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Torricella, Amalia Mirante non fu minacciata: Montini assolto

La Pretura penale ha ribaltato il giudizio del procuratore pubblico Pablo Fäh, che aveva emanato un decreto d’accusa. Mirante ha annunciato l’Appello

Lorenzo Montini e Amalia Mirante
(Ti-Press)
11 novembre 2022
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Amalia Mirante non è stata minacciata da Lorenzo Montini. Questo almeno secondo la Pretura penale di Bellinzona, che ha recentemente assolto il municipale del Centro di Torricella-Taverne, che era stato denunciato dall’ex collega di Municipio in seguito a un’accesa lite risalente all’inverno del 2017. Questo giudizio ribalta quello precedente del procuratore pubblico Pablo Fäh, che circa un anno e mezzo fa aveva invece firmato un decreto d’accusa che condannava Montini a una pena pecuniaria sospesa condizionalmente riconoscendolo colpevole di minaccia. Decreto tuttavia prontamente impugnato, per arrivare alla sentenza attuale. Che però non pone fine alla vertenza: l’ex municipale socialista ha infatti annunciato l’intenzione di ricorrere in Appello.

Dal Dicastero cimitero al decreto d’accusa

L’episodio in questione risale alla seduta municipale del 13 febbraio del 2017 ed è da inquadrare nel contesto estremamente litigioso e difficile che si era venuto a creare durante quella legislatura all’interno dell’esecutivo torricellese. Un clima pesante, esacerbato dalla decisione presa a maggioranza nel Municipio – all’indomani delle elezioni comunali del 2016 – di attribuire a Mirante il neocostituito Dicastero cimitero, invece di Educazione e Finanze e Socialità che aveva gestito durante le due legislature precedenti. L’ex municipale, che oggi aspira a rientrare nella rosa dei candidati socialisti per il Consiglio di Stato alle prossime elezioni cantonali, si era allora sfogata su ‘Facebook’: "Ritengo l’attribuzione fatta non nell’interesse del Comune, non nel rispetto delle competenze, ma dettata da semplice protagonismo partitico e da criteri settari".

Da quel momento in poi la frattura fra Mirante e Antonello Gatti (Plr) da una parte e Montini, il sindaco Tullio Crivelli e il vice Franco Voci (entrambi Indipendenti-Lega-Udc). Liti, assenze, accuse reciproche, segnalazioni incrociate alla Sezione enti locali (Sel). L’aria si fece talmente pesante che alla fine del 2017 i due municipali in minoranza decisero di dare le dimissioni. Ma non prima dello scontro che ha portato i due ex colleghi di Municipio in tribunale. Discutendo di una trattanda, Montini si sarebbe alzato in piedi e, sbattendo le mani sul tavolo, si sarebbe sporto verso Mirante alzando la voce nei suoi confronti. E pronunciando la controversa frase "e poi a te piace quando noi ogni tanto facciamo un po’ i maschi". Ai fatti è seguita la denuncia di Mirante, e poi il decreto d’accusa. Secondo Fäh, durante la seduta Montini "usando grave minaccia" avrebbe "incusso spavento o timore alla collega". Quindici le aliquote giornaliere da 180 franchi ciascuna (pena sospesa) e una multa di 300 franchi la condanna proposta dal pp.

Montini e il suo legale Gabriele Banfi hanno tuttavia impugnato l’anno scorso il decreto e si è dunque arrivati al processo che ribaltando il giudizio ha dato ragione all’accusato, che sosteneva che l’espressione fosse una battuta e non una minaccia. Tesi, questa, accolta dalla Pretura penale di Bellinzona. Mentre i due interessati, Montini e Mirante, preferiscono infatti non rilasciare dichiarazioni, alla ‘Regione’ è il legale del municipale in carica a confermare l’assoluzione. «La giudice Petra Vanoni ha confermato che non sussiste una fattispecie di rilevanza penale – spiega Banfi –, peraltro confermando che il mio mandante ha proferito una battuta, la quale non poteva essere intesa come minaccia». Il fatto dunque non costituirebbe reato: il condizionale è tuttora necessario a causa dell’annunciato appello da parte di Mirante. «Attendiamo serenamente», conclude l’avvocato.

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