Luganese

Maxibuco alla Notenstein, chieste assoluzioni

‘C’è una falla negli accertamenti: dove sono finiti i soldi?’. Giovedì la sentenza

La vecchia sede della banca
(Ti-Press)
8 marzo 2023
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Cosa resterà del maxiammanco alla banca Notenstein? Che fine hanno fatto i 14 milioni di franchi spariti, il "buco" che la Procura contesta ai tre imputati nel processo in corso a Lugano? Le domande si accavallano al termine della fase istruttoria, conclusa con due richieste di assoluzione (subordinatamente, di una massiccia riduzione della pena) da parte dei difensori, in particolare per il reato portante, quello di truffa. Gli avvocati che oggi hanno esposto le loro arringhe, Luca Marcellini e Filippo Ferrari, chiamano in causa quello che definiscono il principale imputato, un 65enne luganese non presente in aula per motivi di salute. La procuratrice pubblica Chiara Borelli aveva chiesto per i due imputati 3 anni, rispettivamente 17 mesi sospesi con la condizionale. La sentenza verrà emessa giovedì mattina. Chiudendo finalmente, salvo ricorsi alle istanze superiori, una vicenda che si trascina stancamente da oltre 10 anni negli uffici della Procura. I fatti contestati risalgono al periodo fra la primavera del 2010, dunque 13 anni fa, e il giugno del 2011. Maturarono in un’altra epoca, nel mondo dei cambiavalute, due società che si appoggiavano per le loro operazioni alla sede luganese della banca conosciuta anche come Wegelin. Un business importante per la banca, che "acquistando" le banconote – un servizio esclusivo – sarebbe arrivata a guadagnare tra i 6 e gli 8 milioni di franchi all’anno, manovrando grandi quantità di denaro, decine di milioni per rifornire queste società. A sovrintendere le operazioni c’era proprio il 65enne luganese.

"Un quadro inverosimile"

Come già era emerso nella prima giornata di processo, i due imputati attivi nella società di cambio, o meglio i loro legali, attribuiscono le responsabilità dell’accaduto all’ex procuratore della Notenstein, contro il quale peraltro la Procura non ha chiesto una pena in ragione delle sue condizioni di salute. L’avvocato Luca Marcellini, patrocinatore del 53enne italiano attivo con i suoi noti uffici cambio in città, evidenzia la totale inattendibilità delle registrazioni bancarie, effettuate dal funzionario, e che non potevano avere nessuna relazione con la reale attività delle società. «Un quadro inverosimile, rispetto anche a quanto testimoniato durante l’inchiesta da altri funzionari della banca». Al massimo, si riferisce al suo cliente, c’è stata la consapevolezza di una perdita di 500mila franchi maturata quando venne introdotto il cambio fisso franco-euro, accompagnata però dalla fiducia di poter appianare la situazione. Nessuna truffa per lui, dunque, eventualmente ("nella denegata ipotesi") una appropriazione semplice per dei prelevamenti a credito di denaro che veniva comunque messo a disposizione, fattispecie inoltre prescritta. Restano le imputazioni di riciclaggio (lo sbiancamento di soldi legati al traffico di cocaina col Brasile) e i reati fiscali. Quanto al riciclaggio, Marcellini ricorda che il suo cliente venne abbindolato da un personaggio capace di affascinare molti, fino alle alte sfere, da poliziotti a generali dell’esercito, e i fatti comunque da ridimensionare per il lungo tempo trascorso, 15 anni, il che costituisce una violazione del diritto di celerità: massimo dieci mesi di detenzione, chiaramente sospesi, la pena ritenuta accettabile.

Filippo Ferrari, patrocinatore del 64enne residente nel Mendrisiotto, che figurava amministratore delle due società di cambio: «C’è la consapevolezza che questo processo interessi poco le parti più toccate, come la banca e il principale imputato, che sono assenti da quest’aula». Il legale punta il dito contro la farraginosa ricostruzione dei fatti. «Quando persone con la nostra competenza non capiscono cosa sia successo, il problema sta nel racconto, quello della persona che ha mentito a tutti gli interlocutori» ovvero il bancario. Il suo cliente, dice ha già pagato col carcere e la fine della carriera. La raccolta di denaro per le operazioni forex: «Non ci sono crediti verso i clienti e la società non è fallita». E il ‘buco tappa buco’ che gli viene contestato? «I soldi venivano depositati regolarmente. È vero che una serie di clienti non sono stati informati delle perdite nelle operazioni eseguite in forex, ma non è di per sé una truffa. Erano perdite in operazioni lecite, eseguite in conformità al mandato. Le pretese degli accusatori privati (i clienti, ndr) vanno respinte, non si sono mai interessati ai loro affari, non hanno mai chiesto quali fossero le loro posizioni. E la banca? Quale è il reale danno? C’è una falla negli accertamenti. Non possiamo accettare di non capire dove siano finiti i soldi». Insomma il 64enne andrebbe assolto da ogni imputazione, in caso contrario la pena non può superare i 12 mesi. Ferrari chiede anche che venga dissequestrata la casa del suo assistito.

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