e di Massimiliano Zampetti (Tpunto) hanno evocato le difficoltà di ottenere finanziamenti in Ticino e il fatto che la scarsezza di spazi sia un problema comune a tutte le realtà attive sul territorio. Realtà quasi sempre confrontate con autorità pubbliche reticenti e perciò costrette a fare i salti mortali per far quadrare i conti e assicurare ingaggi degni agli artisti.

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