Luganese

Fonsai, quei 120 milioni di euro non si toccano

Il Tribunale federale nega il dissequestro del soldi dei Ligresti in banche luganesi. Otto società: dovranno pagare 100’000 franchi di spese giudiziarie

Money (Ti-Press)
5 febbraio 2020
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Restano sotto sequestro i 121 milioni e rotti di euro di Salvatore, Giulia e Jonella Ligresti e degli ex manager del gruppo Fonsai Fausto Marchionni e Antonio Talarico. Lo ha deciso il Tribunale federale in una sentenza pubblicata ieri. Una sentenza che ha bocciato due ricorsi di otto società presentati l’8 aprile 2018 contro il giudizio della Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello ticinese confermando in sostanza quella adottata dal giudice del Tribunale civile di Milano, Angelo Mambriani, nel dicembre di sette anni fa. E ha posto a carico dei ricorrenti ben 100’000 franchi per coprire le spese giudiziarie.

Il verdetto dei giudici di Mon Repos è un addentellato dell’inchiesta italiana – non ancora giunta a una sentenza di merito definitiva, cresciuta in giudicato – relativa alla fusione tra Unipol e Fonsai risalente a una decina di anni fa. Riguarda il Ticino ‘solo’ perché buona parte della somma totale è depositata in banche luganesi. Le censure bocciate, secondo il Tribunale federale, sono viziate da un doppio errore. I ricorrenti hanno erroneamente equiparato sentenze condannatorie di merito a misure provvisionali. Il secondo errore richiama invece il principio in base al quale il sequestro ordinato in Svizzera debba sempre essere convalidato da un precetto esecutivo. E l’ordinanza, con la quale il Tribunale di Milano ha autorizzato il sequestro conservativo del denaro, è stata dichiarata esecutiva in Svizzera dal pretore di Lugano il 1° ottobre 2014, Una decisione confermata – salvo per una delle società istanti – dal Tribunale di appello con giudizio 19 febbraio 2016. Alla crescita in giudicato di quest’ultima decisione, la natura del sequestro precedentemente ordinato è mutata. Però, neppure il cambiamento della base legale ha effetto pratico: gli averi bloccati rimangono tali.

Tutto parte da Milano

Nel dicembre 2013 il Tribunale di Milano accolse solo in parte (120 milioni di euro su complessivi 440) la richiesta di sequestro cautelativo avanzata dal commissario ad acta di Fonsai, Matteo Caratozzolo e da Unipol nei confronti di Salvatore, Giulia e Jonella Ligresti, e degli ex manager Fausto Marchionni e Antonio Talarico. Il sequestro cautelativo si inserisce nell’azione per danni promossa nell’estate dello stesso anno contro gli ex amministratori di Fondiaria-Sai e della controllata Milano Assicurazioni. Tornando in Ticino, la pretura di Lugano nel novembre del 2014 aveva ordinato il sequestro di venticinque relazioni bancarie presunte collegate con i convenuti, oltre agli attivi di tre altre società. Otto società passate al contrattacco nel gennaio 2015, quando hanno presentato tre precetti esecutivi per un totale di quasi 146 milioni di franchi. Precetti giudicati dapprima infondati dalla Pretura di Lugano, con giudizio confermato dalla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello.

Una parte del patrimonio, valutato in una trentina di milioni di franchi, è stata nel frattempo restituita alla famiglia Ligresti. Anche questo denaro era depositato su conti bancari in svariati istituti di credito luganesi, intestati a Salvatore Ligresti scomparso il 15 maggio 2018, alle figlie Giulia e Jonella, nonché al figlio Paolo Ligresti, diventato cittadino elvetico nel 2013 e residente nel Luganese. La revoca del sequestro penale risale al maggio 2014 e venne firmata dall’allora pg John Noseda. Altri soldi sono stati liberati il 26 settembre scorso quando il Tribunale del Riesame di Torino aveva annullato il sequestro preventivo dei beni di Fonsai e della famiglia capitanata da Salvatore Ligresti per oltre 250 milioni di euro (oltre 305 milioni di franchi). I giudici torinesi hanno ritenuto che la diffusione di false comunicazioni al mercato borsistico aveva senza alcun dubbio influito sul prezzo delle singole azioni, senza però costituire un ulteriore incremento del patrimonio aziendale. E non può essere confiscata come profitto di reato.

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