A bordo della motovedetta della Regione IV che della sicurezza sul Ceresio ne ha fatto un cavallo di battaglia, fra radar e camera termica.

«La vede quella villa lì? Ci viveva Romy Schneider». Giorgio Schuler, 31 anni di servizio lacuale nelle Guardie di confine Regione IV – che fanno di lui un veterano per anzianità professionale nel corpo a livello svizzero – conosce ogni ansa e increspatura del lago Ceresio. Non solo la sua parte più mondana (con il passaggio in Ticino della famosa attrice austriaca che impersonificò la principessa Sissi ed ebbe casa a Morcote), ma soprattutto la sua quotidianità.
Accanto alla collega Enya Guiot, unica donna ‘navigante’ in Ticino e la più giovane pilota svizzera, nelle Guardie di confine dal 2015, abbiamo seguito una loro mattinata a bordo e ‘fuoribordo’, raccogliendone le testimonianze e le esperienze. «Il lago negli ultimi anni è meno sfruttato di un tempo – inizia il suo racconto Schuler mentre salpiamo dalla dogana di Gandria –, tante case sono ormai chiuse, nessuno le apre più neppure per l’estate. La vita sul lago è cambiata, il turismo è diminuito, un tempo vi era un’invasione di barche tedesche, olandesi, belghe. E il turismo indigeno è limitato ai mesi di maggio-giugno e fine agosto-settembre, momenti in cui la gente gode ancora del nostro specchio d’acqua».
Un lago, dunque, palcoscenico per il tempo libero di stranieri e ticinesi, ma anche teatro di avvenimenti tristi, che segnano nel profondo: «Come quando mi sono imbattuto nella tragica morte di alcune persone» parla con voce più bassa la guardia. Poi il tono riprende vigore e continuiamo la nostra navigazione e il nostro viaggio fra passato e presente: «Oggi a darci maggiore preoccupazione sono i cosiddetti ‘piloti della domenica’ che, essendo in vacanza, pensano di potersi concedere qualche libertà in più; di conseguenza è necessario richiamarli all’ordine su quella che è la sicurezza loro e degli altri natanti, per noi un cavallo di battaglia. Navigando sotto riva vi è il pericolo dei bagnanti, per esempio. Oppure è necessario prestare attenzione agli stessi bagnanti che a nuoto o con piccoli canotti superano la soglia consentita dei 150 metri».
Un occhio attento e vigile che si allarga ad altri compiti: «Ci occupiamo di interventi che hanno bisogno di un nostro rinforzo via lago – ci elenca le diverse competenze Schuler –: possiamo essere allarmati per il trasporto di guardie in quanto sempre più abbiamo problemi di traffico, organizziamo e supportiamo in tempi brevi controlli supplementari su strada o sui battelli di linea, veniamo coinvolti in servizi di sicurezza, penso allo spettacolo pirotecnico del Primo agosto o alle traversate a nuoto».
Oltre all’istruzione di base impartita a tutto il Corpo, le guardie impegnate in questa attività seguono quella che è l’istruzione nautica, «ottenendo le necessarie patenti, i brevetti di salvataggio, regolarmente rinnovati, e la predisposizione sulla barca di un kit di primo soccorso se dovessimo avere fra i passeggeri un medico esterno» ci spiega Schuler.
Garanti della legalità e della sicurezza lacuale, le Guardie di confine non sono ‘poliziotti’: «Multare? C’è la possibilità– risponde ai nostri interrogativi –, ma solo per i casi più gravi. Di regola segnaliamo il caso all’Ufficio della navigazione di Camorino dove l’incarto viene trasmesso all’Ufficio giuridico che a sua volta, sulla base del nostro rapporto, allestisce domande supplementari a noi o a chi ha causato l’infrazione. Per le infrazioni più lievi prendiamo contatto direttamente con la Polizia lacuale».
Ma quali sono le maggiori criticità riscontrate nei controlli? «L’inesperienza della gente! Vedono la nostra imbarcazione e tendono già a scansare... Espongo la bandiera che dev’essere riconosciuta nella teoria nautica, ma molti non sanno cosa significhi, magari salutano e si allontanano. Per non parlare dei comportamenti impacciati nella manovra dell’ormeggio, di documenti spesso dimenticati a casa... Qui si vede proprio come la barca sia concepita come un semplice divertimento. Quando abitavo a Morcote, guardando ai pontili, era una comica unica!».
Chissà poi per quanto attiene alla dotazione a bordo... «Ci sono delle prescrizioni che si riferiscono alla tipologia del natante, fino a sei cavalli e oltre, con la richiesta di materiale supplementare, per esempio gli estintori. Certo non possiamo ogni volta controllare a fondo – evidenzia Schuler –. Si tratta del buon senso delle persone, perché se su una barca non ho neppure i remi nel momento in cui mi si ferma il motore sono io l’incosciente. Pensiamo al fatto di non avere il salvagente e una persona mi cade in acqua... Può essere molto pericoloso! Oggi si va sul lago in modo frenetico, giusto per riempire gli spazi vuoti delle nostre giornate, ma quegli spazi lì sono proprio quelli caratterizzati dall’imprudenza. Lo so che può dar fastidio indossare il giubbotto e che magari credi che non ti servirà mai, ma se ti va bene per dieci volte magari l’undicesima è quella critica. Un minimo di preparazione andrebbe considerata. Come quella volta che ci siamo avvicinati a una barca e la persona a bordo ci dice ‘non mi va più’, poi ci siamo accorti che non aveva più benzina! C’è chi non pulisce il motore da anni... sono cose che capitano di frequente. Con il lago però non si scherza, è come avere un’auto con le gomme lisce e vieni investito da un improvviso temporale...».
Dalla plancia Giorgio Schuler vede oltre... i suoi occhi. Coadiuvato da monitor e schermi impartisce ordini e indicazioni a Enya Guiot impegnata al timone. Il loro servizio copre le 24 ore di una giornata e i 365 giorni dell’anno: «Usciamo, definiti i turni, anche con la neve o la pioggia». D’aiuto vi sono il radar e la camera termica: «Sono apparecchiature che mi fanno vedere quello che io, come essere umano, non vedo, che non vedo di notte o nella nebbia. Sta però a noi interpretare tutti questi puntini bianchi, nel caso del radar, o quelle macchie più scure prodotte dalla camera termica in grado di percepire le differenze di temperatura e i contrasti di calore. Loro si limitano a dirmi ‘guarda che c’è qualcosa’. Nel radar, se sono imbarcazioni, cigni, una testa di un nuotatore o altro siamo noi chiamati ad andare a vedere. L’esperienza mi dice poi se potrebbe essere un battello, un motoscafo, un animale. Nel golfo di Agno, per esempio, un puntino che va e viene è senz’altro un aeroplano. L’uso insomma si impara, ma l’interpretazione viene con il tempo, come la radiografia per un medico». Il nome tecnico della camera termica è Flir: «Passando di notte lungo le rive – ci racconta Schuler – posso ‘vedere’ un cervo che va a bere al lago, posso scorgere un animale sdraiato a riposare nel bosco, ‘vedo’ anche una persona che cammina sui sentieri, un uccello appollaiato su un albero».
«Capitava di scorgere qualche migrante scendere dai boschi di Campione d’Italia. Ai tempi della guerra nella ex Jugoslavia avevamo... delle autostrade, lì di notte si vedevano scendere a piedi, ne abbiamo prese tante di persone con casi di gente anche morta, caduta in dirupi. Dal lago queste cose si possono vedere meglio». È il lago delle emergenze e dei soccorsi quello che ci racconta Giorgio Schuler, mentre ci indica la fascia di verde maggiormente contraddistinta in passato da questi particolari fenomeni.
Più difficile parlare di casi di contrabbando veri e propri: «Arrivare con un veicolo, caricare la barca, andare dall’altra parte della riva, scaricare la barca, sono troppi passaggi, troppa tempistica, sarebbero visti facilmente. Ci saranno ma li vedo legati più al privato, al cittadino ticinese che va a far la spesa a Porto Ceresio e si compra quei 5 chili di carne di troppo. Non parlerei quindi di contrabbando organizzato. Registriamo perlopiù mancate dichiarazioni doganali per quello, per esempio, che sono le manutenzioni e riparazioni delle barche in Italia. Se devo parlarle in termini storici ho bene in mente quando ho iniziato; nei primi anni vedevo dei barchini con motorino elettrico trasportare rasoi da barba, arance, telefoni e autoradio, caricavano di notte per portare la merce dall’altra parte del lago. Sono cose che ho ancora vissuto».