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Tutto un mondo nei vestiti 'pre-amati' e 'pre-posseduti'

Il settore della moda, e non solo, definita di seconda mano: una tendenza che porta diversi vantaggi, scopriamoli

Curiosando fra gli appendini (Ti-Press)
27 luglio 2021
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C’è tutto un mondo nei nostri armadi, fatto di passato, presente e, soprattutto, futuro. Dai vecchi jeans dei tempi del liceo, al maglione all’ultimo grido, al sogno di una borsetta griffata. Qui, in qualche metro quadrato di spazio, sono appesi o riposti abiti di una vita, quelli da cui è difficile separarsi, quelli che presto o tardi troveranno una nuova casa, magari in un’associazione no-profit o indossati, con rinnovato slancio, da una cugina. Il ‘second hand’ diventa per questo sempre più... di moda. Molti preferiscono chiamarlo ‘pre-owned’ (pre-posseduto) o ‘pre-loved’ (pre-amato), per caricarlo di sentimento ed evitare così il fenomeno, contrapposto, dell’usa e getta.

Come di recente spiegato e scritto da diverse riviste che si occupano di fashion, comprare abiti in precedenza appartenuti a qualcun altro è una tendenza che sta diventando sempre più popolare tra la cosiddetta generazione zeta (i nati fra il 1995 e il 2010), fra i millennials (classi fra la metà degli anni Ottanta e metà dei Novanta) e le giovani famiglie. Acquistare moda di seconda mano costituisce, secondo gli esperti, una serie di vantaggi. In primo luogo, l’acquisto di vestiti e accessori usati disincentiverebbe lo sfruttamento dei lavoratori nel ‘fast fashion’ (marchi cioè che sfornano continuamente abiti, peraltro spesso copiati da brand più prestigiosi). Non solo: è una scelta amica del pianeta, più economica per i portafogli e una garanzia di maggiore autenticità. Gli abiti di seconda mano, infatti, oltre a essere quasi sempre pezzi unici, spesso costano anche di meno.

In Svizzera il 2% dei beni di consumo

In Svizzera pare però ancora una moda poco conosciuta e apprezzata. Secondo le ultime ricerche solo il 2% dei beni di consumo venduti su territorio rossocrociato è di seconda mano. Numeri molto bassi e poco confortanti se aggiungiamo anche le 14 tonnellate di CO² che gli svizzeri generano in media ogni anno. Pensiamo, infatti, che per compensare queste emissioni ciascuno di noi avrebbe bisogno di una foresta con volumi pari a 17 volte la sala d’ingresso della stazione centrale di Zurigo. Diverso il discorso, per esempio, in Italia dove nel 2019 il valore generato dalla second hand economy ha raggiunto quota 24 miliardi di euro (quasi 26 miliardi di franchi), una cifra pari all’1,3% del Prodotto interno lordo nazionale. Negli ultimi cinque anni, inoltre, nella vicina Penisola è stata osservata una crescita del 33%, trainata soprattutto dall’online, che ha generato valore per 10,5 miliardi di euro (oltre 11 miliardi di franchi). Basti considerare che nella terra dei più grandi stilisti mondiali oltre 6 persone su 10 nella fascia di età 55-64 anni comprano e vendono oggetti di seconda mano.

Monica Copa è sulla piazza da oltre trent’anni. A Lugano è titolare del ‘Second Hand Shop’, lungo la caratteristica via Cattedrale: «Mia mamma ne è stata una pioniera e, in generale, abbiamo sempre lavorato bene. Certo che adesso, con la pandemia, è tutto più tranquillo...». Meta privilegiata particolarmente di stranieri, meno di locali, il negozio risente soprattutto della riapertura dell’Italia e del timore che i clienti, sopra i sessant’anni, vivono con il virus. «Lo stare maggiormente in casa e la grande concorrenza di internet senz’altro pesano – ci spiega –, il piacere di recarsi di persona ad acquistare un capo, di guardare, toccare, sembra perlopiù passato. Sono più preposti in questo gli svizzero-tedeschi piuttosto che noi ticinesi, più restii. In tanti preferiscono i grandi magazzini... Avendo anche un negozio di mobili e oggettistica a Viganello, trovo che sono soprattutto coloro che hanno viaggiato, che si dimostrano più aperti alle altre culture, ad apprezzare questa forma di acquisto. O, forse, è perché qui siamo ancora troppo ricchi... È da brivido quanto viene buttato via! E soprattutto nell’abbigliamento vi è un grande spreco. All’estero si è più predisposti tanto che le nuove generazioni sono facili allo ‘swap & sale’ ovvero allo scambio e vendita. Credo per questo molto nei giovani, come credo meno nei computer e più nelle mani».

Pezzi unici, fatti a mano

E proprio a due passi dal Liceo 1 e da altre scuole private nei dintorni, si trova il ‘Bec Vintage&Sartoria’. Gregori Brankovic si dice «contentissimo! Lavoro molto bene come negozio ma anche come atelier. In più proponiamo capi confezionati da nuovi designer, e dunque dell’hand made, del pezzo unico, fatto a mano. Il Ticino si mostra ancora tiepido, ma il turista ci vede come oro. La nostra clientela è formata soprattutto da donne che, rispetto agli uomini, comprano di più, anche a dipendenza dell’umore... In negozio offriamo, anche attraverso il conto-vendita, vere e proprie chicche rigorosamente in tessuti naturali».

Al mercatino dell’usato di Muzzano, ‘Ricompralo’, la sensazione continua ad essere positiva: «Non ci possiamo lamentare, la nostra clientela è mista per fascia d’età con maggioranza dai cinquant’anni in su. Proponiamo un po’ di tutto, oltre a vestiti, articoli per la casa, gioielleria, porcellane, mobili». Tutto quel mondo, insomma, che aspetta solo un posto nei nostri armadi, e nelle nostre case, ‘re-loved’.

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