Luganese

Oltre i preconcetti sessuali c'è finalmente... Luce

La storia di Christian e Mimmo, coppia di fatto con un figlio, in attesa di una bambina e preoccupati per le limitazioni internazionali dovute dalla pandemia.

19 maggio 2020
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«Kelly, la nostra gestante canadese, ci ha detto una frase che consideriamo illuminante, 'non capisco perché una donna può decidere del suo utero nell’abortire ma non per dare la vita…'». Christian Iannuzzi, 41 anni, ci guarda dritto negli occhi. In braccio a Leon, venti mesi, e accanto Mimmo, 40 anni, il suo compagno di vita. La loro storia d’amore, iniziata nel 2005, è stata registrata a Bellinzona nel marzo 2014 quale unione domestica, e due anni dopo trascritta in Italia come unione civile. Residenti nella provincia di Varese (Christian è nato nella capitale ticinese, dove ha vissuto fino a 14 anni, e ha la doppia cittadinanza svizzera e italiana, Mimmo la sola italiana), in queste settimane di emergenza sanitaria vivono a Massagno in quanto il Cardiocentro di Lugano dove lavorano (Christian come infermiere e Mimmo assistente di cura) ha messo loro a disposizione un appartamento.

Li incontriamo via Zoom, piattaforma che in tempi di distanziamento sociale ha preso il posto delle interviste in redazione. Il collegamento è accompagnato dai rumori del bambino, impegnato nei suoi giochi. Due occhioni grandi e le braccia allungate al collo dei genitori. C’è tanta felicità in quel salotto, seppur pregiudizi e cattiverie continuino, come un virus, a minare la serenità di questa famiglia. Per la coppia questo è un periodo di forti preoccupazioni, non solo professionali. Ad agosto nascerà in Canada la loro seconda figlia, Luce, «un nome che abbiamo scelto per dare nuova speranza nel buio di questo tempo che ci ha avvolti tutti». Un abbraccio che attendono da mesi, dopo che Kelly, la donna che si era già affidata alla cosiddetta gestione per altri per Leon, aveva iniziato la gravidanza, frutto di un ovulo di una donatrice e del seme di uno dei papà: «Come per il primo figlio non abbiamo voluto conoscere di chi è geneticamente fra di noi due, perché per noi sarebbe uguale. Sappiamo solo che i dottori ci hanno alternato nei due interventi di fecondazione».

Famiglia 'arcobaleno'

Una famiglia 'arcobaleno' che, passo dopo passo, si è costruita «una realtà serena, dove al centro c'è l'amore». Eppure le diffidenze e gli ostacoli non sono pochi, a cominciare dal riconoscimento sociale che li ha costretti a rivolgersi per il loro desiderio di paternità, «che presto o tardi arriva a tutti» (ammette Christian) oltre oceano: «In America sono culturalmente più aperti, in Europa invece si è ancora molto legati al nostro corpo e ai suoi tabù, guardiamo per esempio anche alla donazione degli organi. È una questione di maggiore altruismo e di condivisione di amore. Noi crediamo comunque che su certe questioni non si debba essere tutti per forza d'accordo essere cioè tutti favorevoli o contrari, ma ci deve essere sempre e comunque rispetto delle decisioni degli altri. All'inizio questo istinto paterno cercavamo di reprimerlo perché avevamo paura di una società non ancora pronta. Non tanto per noi, ma per il futuro bambino. Ci chiedevamo spesso: nostro figlio arriverà in un mondo pronto? Ma il desiderio cresceva e abbiamo cominciato ad informarci. Abbiamo così cominciato a conoscere altre coppie e siamo entrati in un mondo che era il più naturale possibile. Così abbiamo deciso di intraprendere, con occhi più critici, questo... percorso».


Christian e Mimmo Iannuzzi in Canada con Kelly

Un cammino, non solo interiore, lungo migliaia di chilometri che li porta, come detto, avanti e indietro dal Canada. Da quel novembre 2016 dove conoscono Kelly, seguendo insieme le pratiche necessarie per gli impianti e poi dal gennaio 2018 le settimane che hanno portato alla nascita, il 24 settembre, di Leon: «Nella casa di Kelly abbiamo subito respirato amore. Possiamo dire che 'ci ha adottato', pur più giovane di noi ci è sembrata subito la sorella maggiore. Ci ha accolto all'aeroporto dove siamo arrivati insieme a mia mamma – continua il racconto di quella che è oggi una grande amicizia Christian –, abbiamo visitato insieme dei luoghi bellissimi, proprio come se eravamo dei parenti, dei cugini lontani arrivati per la prima volta a trovarla, ci ha presentato tutti i suoi amici. La cosa più tranquilla di questo mondo. Con lei abbiamo condiviso il dolore di gravidanze non andate a termine ma anche la grande gioia del pancione, i suoi movimenti e il suono, emozionante, del battito del cuoricino» aggiunge Mimmo. 

Una procedura selettiva e seria

Nulla viene deciso con leggerezza: «La procedura è molto selettiva e prevede colloqui psicologici, test biologici, analisi del sangue – ci fanno sapere Christian e Mimmo –. La gestante deve avere una stabilità economica, un lavoro, una famiglia solida alle spalle e devo aver fatto già delle gravidanze, non può essere la prima. Ben diverso insomma da quanto capita in India o in Ucraina, perché per noi il perno di tutto è stato ed è l'amore. Non metto in dubbio che i figli vengono concepiti da un uomo e una donna, ma crescerli e accudirli è qualcosa che può interessare anche altre forme di famiglia. I figli, sarà anche una frase fatta, sono di chi li cresce. A noi un figlio non è capitato, noi lo abbiamo desiderato, voluto con tutte le nostre forze e con tutto il nostro amore, e quello di chi ci ha accompagnato! Leon e ora Luce nascono grazie alla bellissima unione, minimo, di tre persone. Kelly quello che ci ha sempre dimostrato è di essere felice guardando alla nostra felicità, una sensazione indescrivibile. E Leon, che lei guarda come il suo nipotino, sta crescendo in una famiglia piena d'amore, l'unica cosa che è davvero importante. Per questo a Leon, siamo certi, non mancherà mai nulla».

Fra pochi mesi la famiglia si allargherà. Kelly, rifiutando altre proposte, ha acconsentito di portare a termine una nuova gravidanza solo con Christian e Mimmo. La nascita di Luce è prevista ad inizio agosto, il taglio cesareo (il quinto in quanto Kelly ha già tre figli col marito) è stato fissato fra il 9 e il 12: «Avremmo già voluto partire l'8 ma questa pandemia ci ha impedito ad oggi di acquistare il biglietto aereo e organizzare la nostra permanenza a Toronto. Entrati nel settimo mese di gravidanza siamo in contatto costante via Skype con l'avvocato che ci cura la pratica, ma a complicare il tutto vi è la decisione del governo canadese di obbligare alla quarantena tutti coloro che sono in entrata nel Paese. Ciò significa che dobbiamo prevedere altri quattordici giorni oltre al soggiorno che ci eravamo preposti. Insomma far combaciare tutti i pezzi del puzzle fra voli, permessi, congedi lavorativi, non è cosa facile, anzi. I timori e le preoccupazioni sono tante, anche perché è necessario seguire e valutare i vari decreti governativi che sono emessi ogni circa trenta giorni con il problema che ora là gli uffici per i vari certificati e documenti necessari sono chiusi».

Fra angosce e speranze

Gli occhi sono, dunque, puntati sullo stato della diffusione del virus, in quanto la situazione può migliorare ma, improvvisamente, anche peggiorare: «In una maniera o nell'altra noi dobbiamo e vogliamo partire. Qualora sia impossibile, almeno per il momento, non sappiamo ancora come dovremo comportarci con Luce, se verrà affidata alla gestante, che non è obbligata a farlo, o ad altre persone di fiducia. Vorremmo davvero essere lì presenti entrambi, come lo siamo stati con il parto di Leon. Solo a parlare di possibili ostacoli mi viene la pelle d'oca, vivo questo terrore di non poter abbracciare la bambina appena nata, per me è un'angoscia continua» è la voce rotta dall'emozione di Mimmo. «Restrizioni, purtroppo, che impediscono a mia mamma questa volta di partecipare al viaggio, ma per la sua salute non possiamo rischiare» ammette sconsolato Christian.


Leon

Certo è che dalle loro famiglie di origine oggi c'è piena condivisione: «Se all'inizio si è sollevato un certo timore verso le reazioni degli altri, una certa titubanza, poi hanno capito che siamo un po' come coloro che permetteranno alla società di accettare senza preconcetti... Alcuni colleghi, pur ammettendo di non comprendere del tutto la nostra decisione, hanno voluto approfondire e ci hanno detto di essere felici per noi». Ma come riuscite ad organizzarvi? «Rispondo con ironia – ci spiazza Christian – come fanno tutte le coppie eterosessuali! Leon lo portiamo in un asilo a Lugano». E come rispondono le persone che avete intorno? Ci sono ancora freni? «Leon è stato battezzato in chiesa. Tante volte, dunque, i muri possono esserci a cominciare da noi. Parleranno, magari anche in modo negativo, ma poi tutto viene e va e passerà anche questo, come il virus».  

 

 

 

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