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San Maurizio, ‘troppo bello per essere utilizzato’

Tuttora senza destinazione, il complesso monumentale tutelato a livello cantonale. La fondazione ottiene la licenza per risanare il tetto ma cerca fondi

L’ex masseria, complesso monumentale protetto a livello cantonale
(Ti-Press/Alessandro Crinari)
24 ottobre 2022
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Un complesso monumentale protetto a livello cantonale e di grande fascino e bellezza ma che non riesce a trovare una nuova destinazione che ne permetta una rivalorizzazione. È la paradossale situazione in cui si trova la masseria di San Maurizio a Rovello, alla quale il Consiglio di fondazione non riesce a trovare un’utilizzazione e una destinazione adeguata, tolta l’ipotesi di qualche privato che potrebbe interessarsi alla masseria per realizzare la propria residenza esclusiva (ipotesi che non si vorrebbe percorrere). È quanto ci confessa a malincuore il presidente, Giuseppe Aostalli-Adamini, che ci ha accompagnato, per un sopralluogo, in cima alla collina che svetta sopra l’ospedale Civico e fa da confine tra i territori di Lugano, Savosa e Porza: «Intanto, abbiamo ottenuto la licenza edilizia per il rifacimento del tetto, che è in uno stato pietoso, ma reperire 250’000 franchi è tutt’altro che agevole. Il complesso si trova in territorio di Lugano, è circondato solo da un’area boschiva, che ne preclude qualunque uso edilizio: sul retro, la proprietà è della fondazione, sul davanti (verso est) della Città, che ha promosso un intervento di radicale pulizia e di ripristino dell’area selvicolturale, pienamente riuscito e che ha coinvolto anche la nostra proprietà».

Sfumati tutti i tentativi di impiego

Dall’ex masseria si gode una vista splendida sul golfo di Lugano. È un vero peccato che un pezzo di storia del territorio versi in uno stato di quasi abbandono da decenni. Il presidente della fondazione ci racconta che negli ultimi decenni si è tentato in tutti modi di coinvolgere le autorità comunali e cantonali per trovare una soluzione e una destinazione confacente. Alcune iniziative sono state presentate, come quella che prevedeva di trovare spazio all’interno del complesso per un archivio delle comunità e delle famiglie del circolo di Vezia, che intendeva offrire ai 10 Comuni interessati (e anche a eventuali privati) un luogo dove depositare i loro archivi storici così da renderli accessibili: l’archivio storico del Cantone, che si era dichiarato d’accordo, avrebbe sovra-inteso il riordino e la gestione. Ma molti dei Comuni interessati si sono defilati. Architettonicamente ci si era ispirati, nel 2012 al progetto degli architetti dello studio Giraudi Radczuweit che nello stesso anno si erano interessati a un restauro. Sarebbe stata una soluzione compatibile con tutti i vincoli posti sul bene culturale protetto a livello cantonale ma non se ne fece nulla. Allo stesso modo, sfumarono anche altri tentativi di insediarvi un’associazione o un ente di pubblica utilità. Durante la visita, ci domandiamo il senso di una lodevole protezione, che blocca però ogni possibile utilizzo del bene: come sottolinea il presidente, «il complesso è troppo bello per essere utilizzato». Un bene di cui esistono tracce storiche che risalgono addirittura all’anno 1078, come risulta da un documento storico pubblicato sul sito del Comune di Savosa.

L’origine dell’oratorio è medioevale

Il complesso comprende un oratorio, probabilmente di origine medioevale, la cui edificazione in quel posto così discosto, inusuale, potrebbe trovare una spiegazione nell’esistenza in questo sito di un luogo energetico legato ad antichi riti pagani, ipotesi che troverebbe fondamento nella presenza, a poche decine di metri verso sud, di un grosso masso erratico munito di cuppelle, che, a livello popolare, era detto sasso delle streghe. Annesso alla masseria vi è anche un cimitero, che rappresenta un unicum. È infatti di proprietà, in virtù di un diritto di superficie che scadrà nel 2036, del Comune di Savosa. Per poter edificare la propria cappella privata (tenendo presente che la legislazione ticinese vietava – e vieta – la costruzione di cimiteri privati), la contessa ha infatti dovuto realizzarne uno pubblico al fine di offrire una sepoltura alle persone morte che in vita abitavano la zona Rovello. Attualmente, il cimitero non viene praticamente più utilizzato. «Tutti gli edifici sono tutelati con protezione cantonale, compreso il cimitero, che è opera dell’architetto Mario Chiattone, architetto molto legato alla contessa Carolina Maraini Sommaruga, per la quale ha edificato anche una casa di vacanza sulle pendici dei monti della Capriasca. La contessa Maraini, originaria proprietaria del sedime, ha voluto la nascita della fondazione», racconta Aostalli-Adamini. Carolina fu la vedova di Emilio Maraini, un luganese che divenne anche senatore del Regno d’Italia e introdusse nella penisola la coltivazione della barbabietola da zucchero, divenendo ricchissimo. Morto nel 1916 è stato tumulato in una cappella funebre posta ai margini del cimitero, voluta dalla moglie, e in cui l’ha raggiunto nel 1959. Senza figli, entrambi sono stati sempre generosi e munifici: Emilio, cui è dedicata una piazzetta di Lugano, costruì un’ala dell’allora ospedale civico.

Chiesa e lapidi della famiglia Albertolli

Carolina Maraini invece donò alla Confederazione la loro residenza di Roma, un sontuoso edificio fra i più belli e meglio posizionati dell’età umbertina, che è diventato l’Istituto svizzero di Roma e che ancora oggi ospita studenti svizzeri per i loro studi romani. Aostalli-Adamini mette in evidenza un’altra peculiarità della proprietà: l’esistenza, sulla facciata e sulle pareti interne della chiesa, delle lapidi della famiglia Albertolli, con cui la contessa era imparentata, monumenti funebri che sono stati portati a Rovello dopo che il cimitero di Greco, vicino a Milano, era stato soppresso. La più importante è quella di Giocondo Albertolli, insigne professore formatosi a Brera e che i più ricordano per gli affreschi conservati all’interno di quella che era la sua palazzina in stile neoclassico di Lugano, che si trova in contrada di Canova e che fu già per moltissimi anni sede della Banca nazionale, mentre ora è la residenza di un noto imprenditore. Il presidente e il consiglio di fondazione sono a disposizione per fornire ogni ulteriore informazione a qualche persona o ente interessati a poter usufruire della masseria e sarebbero molto riconoscenti se qualche munifico donatore volesse aiutarli a portare a compimento almeno il tetto (fondazionesanmaurizio@gmail.com).

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