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Perché pensare che l'amore possa essere 'diverso'?

Christian e Mimmo allargano, con una gravidanza surrogata avvenuta in Canada e con l'arrivo della secondogenita Luce, la loro famiglia: "Ora siamo completi"

Christian e Mimmo con Leon e Luce
2 ottobre 2020
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«Il Covid-19 ha rovinato tutti i nostri piani, ma il 25 luglio siamo riusciti a partire». Quel buio che tante persone hanno vissuto, e che ancora subiscono, a causa del coronavirus, Christian e Mimmo l’hanno già sconfitto facendo entrare nelle loro vite Luce. Li avevamo incontrati lo scorso maggio, quando la pandemia non ci aveva impedito di raccontare la loro storia di famiglia omogenitoriale con un figlio. Oggi li ritroviamo di ritorno dal Canada dopo che hanno seguito gli ultimi giorni della gravidanza surrogata di Kelly e assistito al parto della loro secondogenita. Cambia la vita con due bambini? È la prima domanda che rivolgiamo loro: «Guardi... sì!». Ci eravamo promessi di intervistarli ancora, una volta allargata la famiglia. E così abbiamo fatto, curiosi nello scoprire i fragili equilibri di due genitori alle prese con figli molto piccoli e i riscontri che la loro relazione, una volta condivisa sul nostro giornale, ha suscitato.

Cominciamo allora dal ritorno a casa. Come è stato? «Diversamente che con il solo primogenito devi dividere le attenzioni – ci spiega Christian Iannuzzi, 41 anni, infermiere al Cardiocentro –. E sono attenzioni diverse. Con la piccola c’è l’attenzione per la poppata, il ruttino e il pannolino. Con Leon c’è l’attenzione per il gioco». Una nuova situazione in cui l’emergenza sanitaria è entrata a gamba tesa... «Abbiamo cominciato a preoccuparcene verso febbraio. All’inizio pensavamo ’mancano ancora cinque mesi’, la partenza era infatti fissata a fine luglio, inizio agosto in quanto il termine della gravidanza era previsto il 16 agosto poi anticipato al 14 per il taglio cesareo. Eravamo ottimisti e certi che ne saremmo usciti di lì a poco. Invece passavano i mesi e più si avvicinava la partenza più ci rendevamo conto che questo virus, dopo la Cina e l’Italia, stava colpendo tutto il mondo. Pensavamo, dunque, sbagliandoci, che restasse circoscritto e che si sarebbe risolto. Poi, quando vedi la mappa del mondo che si allarga e, come il Risiko, diventa tutto nero, cominci a chiederti se qualcosa in effetti non va e a optare per una soluzione B. Ma fondamentalmente non c’era, non potevamo per esempio né prendere l’auto né la nave. Così devi cominciare a informarti e a sperare, le uniche due sole cose che puoi fare in questi momenti. La nostra ansia è perciò cresciuta con l’avvicinarsi della nostra partenza e dunque anche del parto della bambina».

Con la mamma surrogata, il rapporto si è rafforzato

I giorni passano veloci e l’estate avanza. «Pur consapevoli che le varie prenotazioni erano in bilico abbiamo cominciato a riservare i biglietti aerei – continua Christian – anche se il volo poteva essere prenotato oggi e cancellato domani. Per risolvere questa incertezza ci siamo confrontati con alcuni avvocati per conoscere meglio la situazione in Canada rispetto al coronavirus e all’inizio, devo ammettere, non ci avevano dato una bella prospettiva. Le dogane erano chiuse un po’ ovunque e dovevamo procurarci un documento dell’Ufficio immigrazione canadese che attestasse il motivo dell’entrata nel Paese. Un po’ come sono state le restrizioni in atto fra Italia e Svizzera circa le professioni sanitarie. L’ok ci è stato dato in vista del ricongiungimento. Peraltro Leon è cittadino canadese ed è stato anche per questo più facile». Arrivata quindici giorni prima del parto, il periodo necessario per rispondere all’obbligo di quarantena, la famigliola si porta con sé la desolazione dovuta al Covid: «Con l’Italia e Malpensa chiusa, abbiamo dovuto partire da Zurigo. Nel vedere Kloten così vuoto sembrava di essere in guerra... Fortunatamente dopo un problema di passaporti, poi risolto, ci siamo imbarcati. A bordo siamo rimasti meravigliati per come un aereo con così pochi passeggeri potesse comunque partire. Scene veramente strane, che mai avremmo pensato di vivere».

Superato l’oceano neppure l’approdo sul continente americano è stato ’dolce’ come la prima volta per Leon: «Se con Kelly il rapporto si è fatto ancora più stretto, ci è mancato il contatto umano delle due prime settimane. Con la nascita di Leon, Kelly è stata con noi per tutto il periodo che siamo rimasti in Canada, questa volta con l’isolamento è stato diverso, non potevamo neppure accarezzare la sua pancia. Il lato positivo sta invece nel fatto che in tutte le seconde gravidanze, omogenitoriali o di famiglie ’classiche’, si è comunque più ’scialli’. Se il bene perciò rimane lo stesso per i due figli, la stessa situazione la vivi, al seconda volta, in modo più tranquillo». Anche a livello di rapporto con Kelly, la seconda gravidanza ha apportato maggiore consapevolezza e serenità: «Kelly ci ha sempre sostenuto facendoci per esempio trovare la spesa, la culla e tutto quanto serviva a Luce. Il rapporto si è, quindi, sicuramente fortificato. Per quanto riguarda il suo vissuto di seconda gravidanza surrogata non è stato facile, dai controlli condizionati dal Covid alle paure di cui ci ha sempre fatto partecipi. Il coronavirus ha impedito anche a Leon di entrare in ospedale, permettendo di assistere alla nascita solo al marito, a me e a Mimmo».

Leon e la sorellina

Per Leon, dunque, l’incontro con la sorellina è avvenuto solo una volta dimessa dall’ospedale. In auto, accanto al suo seggiolino, Christian e Mimmo gli hanno presentato Luce: «Quando l’ha vista ha preso la scatolina vuota delle patatine, che lui adora, e l’ha messa nell’ovetto dove c’era Luce, un segno di grande affetto per lui. La culla, la coccola, è un bambino affettuoso anche se ha bisogno dei suoi spazi. Probabilmente però, avendo solo due anni, la consapevolezza che Luce è parte della famiglia l’ha avuta solo nelle ultime settimane. Luce, da parte sua, rispetto a Leon, è un po’ più impegnativa... Gli amici ci dicono perché è femmina... (sorride, ndr). In due anni Leon ci ha fatto passare solo due notti in bianco, con Luce due settimane in poco più di un mese e mezzo! Se alcune figure femminili che ci sono vicine ci danno consigli, ho sempre pensato che noi e i nostri figli dobbiamo solo conoscerci. Se, infatti, le prime due settimane sono state impegnative, adesso va molto meglio. Capisco, se piange, cosa Luce possa avere e in generale con Mimmo ci siamo organizzati. È un work in progress... Non è che ti nasce un figlio ed è subito rose e fiori! Non so se qualcuno vedendo che siamo due uomini può magari arrivare a pensare che non ce la possiamo cavare, ma non è così. Ce la caviamo benissimo. Ci alterniamo coi biberon, nelle notti, con Leon, stiamo andando molto bene. Qualche equilibrio naturalmente sarà da affinare quando torneremo al lavoro. Ma se c’è volontà e voglia di organizzarsi fra cene e cambi di pannolini non avremo problemi, come tante coppie e famiglie prima di noi».

Ci resta una domanda, la più delicata. Da quando la vostra storia è andata... online (’laRegione del 19 maggio) quale è stato il ritorno in termini di affetto e sostegno o magari di haters? «La maggior parte sono stati commenti positivi – ci risponde questa volta Mimmo, assistente di cura anche lui all’ospedale del cuore di Lugano e anche lui 41enne –. Ho visto che vi sono state un sacco di visualizzazioni su internet e ciò ci ha infuso ancora più coraggio. Ci siamo consolidati anche su questo aspetto. Ci siamo fortificati. Mi chiedo però, indipendentemente dal nostro caso, come certa gente possa scrivere in modo così cattivo. Non dico solo per la maternità surrogata, ma anche su altri temi. Qualche commento negativo ha evidenziato il fatto che noi potevamo permettercelo in considerazione della nostra posizione agiata. Magari alle spalle sono di più... ma guardo soprattutto alle tante richieste di amicizia su Facebook, ai tanti consigli che ci hanno dato e richiesto. Anche se, ed è sempre un dispiacere, alcuni conoscenti non ci hanno fatto neppure le congratulazioni». Christian lo interrompe con una frase illuminante: «La felicità altrui crea invidia». È tempo di salutarci. Pensate di andare avanti, di avere altri figli? «No – è la risposta corale –. Kelly peraltro non sarebbe più disposta, l’ha fatto esclusivamente per noi e per un nostro secondo figlio tanto desiderato. Può dunque scrivere famiglia al completo punto, non per egoismo ma per anno di nascita».

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