Luganese

Il paradosso: boom culturale, ma crisi della storia dell'arte

Mentre l'offerta si moltiplica ed è sempre più apprezzata, la professione rallenta. Ne abbiamo parlato con la presidente della neonata associazione

I membri del comitato dell'associazione. Dall'altro a sinistra, in senso orario: Eduardo Agustoni, Daniele Agostini, Ivano Proserpi, Anastasia Gilardi, Manuela Kahn-Rossi e Laura Damiani Cabrini
6 giugno 2020
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Virgilio Gilardoni, Giuseppe Martinola, Piero Bianconi: alcuni degli illustri studiosi ticinesi che hanno lasciato una significativa impronta nella storia dell'arte. Nonostante il glorioso passato, la professione sembrerebbe però attraversare un momento difficile, almeno secondo Laura Damiani Cabrini – presidente dell'Associazione storici dell'arte della Svizzera italiana (Asasi), con sede a Lugano. Di questa crisi e delle finalità della neonata Asasi abbiamo parlato con la professoressa.

Asasi è nata meno di un anno fa, perché la necessità di riunirsi?

Siamo partiti da una constatazione piuttosto semplice, cioè che è il mestiere dello storico dell'arte nella Svizzera italiana ha subito negli ultimi anni una sorta di rallentamento. Fino a un paio di lustri fa, lo sviluppo degli studi di storia dell'arte è andato pari passo con l'evoluzione dei musei sul territorio. Alla fine degli anni Ottanta sono sorti quasi tutti i musei che abbiamo conosciuto e frequentato e che hanno dato un grosso impulso alla ricerca nell'ambito della storia dell'arte. Oggi i musei hanno modificato in parte le loro strategie, facendo meno ricerca e più divulgazione. 

Ed è un male?

Assolutamente no (sorride, ndr). Il problema è che ogni tipo di divulgazione ha alle spalle decenni di ricerche. Senza la spinta di quest'ultimi anche la divulgazione si esaurirà prima o poi. Quello che sappiamo oggi, ad esempio, di Leonardo, grande protagonista di mostre di successo, è frutto di secoli di studio, senza i quali oggi sarebbe uno dei tanti pittori che non si conoscono. E domani forse nascerà un altro Leonardo ma senza la spinta della ricerca, potrebbe non emergere. 

Ecco, appunto, il turismo culturale sta vivendo un ottimo momento...

Infatti è curioso come ci sia, anche in Ticino, da parte del pubblico sempre maggiore attenzione alla cultura, a tutti i livelli. Il numero dei visitatori nei musei è cresciuto in modo esponenziale, le mostre si moltiplicano. E invece l'assunzione di personale qualificato in queste strutture sembra quasi essersi ridotto. Anche il turismo culturale è in espansione ma gli investimenti nella ricerca non sembrano andare di passo.

Come se lo spiega?

La concezione di base che si sta facendo largo un po' in tutti i settori è che un buon manager possa sostituire i professionisti del mestiere. Le competenze vengono messe al margine a favore della vendita del prodotto. Vediamo infatti una fioritura di corsi universitari di management o marketing culturale. Ma l'arte non è un prodotto come un altro e bisogna conoscere ciò di cui si parla.

E quindi c'è necessità di storici dell'arte. Quanti siete in Ticino?

Ne abbiamo contati un'ottantina, attivi tra istituzioni museali, scuole, fondazioni, Usi e Supsi. E poi ci sono naturalmente gli indipendenti. Senza contare gli studenti: le nuove leve faticano a trovare una collocazione. Molti studenti finiscono per rimanere in Svizzera interna oppure tornano ma intraprendono altre professioni.

Concretamente, Asasi cosa potrà fare?

Gli storici dell'arte lavorano perlopiù in solitaria e l'associazione nasce con lo scopo di metterli in rete e soprattutto di incentivare gli studi di storia dell'arte sul nostro territorio. Anni fa si era immaginato in un centro di ricerca sull'emigrazione artistica, ma non se n'è fatto nulla.

Potreste crearlo voi un polo di ricerca?

Sarebbe bello. Vorremmo rinvigorire gli studi di storia dell'arte e gli scambi tra studiosi, con conferenze, convegni, pubblicazioni. Mi piacerebbe si creasse uno spazio di condivisione degli studi in corso per poterli presentare al pubblico, così che possa essere scoperto il 'dietro le quinte' del nostro lavoro, che è poco visibile e conosciuto. Vorremmo allo stesso modo poter condividere anche il nostro materiale di studio. Molti di noi possiedono archivi privati, banche dati fotografiche, che potrebbero essere messi a disposizione di altri studiosi, con la costituzione di una sorta di archivio che altrove non trova spazio. Non è stat ancora individuato un luogo non l'abbiamo ancora individuato, sebbene vi siano delle trattative in corso.

Il potenziale c'è comunque, mi sembra di capire. 

Senza dubbio. Il nostro è un territorio particolare e ricco sotto vari aspetti e i temi sui quali lavorare non mancano. Il discorso in parte è stato e viene approfondito con le ricerche effettuate negli istituti aggregati all'Accademia di architettura di Mendrisio e alla Supsi. Rimangono però ancora scoperti altri aspetti. Il Ticino è stato terra d'emigrazione a tutti i livelli artistici, diventando nell'ultimo secolo luogo d'immigrazione, dando asilo a molti artisti che hanno contribuito alla sua crescita culturale. E poi c'è il discorso dell'italianità degli studi. Siamo eredi di una tradizione culturale, molto tutelata nei due secoli di storia ticinese, in quanto si tratta di una specificità del territorio elvetico. È una ricchezza importante.

Vi siete formati a giugno 2019, presentandovi ufficialmente a novembre, e poi?

Avevamo un programma già stabilito, avremmo dovuto iniziare il 20 marzo con la presentazione di un volume a Carona. Poi naturalmente tutto si è fermato a causa dell'emergenza sanitaria. Oggi stiamo ripensando tutto. È tutto ancora in divenire, ma una data certa c'è: l'assemblea a metà novembre. Chi volesse comunque rimanere informato può leggere la programmazione sul sito asasi.ch o scrivere a info@asasi.ch.

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