Luganese

Ex macello, Molino out

Il sindaco Borradori: ‘Il Municipio procederà con la disdetta agli occupanti (ma non domani)’

14 maggio 2019
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Chi lo dice gentilmente, chi meno, ma la maggioranza: l’autogestione dovrà lasciare l’ex macello. Quella di ieri sera è la prima decisione del Consiglio comunale (36 favorevoli a conferma dell’impostazione del Municipio) sul futuro del sedime concesso dalla Città all’autogestione (vedi cronistoria). Una decisione che lascia un ridotto margine per far rientrare dalla finestra ciò che è stato fatto uscire dalla porta. Non domani, la procedura sarà lunga (la realizzazione è indicata nel 2026), ma la strada è tracciata.

Il concorso di progettazione prevede spazi modulabili interdisciplinari per meeting, eventi e manifestazioni, zone per il costudying e il coworking, un caffè letterario, un ristorante, alloggi per studenti e un ostello della gioventù. Questi sono i contenuti futuri che potrebbero anche cambiare. La questione politica sull’autogestione è invece aperta. Ieri, alla presenza di un paio di agenti di polizia in borghese, dal Consiglio comunale, in oltre due ore di discussione, sono emerse le posizioni note. Da una parte, Alain Bühler (Udc) e Andrea Censi (Lega) hanno ricordato che “la legge vale per tutti” e si sono espressi in maniera molto critica nei confronti degli autonomi per 16 anni di vandalismi, per aver contribuito a degradare il sedime. I ‘molinari’ che non sono mai stati aperti al dialogo e, senza mai pagare un centesimo, hanno occupato spazi pregiati delle città illegalmente che sono da restituire ai luganesi. Dall’altra, Danilo Baratti (Verdi) ha annunciato l’astensione del gruppo, evidenziando come la questione non possa essere solo di ordine pubblico. Mario Antonini (Plr) ha sottolineato che la convenzione è ancora valida, mentre la capogruppo liberale Karin Valenzano ha riconosciuto la legittimità dell’esperienza che potrà trovare spazio altrove. Giovanni Albertini (Ppd) si è invece limitato a esprimere il sostegno del gruppo al credito. Tiziano Galeazzi (Udc) ha puntato il dito contro la latitanza del Consiglio di Stato: non è solo la Città a dover rispettare la convenzione. E ha ricordato alcuni episodi violenti di cui si sono resi responsabili gli autonomi.

Carlo Zoppi (Ps) ha invece spezzato una lancia a favore di un’esperienza che andrebbe presa sul serio: non c’è mai stata un’alternativa valida e questi spazi sono già dei luganesi. Gli ha fatto eco Raoul Ghisletta (Ps) secondo cui sta passando un messaggio subdolo: il fenomeno autogestione deve uscire dalla città. Per Nina Pusterla (Ps) è triste e preoccupante che dopo 20 anni, la mentalità politica della maggioranza non sia cambiata. Rupen Nacaroglu (Plr), come Giovanna Viscardi, si è astenuto perché non è un concorso di progettazione bensì un concorso di architettura che propugna una sede istituzionale alla cultura cosiddetta dal basso, in una sorta di scorciatoia politica per obbligare il centro sociale a spostarsi. Il sindaco di Lugano Marco Borradori: «Non è una trappola. Vogliamo trovare una soluzione degna per un terreno pregiato situato in una posizione strategica. Procederemo con la disdetta (non domani) ma non vogliamo sbatterli fuori: quello spazio è degradato. Ci vuole anche dall’altra parte la volontà di convivenza che non è mai stata possibile».

Jacques Ducry (Indipendente) si è detto confuso e incavolato: «La convenzione e la perizia giuridica dell’8 luglio del 2018 dimostra che la politica è stata parecchio codarda e ora si sta comportando nello stesso modo con cui trattò casa Cinzia oltre vent’anni fa. Il Municipio di Lugano procederà alla disdetta contrariamente a quanto prescritto nella convenzione: è vergognoso che il legislativo debba assumersi questa deresponsabilizzazione da parte del Municipio».

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