Luganese

Aggressione al 18enne: ‘Non volevano la sua morte’

I legali dei 6 imputati chiedono ai giudici delle Assise criminali di Lugano massicce riduzioni di pena e contestano la qualifica dei principali reati

Le difese chiedono massicce riduzioni di pena e proscioglimenti dai principali reati dell’atto d’accusa. Giovedì la sentenza
(Ti-Press)
22 febbraio 2022
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Dopo le richieste di condanna di ieri della procuratrice pubblica Valentina Tuoni (pene fino a 11 anni di carcere), oggi è stata la giornata delle difese al processo per l’aggressione al 18enne di Mendrisio, della quale devono rispondere 6 imputati, tutti accusati, a vario titolo, di tentato omicidio intenzionale, sequestro di persona, omissione di soccorso, coazione.

L’avvocato Stefano Camponovo è stato il primo a prendere la parola, in difesa del 21enne apprendista rumeno, per il quale la pubblica accusa ha chiesto 8 anni di detenzione e l’espulsione dalla Svizzera: «Il mio primo pensiero va alla vittima, che per fortuna si è ripresa e questa è una buona notizia. Il secondo pensiero è per l’inchiesta, logorante per il numero di eventi e di protagonisti, talora confusi e contraddittori, ma mai reticenti. Il mio cliente ha ammesso tutto, tranne di aver colpito la vittima alla testa con la spranga. Ha parlato di più colpi di spranga il 28 gennaio a Vezia-Cadempino, ma mai al capo». A confermare il colpo alla testa ci sono il racconto della vittima e la perizia medica, ha spiegato ieri la pubblica accusa. «Come può essere certo di aver ricevuto un colpo di spranga alla testa? Ha tutto il diritto di essere stato confuso» – ha evidenziato Camponovo. Per quanto attiene al referto del medico legale, «il dubbio è che sia andata un po’ lunga. Il dubbio è che la perita abbia sposato quale unica ipotesi l’uso della spranga senza valutarne altre. Inoltre, quel giorno, la spranga non è stata usata solo dal mio cliente, il quale è stato sempre chiaro e coerente nelle sue ammissioni e ha detto di aver inferto più colpi di spranga. Nessuno, dei 5 presenti quel giorno, ha mai parlato di colpo inferto alla testa». Per il legale deve dunque cadere il reato di tentato omicidio intenzionale, che deve essere derubricato in lesioni semplici. Per quanto attiene al sequestro di persona, a mente del difensore, non può essere accollato al 21enne poiché lui non ha partecipato al sequestro, dal momento che si trovava già a Vezia-Cadempino. Camponovo ha inoltre ripreso le conclusioni del perito, secondo il quale "la vittima non è mai stata in pericolo di vita". Il 21enne (che ha ascoltato l’arringa in lacrime) ha agito per gelosia, ha spiegato il legale: era convinto che la vittima avesse venduto la cocaina alla sua ex fidanzata, per ottenere un rapporto sessuale con lei. La pena richiesta dalla pp, a mente della difesa, va drasticamente ridotta e che non sia pronunciata l’espulsione. Richiesta inoltre la riduzione delle pretese di risarcimento.

‘Non c’è una responsabilità del branco, ma va valutata ogni singola responsabilità’

A fine mattinata ha parlato l’avvocato Felice Dafond in difesa del 23enne luganese, per cui la pubblica accusa ha proposto 6 anni di carcere. «Il mio cliente è stato solo spettatore ed era presente solo ai fatti di dicembre 2020, fatti esecrabili ma meno gravi di quelli compiuti a gennaio a Vezia-Cadempino». «Non c’è una responsabilità del branco, ma va valutata ogni singola responsabilità. Non tutti e sei hanno agito allo stesso modo e hanno compiuto gli stessi reati». Il legale ha sottolineato come il suo cliente, sin dal momento del suo arresto, abbia ammesso ogni sua responsabilità e mai si sia contraddetto, non ha mai accampato scuse ed è stato coerente e credibile. L’avvocato Dafond ha contestato molte parti dell’atto d’accusa che chiamano in causa il 23enne, attribuendogli di aver colpito più volte la vittima, «conclusioni non vere perché mai riferite dal 18enne di Mendrisio». Come l’attribuire al 23enne di aver contribuito, ad Ambrì, a mettere sul tetto dell’auto la vittima prima della folle corsa, un’azione, a mente della difesa, che va ascritta al solo correo, il 28enne italiano. «L’atto d’accusa deve precisare quale tipo di partecipazione abbia avuto, ciò che non è il caso: il mio cliente non è responsabile dei comportamenti devianti del suo correo. Il mio cliente era passivo e non può essere considerato complice». Per Dafond il 23enne è colpevole solo di due schiaffi dati a Cadro e di non aver fatto nulla per scongiurare le violenze e deve essere pertanto prosciolto dai principali reati, chiedendo una pena massicciamente ridotta e sospesa con la condizionale. Anche la vittima, durante gli interrogatori, ha evidenziato il legale, ha riconosciuto che il 23enne è stato il più estraneo ai fatti e lo ha persino aiutato in alcune circostanze.

‘Solo un recupero crediti. I fatti si sono svolti in un clima di disagio giovanile’

Nel pomeriggio ha preso la parola l’avvocatessa Barbara Pezzati, in difesa del 22enne luganese, per il quale la pubblica accusa ha chiesto 8 anni di carcere. La legale ha delineato come il giovane, psicologicamente fragile, soffra da tempo di depressione e solitudine che combatte attaccandosi agli amici. Alcol e stupefacenti sono stati capitoli presenti nella sua vita. Oggi in carcere è seguito da terapeuti. «Non ha mai voluto fare del male alla vittima, ma ottenere solo i soldi per ripagare il debito di cocaina». Solo pugni e sberle, solo per spaventare la vittima, non ucciderla. Solo un recupero crediti: così l’avvocatessa Pezzati ha sintetizzato, dal profilo soggettivo, l’agire del suo cliente. E ha proseguito: non viene contestato, nel principio, il reato di sequestro di persona. Ma non per tutti gli episodi elencati dall’atto d’accusa, fra questi la richiesta di riscatto al padre della vittima per ottenere il denaro a saldo del debito di droga. «I fatti si sono svolti in un clima di disagio giovanile; provenienti da famiglie fragili, creano il loro mondo di musica, accompagnandosi ad alcol e droga». L’avvocatessa Pezzati in conclusione ha chiesto una pena massima di 4 anni e un trattamento ambulatoriale.

A prendere la parola è stato poi l’avvocato Yasar Ravi, in difesa del 28enne italiano, definito dall’accusa il "braccio destro" del colombiano, ritenuto il principale imputato. Il legale ha chiesto una massiccia riduzione della pena di 10 anni proposti dalla pp Valentina Tuoni e si è opposto all’espulsione dalla Svizzera. «Il mio cliente vuole assumersi le sue responsabilità e lo ha fatto collaborando con l’inchiesta e chiedendo l’espiazione anticipata della pena, e, anche se minime, sta raccogliendo piccole somme da versare alla vittima». Ha evidenziato l’avvocato Ravi: «Si è associato a un recupero crediti, in nessun modo ha voluto mettere a repentaglio la vita della vittima, anche se è vero che poi la situazione è degenerata a Vezia. Il 28enne è sì l’artefice delle azioni più umilianti, ma per vantarsi con gli altri membri del gruppo». Il legale ha evocato il principio ‘in dubio pro reo’, contestando diversi punti dell’atto d’accusa. L’avvocato Ravi ha chiesto il proscioglimento dal reato più grave contenuto nell’atto d’accusa: tentato omicidio intenzionale. Contestati il soffocamento nella neve della vittima e gli episodi del trascinamento del 18enne con l’auto. In carcere il 28enne ha iniziato un trattamento ambulatoriale e spera di poter realizzare un apprendistato all’interno del penitenziario.

L’ultimo avvocato intervenuto dal banco dei difensori, l’avvocato Mattia Cogliati, per il 32enne colombiano, nei confronti del quale la pubblica accusa ha chiesto la pena più alta, 11 anni, ha evidenziato: «Non è stato il regista, non aveva il controllo degli altri, come sostenuto dal magistrato, semmai è stato la scintilla e questo non significa che tutti i reati ascritti nell’atto d’accusa vadano accollati a lui. Non aveva nessuna intenzione omicida. Partita la scintilla della violenza, essa ha preso strade che lui non poteva controllare. Il calcio in testa da lui inferto alla vittima è stato involontario». No anche all’omissione di soccorso: la vittima, ha evidenziato il difensore, era in piedi nel momento in cui il gruppo l’ha lasciata. «Vittima che non è mai stata in imminente pericolo di morte e che non ha avuto conseguenze a lungo termine». «Il 32enne ha capito la gravità delle sue azioni e si è pentito», ha sottolineato il legale, che ha ritenuto troppo elevata la pena proposta, chiedendone una massiccia riduzione e opponendosi all’espulsione.

La pp Valentina Tuoni ha replicato alle arringhe, sottolineando che il colpo di spranga in testa alla vittima è stato inferto. E sulle condizioni della vittima, il magistrato ha evidenziato che per giorni in ospedale il suo decorso ha dovuto essere attentamente sorvegliato. Dal canto loro le difese chiamate in causa hanno duplicato, riconfermandosi nelle loro richieste. Gli imputati, da parte loro, hanno chiesto scusa alla vittima e alla famiglia. La sentenza è stata annunciata per giovedì alle 15.

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