Luganese

Una preda nella tana: l’accusa alza la posta in gioco in Appello

Nella seconda giornata di processo parola al procuratore pubblico e all’avvocata della vittima.‘I tre ragazzi hanno creato un clima di terrore’.

Oggi parola agli avvocati difensori
(Ti-Press)
8 febbraio 2023
|

«Il loro gusto per la violenza e per la violenza sessuale come massima gratificazione personale condito con una gran dose di tossica mascolinità è fonte di grande preoccupazione e inquietudine». Per la pubblica accusa, rappresentata da Moreno Capella, non ci sono dubbi. I due fratelli e il loro amico che a settembre 2021, in un appartamento a Lugano, sarebbero stati protagonisti di una vicenda di violenza sessuale nei confronti di una coetanea, e che da ieri sono a processo alla Corte d’appello e revisione penale (Carp) di Locarno, sono colpevoli e vanno condannati a pene ben più sostanziose. Dieci anni al principale imputato, sei al fratello maggiore e cinque al minore, senza escludere l’espulsione dalla Svizzera rispettivamente per 15 e 10 anni. La sentenza di primo grado è stata impugnata sia dall’accusa che dalla difesa.

Hanno creato un ambiente di paura e terrore

Il loro scopo, ha proseguito il pp, «era unicamente quello di sfogare una propria frustrazione dopo essersi portati su di giri in discoteca. Trovata la preda la portano nella propria tana e si approfittano del fatto che la ragazza li segua ingenuamente. In un appartamento estraneo, in una camera sconosciuta, in un ambiente senza luce, alla presenza di più uomini, in superiorità numerica oltre che fisica». I tre ventenni «si sono comportati in quel modo per dimostrare forza e potere, per annichilire la dignità, il decoro e la rispettabilità della ragazza. Questo è stato il movente del loro agire». A mente dell’accusa, «hanno agito in modo aggressivo e manesco ignorando qualsiasi lamentela della vittima». Insieme, «hanno creato, in modo apposito, un ambiente di paura e terrore per una ragazza sola, per lederla fisicamente, per farle del male infierendo su uno dei beni personali più preziosi: la sua sessualità e il suo esclusivo diritto a gestirla come da suoi desideri. Alimentando così ulteriormente il messaggio che da quella situazione non vi era per lei via d’uscita». Imputati che peraltro durante l’istruttoria hanno ribadito la propria innocenza sostenendo che la ragazza fosse consenziente.

«Se penso ai fatti di quella notte – ha espresso l’avvocata Demetra Giovanettina, patrocinatrice della vittima – e ai video che gli imputati hanno fatto e condiviso, mi viene davvero il dubbio che certe esperienze, un certo modo di viversi e di vivere il prossimo abbiano causato ai tre ragazzi una qualche distorsione nel loro modo di interpretare la sessualità e di conseguenza di considerare quella degli altri». Le versioni degli imputati, sempre secondo Giovanettina, sono «un cumulo di macerie», in netto contrasto con la trasparenza e precisione della vittima e che «dimostrano i tentativi maldestri di manipolare le persone che li hanno interrogati».

Il re del gioco e i suoi portaborse

Durante la requisitoria del procuratore pubblico, la maggiore responsabilità è attribuita all’amico dei due fratelli, l’aspirante tronista di ‘Uomini e Donne’ , da cui la giovane si era sentita inizialmente attratta. «È lui a dettare le regole del gioco, gli altri due sono i suoi portaborse, i suoi giannizzero». Una posizione di influenza che «sarà replicata anche in seguito quando l’amico, in camera da letto, ordinerà al fratello maggiore che era con lui di spogliarsi e gli permetterà di accoppiarsi con la vittima». Ma anche «quando decide di riprendere la scena di sesso sul cellulare senza nulla chiedere né alla vittima né all’amico». Uno schema che si era già proposto prima, quando «in discoteca beveva e si divertiva senza pagare un penny, perché a quello ci pensano i portaborse». La procura pubblica ha dunque chiesto che il ragazzo venga condannato per violenza carnale ripetuta e in parte collettiva, coazione sessuale ripetuta, lesioni semplici ripetute, violazione della sfera segreta e per ingiuria. «La sua colpa è oltremodo grave dal profilo soggettivo: ha agito mettendo in atto una trappola e approfittando della disponibilità ingenua della ragazza nei suoi confronti».

Un fratello maggiore, solo di età

Il maggiore dovrà rispondere invece di violenza carnale ripetuta commessa con l’aggravante della violenza collettiva e di violazione della sfera segreta con ripresa video. «La colpa è molto grave per il bene violato e per aver abusato di una ragazza per umiliarla, sia durante che dopo il rapporto, e per aver partecipato a creare condizioni di paura», ha affermato Capella.

Non c’è stato due senza tre

Ed ecco che entra in scena il terzo personaggio, che non conosce né la ragazza né la situazione: il fratello minore. Poteva in quelle circostanze ritenersi invitato alla festa? Poteva dedurre che la ragazza fosse consenziente? La risposta per la pubblica accusa è no. «Non poteva ritenersi legittimato a unirsi a lei. Quella che lui vede non è una situazione normale. Per la presenza degli altri due a cui lui andava ad aggiungersi, ma anche per l’ambiente sconosciuto alla ragazza, per l’atteggiamento apatico della vittima che non parlava se non per lamentarsi del male ed emettere gemiti di dolore». In assenza di un vero consenso espresso «nulla doveva fare perché nulla poteva desumere». Il minore «ha anteposto le sue voglie sessuali alla volontà della ragazza che non poteva non sembrargli in difficoltà».

La prospettiva (traumatizzata) opposta

La ragazza, ha proseguito il pp, è «confrontata da subito al senso di vergogna per quanto successo, con il sentimento di inadeguatezza e di stupidità per aver seguito degli estranei. Confrontata anche con il senso di colpa per averli, come dice lei, provocati o illusi, confrontata con il dubbio – che in quei momenti è quasi una convinzione – di essere stata la causa di quanto occorsole, cerca in particolare con la madre e anche con la Polizia una storia che la possa far comparire e far sentire meno colpevole, meno stupida». Una versione in cui, per giustificare il ritardo nel rincasare e per un’iniziale titubanza, parla di un estraneo incappucciato che l’avrebbe aggredita vicino alla fermata dell’autobus.

La vittima quella notte – ha indicato Giovanettina – «è il passatempo di cui non avranno il numero di telefono, di cui non ricorderanno il nome e di cui non si interesseranno mai». Gli imputati, ha sostenuto, hanno tentato di sporcare la vittima con il fango che hanno creato. «In quella camera erano in quattro, ma il fango era esclusivamente degli imputati». Domani prenderanno la parola i tre difensori.

Leggi anche:
Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE