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Giovanna Viscardi non si ricandida e si leva qualche sassolino

Granconsigliera e consigliera comunale del Plr di Lugano, non si ricandiderà nel 2023 e 2024. Dispiaciuta, ma anche ‘disillusa da politica e partito’.

Con gli amati Billo e Darma
2 agosto 2022
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Un po’ disillusa dalla politica e dal suo Partito liberale-radicale, che per un ventennio ha rappresentato in Consiglio comunale (Cc) a Lugano e in Gran consiglio (Gc). Giovanna Viscardi, ex presidente sezionale, non si ripresenterà alle elezioni cantonali del 2023 né a quelle comunali del 2024. Tempo di bilanci, e di qualche sassolino dalla scarpa.

Dopo sedici anni non si ripresenta per il Gc. Come mai?

Sono alla quarta legislatura, il massimo permesso dagli statuti del Plrt. Il presidente distrettuale (Paolo Pagnamenta, ndr) mi ha chiesto se volevo ripresentarmi e, per spirito di servizio, sarei stata volentieri a disposizione. Mi è stato fatto presente però che la dirigenza cantonale preferisce non concedere deroghe. Coerentemente con le mie convinzioni non intendo quindi chiederne.

È dispiaciuta di lasciare?

Certamente. Ho 46 anni, tra Gc e Cc sono attiva in politica dal 2004: quasi metà della vita. La passione e il desiderio di partecipare alla vita pubblica scorrono nelle mie vene, e non verranno meno, ma non militerò più nei legislativi cantonale e comunale, anche se prima o poi risbucherò (ride, ndr).

L’addio quindi vale anche per il Cc.

Sì, sono già alla quinta legislatura, una deroga mi è già stata concessa.

Tempo di bilanci dunque. Sedici anni a Bellinzona, vissuti come?

All’inizio con grande curiosità e anche un po’ di ‘timore reverenziale’. Ho avuto la fortuna di fare il mio apprendistato con persone che la cultura politica sapevano cosa fosse. Franco Celio, Edo Bobbià, Tullio Righinetti, Jacques Ducry, Daniele Ryser. Persone che hanno un vissuto, dalle quali ho potuto imparare molto. Da sempre mi ritengo una vera liberale-radicale e negli anni ho cercato di affrontare i temi con quest’animo, senza lasciarmi ingabbiare in una destra liberale o una sinistra radicale. Per me il partito era il giusto luogo dove dibattere, con la più ampia libertà di opinione e seguendo il metodo critico, di tutti i temi che spaziano dalla socialità all’economia e senza paura del confronto nel rispetto dei principi ideali cui si ispira il partito. Con il tempo mi sono un po’ disillusa.

Perché disillusa?

Perché continuo a pensare che fare politica significhi mettere sé stessi in secondo piano, per cercare di rispondere ai bisogni reali delle persone. Purtroppo non tutti hanno il mio stesso approccio e quindi talvolta la politica scade in discorsi incentrati su interessi privati, personali o di gruppi ristretti.

Disillusa solo nei confronti della politica o anche del Plr?

Anche del partito. Io mi riconosco pienamente nell’ideologia liberale-radicale, ma talvolta mi chiedo quanto ancora ci si riconosca il partito. E poi, mi domando: cosa ci distingue, oggi, dagli altri partiti? Abbiamo ancora un’identità? Temo purtroppo di no. Una volta avevamo un approccio ai problemi e una propositività che andavano in tutte le direzioni, sempre tenendo conto che un cantone economicamente forte non può esistere senza una socialità che vada di pari passo e viceversa. Si cercavano soluzioni a lungo termine, per una larga fetta di popolazione, non per gruppi limitati.

Oggi invece?

Il dibattito politico è scaduto, in generale. Non c’è un vero confronto di idee, ma piuttosto una ricerca di consensi, con fini elettorali. Si pensa più all’immediato, che a risultati duraturi. E poi, ho l’impressione che ogni tanto ci si dimentica che la politica dev’essere al servizio della popolazione.

Parlando invece di temi, in queste quattro legislature a Bellinzona: la più grande soddisfazione e il maggior rimpianto?

Avendo fatto parte della prima commissione speciale per la modifica delle Autorità regionali di protezione, il fatto che si sia arrivati a un risultato, anche se dopo così tanti anni, mi gratifica. D’altra parte, sono dispiaciuta che non si sia ancora trovata una soluzione per la riforma del sistema di nomina dei magistrati: forse perché in fondo non tutti la vogliono trovare.

Sempre a livello cantonale, è stata ‘diretta’ da diversi presidenti. Un giudizio?

Ho cominciato con Giovanni Merlini, un uomo di grande cultura, che mi ha insegnato a riflettere e approfondire. Walter Gianora era una persona troppo sensibile per guidare il partito in un momento nel quale il confronto politico era particolarmente crudo. Rocco Cattaneo ha saputo attrarre e responsabilizzare i giovani. Bixio Caprara, ha portato, soprattutto all’inizio, una ventata di novità sovvertendo alcuni meccanismi un po’ inchilosati insiti nel partito. Alessandro Speziali è lo sguardo verso il futuro.

Uno sguardo che sembrerebbe volgere a destra.

Infatti la mia speranza è che non si perdano di vista i veri valori del partito, che hanno contribuito a costruire un Ticino solido.

A destra si è spostata anche la Città, passando da regno liberale-radicale di Giorgio Giudici a roccaforte leghista con Marco Borradori e Michele Foletti.

Giudici è stato per 29 anni il sindaco di Lugano: lui, la città e i suoi cittadini erano divenuti come una grande famiglia, creando un senso di sicurezza e continuità. Questo è venuto un po’ a mancare, sebbene Borradori, affabile e gioviale, abbia saputo poi entrare in fretta nel cuore delle persone. Per Foletti è ancora presto per un giudizio, ma lo apprezzo: è un uomo del fare, concreto e disponibile al dialogo.

L’ultimo decennio di crisi del Plr ha coinciso anche con la forte presenza di Michele Bertini, con il quale non sono mancati gli attriti.

Michele incarnava la novità, il rinnovamento. Un giovane promettente, sul quale in molti, me compresa, hanno fatto conto. Credo però, e non mi riferisco solo a lui, che ai giovani d’oggi manchino la gavetta e la cultura politica. Rocco Olgiati, Didi Enderlin ed Elio Bollag mi hanno insegnato: ‘Il primo anno stai in silenzio e ascolti, il secondo impari, il terzo cominci a lavorare’. Uno dei consigli migliori che abbia mai ricevuto. I giovani sono la forza del futuro, ma quest’energia va dosata.

Bertini ora si è riavvicinato al partito, entrando nella Direttiva. Tornerà alla politica attiva?

È una scelta che deve fare lui. Se n’è andato dicendosi deluso dalla politica e dal partito, se nel frattempo ha maturato una consapevolezza diversa, ben venga. Qualsiasi cosa contribuisca a un dibattito costruttivo e che aiuti la crescita di un partito un po’ in difficoltà come il nostro, per me è un buon punto di partenza.

Un giudizio invece sui due municipali in carica, Roberto Badaracco e Karin Valenzano Rossi?

Roberto ha esperienza politica, Karin meno. Sotto la mia presidenza è stata capogruppo e candidata al Municipio. Credo però che per entrare in un esecutivo si debba avere una maggiore esperienza in legislativo, anche per mantenere poi il giusto distacco da sé stessi nell’affrontare le problematiche. In generale, trovo questo Municipio poco propositivo. Pse a parte, tanti progetti sono fermi ed è peccato. È un Municipio che più che agire, reagisce.

È presto, ma proiettiamoci ad aprile 2024. Chi vede in lista?

A parte gli uscenti, direi: Rupen Nacaroglu, è ben inserito; Luca Cattaneo, è molto in gamba; Lara Olgiati, giovane ma molto preparata e con una cultura politica alle spalle; Petra Schnellmann, con una bella sensibilità.

Una rosa con un’età media bassa...

Sì: vorrei uno svecchiamento delle idee e dell’approccio alla politica.

E Natalia Ferrara?

Non siamo sempre d’accordo su tutto, ma una cosa in particolare apprezzo di lei: sa essere diretta e trasparente. Esprime ciò che pensa. Secondo me per il Municipio di Lugano può essere un buon acquisto. È una donna giovane, energica, colta. Se si candidasse, la sosterrei.

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