Luganese

Cocaina, le difese provano a smontare le accuse sul traffico

Non dieci chili ma molto meno: i sei avvocati chiedono alla Corte delle Assise Criminali una massiccia riduzione delle pene proposte dalla procuratrice

È stato ridimensionato dagli avvocati il vasto traffico di cocaina
9 novembre 2022
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Non dieci chilogrammi di cocaina spacciata, né i quantitativi attribuiti dall’accusa ai tre ‘cavallini’. Viene parecchio ridimensionato il traffico di droga dagli avvocati dei sei imputati, che sono a processo da lunedì di fronte alla Corte delle Assise Criminali di Lugano, presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti (giudici a latere Giovanna Canepa Meuli e Aurelio Facchi). Dal quadro che emerge dalle arringhe dei difensori appare un commercio ben più modesto, rispetto a quello presentato dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo. Tutti gli imputati sono in carcere preventivo dal giorno dell’arresto, per qualche mese, poi sono stati posti in detenzione anticipata della pena. Imputati che, al termine del processo, hanno chiesto scusa per quanto fatto. I loro avvocati, con sfumature diverse, hanno cercato di smontare la ricostruzione dei fatti che risulta dall’atto d’accusa sull’inchiesta Swiss. La sentenza è annunciata per la giornata di giovedì 17 novembre.

Imputazioni basate su versioni dubbie

Dopo gli interrogatori di ieri, la prima arringa è toccata a Giorgia Maffei, patrocinatrice del trentenne albanese, accusato di aver spacciato 1,15 chili di cocaina. La legale ha contestato il quantitativo di droga rimproverato al suo assistito, affermando che le conclusioni alle quali è giunta l’accusa sono principalmente basate sulle parole della donna 53enne, che era incaricata del trasporto della merce. Maffei ha messo in dubbio le versioni fornite dalla ex frontaliera, invocando il ruolo secondario assunto dal 30enne, che ha confessato e ha sempre e solo eseguito le istruzioni di altri. Per questi motivi, l’avvocata ha chiesto una pena sospesa con la condizionale, più mite rispetto ai 3 anni e 10 mesi da espiare chiesti dalla pp. Ha poi preso la parola, l’avvocato Sebastiano Paù-Lessi, legale del 27enne albanese, accusato di aver detenuto e venduto circa 930 grammi di cocaina. Secondo il difensore, però, non ci sono certezze nell’impianto accusatorio, ma solo indizi. Un impianto nel quale mancano i luoghi e le modalità attraverso le quali sarebbe avvenuto lo spaccio. Anche il legale del più giovane imputato ha messo in evidenza come le accuse si fondino soprattutto sulle dichiarazioni contraddittorie rilasciate dalla 53enne. Pure Paù-Lessi ha chiesto una pena sospesa con la condizionale, al massimo di 24 mesi di carcere, nei confronti del suo assistito, su cui pende la spada di Damocle del precedente specifico: l’uomo ha scontato diversi anni di prigione in Italia ed è stato rilasciato nel febbraio 2021.

Invocato il principio ‘in dubio pro reo’

L’avvocato Davide Pedrotti ha invece invocato il principio ‘in dubio pro reo’ (in caso di dubbi, vanno considerate le posizioni favorevoli all’imputato). Anche il legale del 40enne albanese, accusato di aver spacciato oltre quattro chilogrammi di cocaina, ha cercato di smontare le tesi accusatorie che sono basate su ricostruzioni discutibili e dalle dichiarazioni confuse e mutevoli della donna 53enne che aveva la funzione di trasportare la droga. Il suo assistito è arrivato in Svizzera solo nella seconda settimana di ottobre dell’anno scorso, non possono quindi venirgli attribuite vendite antecedenti. Pedrotti ha sostenuto che non possono essere considerate le accuse fondate sulle dichiarazioni dalla donna italiana, il suo assistito era l’ultima ruota del carro, era senza lavoro da tempo ed è stato spinto in questa storia solo per onorare i suoi debiti e il mantenimento della sua famiglia. L’avvocato ha chiesto per il 40enne una pena non superiore a 3 anni di detenzione. Il legale del ‘capo’ dell’‘azienda’, Stefano Camponovo, ha dapprima invocato l’ottima collaborazione del suo assistito, il presunto direttore dell’azienda illegale, che ha confessato già al primo interrogatorio, fornendo le basi per costruire l’impianto accusatorio. Un traffico che però va alleggerito a circa un chilo di droga. Non possono bastare le stime della 53enne, per quanto possano essere state fatte in buona fede, a sostenere l’accusa, per quanto riguarda i quantitativi di droga. Contano soltanto di fatti comprovati, ha detto l’avvocato, che ha cercato d’insinuare una serie di dubbi rispetto alle intercettazioni, in base alle quali l’accusa giunge a conclusioni sproporzionate. Da qui, la richiesta di Camponovo di ridimensionare parecchio la pena (inferiore ai cinque anni di carcere) da infliggere al suo assistito, considerato che a suo carico può essere imputato il commercio di ‘soli’ 950 grammi di polvere bianca. L’avvocato ha pure contestato l’ipotesi che i tre principali imputati avrebbero agito come una banda. Rispetto al reato di riciclaggio, secondo Camponovo, va ritenuta soltanto la somma di 88’000 franchi, non 111’000 franchi.

Incongruenze e commercio sovrastimato

Giovanni Cianni, difensore della 53enne, ha voluto chiarire che la sua assistita ha sempre ammesso i viaggi, ribadendo la stessa versione in ogni occasione. I quantitativi di cui ha parlato, a verbale e durante il dibattimento, sono stati enunciati come stime, mai come cifre esatte. La donna, ha continuato l’avvocato, è incensurata, si è trovata a fare qualcosa che non le appartiene. Riconosce le proprie responsabilità, ma non ha agito con le modalità emerse in aula. La richiesta di pena è abnorme, occorre ridurla drasticamente al di sotto dell’articolo 19 della legge federale sugli stupefacenti (fino a tre anni di reclusione), ha detto l’avvocato, secondo cui non ci sono le prove, non c’è neppure la droga, ma nemmeno i soldi, per giustificare il traffico prospettato dall’accusa. Benedetta Noli, patrocinatrice della compagna del 29enne, il presunto organizzatore del traffico, ha parlato di una ricostruzione dei fatti, da parte dell’accusa, traballante e lacunosa. Le imputazioni relative a uno spaccio di poco più di 10 chili di droga, secondo l’avvocata, poggiano su elementi divergenti. Ci sono diverse incongruenze e mancano i tasselli a sostegno dell’accusa. Noli ha sollevato una serie riserve rispetto alle risultanze istruttorie. Dal suo punto di vista, il traffico è stato sovrastimato, non ci sono dati oggettivi e questo consente di smontare le tesi, ritenute imprecise e non motivate. Per queste ragioni, per la sua assistita, Noli ha chiesto una pena minore rispetto a quella richiesta dalla procuratrice, contestando pure l’accusa di infrazione aggravata della Legge federale sugli stupefacenti.

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