Luganese

Ex Macello, confermato il decreto di abbandono

Il pg Pagani comunica la chiusura delle indagini. La demolizione totale dello stabile frutto di ‘un’improvvisazione comunicativa di chi era al fronte’

(Ti-Press)
10 dicembre 2021
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Parziale demolizione dell’ex Macello: il procuratore generale Andrea Pagani, dopo aver proceduto a un ulteriore interrogatorio, ha intimato ieri alle parti un decreto di abbandono in relazione alle ipotesi di reato di abuso di autorità, violazione delle regole dell’arte edilizia, infrazione alla Legge federale sull’ambiente e danneggiamento. Una decisione – comunicata questa mattina dal Ministero pubblico – che era nell’aria dopo che lo scorso 28 ottobre le parti erano state informate dell’imminente chiusura dell’istruzione penale. “Sulla scorta di una minuziosa ricostruzione dei fatti basata su una trentina di interrogatori, su analisi chimiche dei detriti, su una perizia tecnica circa la pericolosità concreta delle sostanze nocive riscontrate, su fotografie e filmati dell’accaduto e su un attento esame di ogni atto acquisito all’incarto, non sono risultati adempiuti gli elementi costitutivi dei reati ipotizzati”, si legge nel comunicato diffuso dal Ministero pubblico, che conferma tuttavia gli errori commessi – seppur “in stato di necessità esimente” – a livello di comunicazione, procedura edilizia e modalità di abbattimento.

‘La capodicastero Sicurezza ha ottenuto il consenso dai colleghi di Municipio’

Nel comunicato si precisa che il reato di abuso di autorità è stato escluso sia in relazione allo sgombero del Centro sociale sia con riferimento all’abbattimento dello stabile. “Con riferimento alla demolizione immobiliare, che ha preso avvio alle ore 01.10 del 30.05.2021, l’inchiesta ha permesso di stabilire, in estrema sintesi, che il Capo Impiego dello Stato Maggiore (costituito per pianificare e gestire lo sgombero) e un Ufficiale della Polizia comunale di Lugano hanno chiesto alle 21.20 del 29.05.2021 alla Capodicastero Sicurezza l’autorizzazione all’abbattimento del tetto ed eventualmente di una parete di uno stabile. A sua volta la citata municipale (Karin Valenzano Rossi, ndr) ha ottenuto telefonicamente nei minuti a seguire il consenso al proposto abbattimento parziale da altri tre colleghi d’Esecutivo”.

‘Stabile interamente distrutto a causa di un claudicante passaggio di informazioni’

“A quel punto, a sgombero ultimato – continua il comunicato del Ministero pubblico – il Vicecomandante della Polizia cantonale ha ordinato al Capo Impiego del Servizio di mantenimento dell’ordine in seno allo Stato Maggiore di mettere in atto le misure di natura edilizia che erano state ipotizzate a quel momento della serata, apprezzando la situazione concreta in evoluzione, ossia la parziale demolizione immobiliare e il tamponamento di porte e finestre. Fatto sta che, per un malinteso dovuto ad un claudicante passaggio di informazioni fra il Capo Impiego del Servizio di mantenimento dell’ordine, dapprima, e un Ufficiale dello Stato Maggiore, poi, operanti da Bellinzona, e chi, sul terreno a Lugano, era addetto a dirigere l’esecuzione degli ordini, lo stabile in discorso è stato interamente distrutto. Si è di conseguenza valutato in primo luogo, in assenza dell’obbligatoria licenza edilizia, la posizione soggettiva dei membri dell’Esecutivo interpellati dalla Polizia”.

La polizia: ‘Unica soluzione in una situazione d’urgenza’

In secondo luogo, continua il comunicato, “ci si è chinati sulle azioni di chi ha suggerito l’abbattimento del tetto e di una parete, rispettivamente di chi ha dato l’ordine esecutivo agli operai di eliminare integralmente l’edificio in discorso. Ora, la decisione di demolizione parziale è stata presa dalla maggioranza del Municipio e non dallo Stato Maggiore che ha prospettato l’intervento. Fatto sta che l’abbattimento parziale è stato suggerito dalla Polizia quale unica soluzione percorribile all’interno di una situazione di crisi e d’urgenza, nell’ambito della quale si è realmente temuto che gli autogestiti, lasciato l’immobile transitoriamente occupato della Fondazione Vanoni (che nel frattempo aveva sporto querela per violazione di domicilio e danneggiamento) tentassero di riprendere possesso degli spazi sgomberati, accedendovi potenzialmente dal tetto in cattivo stato dopo aver ingaggiato uno scontro violento con le forze dell’ordine”.

‘Preoccupazione tutt’altro che avulsa dalla realtà’

Il Ministero pubblico espone poi le ragioni secondo cui la preoccupazione, “quella prospettata dallo Stato Maggiore al Municipio”, era “tutt’altro che avulsa dalla realtà (...): il fatto che ben prima del 29/30.05.2021 delle fotografie abbiano ritratto due persone intente a salire proprio su un tetto di un edificio dell’ex Macello; il fatto che pure presso l’edificio della Fondazione Vanoni nel tardo pomeriggio del 29.05.2021 alcuni manifestati siano saliti sul tetto di quell’immobile in disuso; il fatto che alle ore 02.31 del 30.05.2021 parte dei manifestanti abbia effettivamente tentato d’entrare dalla parte posteriore (sud) dell’ex Macello; il fatto che diversi manifestanti abbiano inscenato il lancio di sassi e bottiglie verso gli operai giunti sul posto e verso la Polizia tanto da indurre le forze dell’ordine ad utilizzare dei proiettili di gomma per disperderli; infine, il fatto che, dopo il sequestro dell’area, delimitazione della stessa con una recinzione metallica e l’apposizione di sigilli, l’area sia stata violata la notte tra il 31.05. e il 01.06.2021”.

‘L’intento di tutti era preservare l’incolumità fisica dei manifestanti e degli agenti’

Secondo il procuratore generale “dinnanzi ad un simile scenario non è possibile sostenere che chi ha prospettato la demolizione del tetto ed eventualmente di una parete (ossia lo Stato Maggiore) e/o chi ha deciso/autorizzato un simile intervento edilizio parziale (cioè quattro membri del Municipio) abbia agito con il fine di recar danno a terzi come invece prescrive l’art. 312 CP. L’intento di tutti, nei frenetici momenti post sgombero e che hanno seguito l’occupazione dell’immobile ex Vanoni, è stato infatti quello di preservare l’incolumità fisica dei manifestanti, degli agenti di Polizia e di terzi in generale. Ritenere che lo Stato Maggiore e una parte dei Municipali abbiano agito con lo scopo di danneggiare gli autogestiti, significherebbe sostenere ciò che l’inchiesta non ha accertato: se così fosse stato, le forze dell’ordine avrebbero proposto l’abbattimento di tutto lo stabile (come approssimativamente ipotizzato il 12.03.2021) e i membri dell’Esecutivo interpellati avrebbero avallato questo provvedimento. Invece è stato prospettato e poi autorizzato “solo” l’abbattimento del tetto ed eventualmente di una parete, ciò che induce a ritenere che l’Autorità si sia mossa esclusivamente per garantire l’incolumità fisica dei presenti; credendo, così, di agire conformemente ai propri doveri tesi, in primo luogo, alla salvaguardia dell’integrità di tutti. Ma anche se si volesse ritenere per riempito l’elemento soggettivo del reato in esame, il risultato non cambierebbe. Nella specie concreta andrebbe infatti (comunque) applicato a favore (di parte) del Municipio e delle forze dell’ordine l’art. 17 CP, che descrive quando ci si trova confrontati con uno stato di necessità esimente. Secondo questa norma chi commette un reato per preservare un bene giuridico proprio o un bene giuridico altrui da un pericolo imminente e non altrimenti evitabile agisce lecitamente se in tal modo salvaguarda interessi preponderanti. Ora, che la notte fra il 29 e il 30.05.2021 vi fosse un pericolo imminente, ossia attuale e concreto, per l’incolumità fisica di diverse persone è pacifico. Che il principio della sussidiarietà, alla base della cennata norma, sia stato rispettato è pure da ammettersi. In effetti, davanti al rischio di una rioccupazione, l’unica alternativa percorribile per non ledere o ledere meno gravemente i beni giuridici degli autogestiti, sarebbe stata quella di presidiare il comparto per un periodo indefinito con un importante dispositivo di Polizia 24/24h. Polizia che tuttavia non sarebbe stata in grado di garantire un simile dispendio di energie sine die come esplicitamente indicato per iscritto il 14.04.2021 dal Consiglio di Stato al Municipio di Lugano. Aggiungasi che l’intervento proposto (dalla Polizia) e autorizzato (dalla maggioranza del Municipio), ossia la demolizione del tetto ed eventualmente di una parete, è stato altresì conforme al principio della proporzionalità, poiché la decisione di demolizione parziale di un edificio riguardava un bene giuridico di valore inferiore rispetto al bene giuridico minacciato dal pericolo, ossia l’incolumità fisica dei protagonisti. Quanto alla circostanza che lo Stato Maggiore abbia suggerito la parziale demolizione dello stabile, il Municipio l’abbia autorizzata, ma che, in realtà, tutto l’edificio sia stato raso al suolo, si ribadisce che l’avvenimento è dipeso da un’improvvisazione comunicativa di chi si trovava al fronte. Ciò che impedisce di concludere che chi ha fatto eseguire gli ordini all’impresa intervenuta abbia riempito gli elementi soggettivi costitutivi del reato di cui all’art. 312 CP, che impone la presenza di una condotta intenzionale dell’autore”.

In relazione al reato di violazione (dolosa subordinatamente colposa) delle regole dell’arte edilizia, il Ministero pubblico ricorda “che questa fattispecie penale è adempiuta solo allorché, attraverso un’azione o un’omissione, viene creata una concreta situazione di pericolo. In corso d’inchiesta sono stati pertanto ordinati dei prelievi delle macerie, eseguiti il 01.06.2021 (in superficie) e il 17.06.2021 (in profondità). Prelievi che sono poi stati trasmessi in Svizzera interna a dei laboratori specializzati, i quali, con referti del 09.06.2021 e del 24.06.2021, hanno accertato in alcuni frammenti di detriti la presenza di amianto e di idrocarburi policiclici aromatici. Si è di conseguenza resa necessaria una perizia giudiziaria di natura tecnica per rispondere al quesito a sapere se la demolizione immobiliare avesse concretamente messo in pericolo la vita o la salute dei presenti. Perito che il 15.10.2021 ha concluso in maniera perentoria a favore dell’assenza di un siffatto rischio durante e dopo l’opera d’abbattimento. Con il che nessun imputato può aver commesso il reato in discorso nella forma intenzionale o in quella colposa”.

Cade anche l’infrazione alla legge sulla protezione dell’ambiente

Per il procuratore generale Andrea Pagani non è stato inoltre commesso, in concreto, il reato di infrazione alla Legge federale sulla protezione dell’ambiente: “Da un lato alla luce delle suddette emergenze peritali, d’altro lato poiché le macerie sono rimaste in gran parte in loco e poste immediatamente in sicurezza rispettivamente, in parte minoritaria, sono state trasportate (sotto sequestro) presso una ditta specializzata su raccomandazione dei preposti servizi cantonali”.

Accertati gli elementi oggettivi e soggettivi del reato di danneggiamento

Con riferimento al reato di danneggiamento, infine, “l’inchiesta ha permesso di accertare l’adempimento degli elementi oggettivi e soggettivi del reato. Tuttavia, chi ha deciso (i municipali interpellati) e chi ha dato agli operai l’ordine d’abbattere (lo Stato Maggiore) ha agito nuovamente in stato di necessità esimente, ossia lecitamente. Nell’esercizio della ponderazione degli interessi è in effetti prevalsa la salvaguardia dell’incolumità fisica delle persone rispetto ai beni materiali di terzi. Il procedimento è stato dunque archiviato anche con riferimento al reato di cui all’art. 144 CP, poiché la suddetta causa esimente ha impedito la promozione dell’accusa”.

Il Ministero pubblico osserva che le parti hanno ora 10 giorni per decidere se interporre ricorso contro il decreto di abbandono alla Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello.

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