Luganese

Gucci accusata di evasione fiscale a Lugano, Kering contesta

Il brand dell'alta moda non avrebbe dichiarato circa 14,5 miliardi, evadendone 1,4, tramite la Luxury Goods International. Pronzini interroga sui controlli

La sede della Luxury Goods International a Cadempino (Ti-Press)
28 gennaio 2019
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Una sfilza di interrogativi sull’evasione fiscale che la Guarda di Finanza milanese contesta al gruppo del lusso francese Kering: 1,4 miliardi di euro fra il 2011 e il 2017. È di venerdì la notizia della conclusione delle indagini avviate nel 2017 sulla holding parigina per stabile organizzazione. E l’eco politica in Ticino non si è fatta attendere. È il granconsigliere Mps Matteo Pronzini a chiedere al Consiglio di Stato che tipo di controlli ci sono, nel caso specifico e in generale.

I legami tra Francia, diversi gruppi dell’alta moda – fra cui Gucci, ma anche Bottega Veneta, Yves Saint Laurent, Balenciaga e altri – e il Ticino sono presto detti: a Cadempino ha sede la Luxury Goods International (Lgi), che da lì e dalla base logistica di Sant’Antonino gestisce la distribuzione delle merci griffate Gucci. Anche la Lgi, in altre parole, fa parte del gruppo Kering. Un rapporto che stando ai risultati dell’inchiesta condotta dal pm Stefano Civardi avrebbe permesso di sfruttare le agevolazioni fiscali ticinesi per sottrarre al fisco italiano una grande mole di denaro. I ricavi non dichiarati sarebbero circa 14,5 miliardi, corrispondenti come detto a un’evasione fiscale di circa un decimo di questa somma. Questo perché le merci, pur venendo ideate e prodotte sempre in Italia – la Guccio Gucci Spa ha sede a Firenze –, sarebbero state attribuite alla Lgi, a cui sarebbe stato concesso in uso il marchio fiorentino. Tuttavia, gli investigatori avrebbero accertato che la maggior parte delle commercializzazioni dei prodotti non avvenivano in Svizzera, ma a Milano, dove ha sede l’unità locale di Gucci. Pertanto le tasse avrebbero dovute essere pagate in Italia.

Kering contesta motivi e importi

L’esito delle indagini è stato comunicato da Kering stesso. Il gruppo internazionale del lusso, con una nota sul proprio sito, contesta le accuse. “L’atto (l’avviso di chiusura delle indagini, ndr) sarà ora esaminato dall’unità dell’Agenzia delle entrate incaricata di valutare le conclusioni che dovrà poi prendere la sua decisione finale. Kering contesta l’esito del rapporto di audit sia per i motivi sia per l’importo. Kering è fiducioso sui procedimenti attualmente in corso e continuerà a cooperare pienamente in completa trasparenza con le autorità fiscali italiane per difendere tutti i suoi diritti”.

Nella bufera anche diversi manager di Gucci, a cominciare da Marco Bizzarri, amministratore delegato del brand, dal quale è fondamentalmente partito il filone. Secondo l’inchiesta, l’uomo – come una ventina di altri dirigenti – avrebbe utilizzato uno schema simile per ottenere vantaggi fiscali personali. In particolare, ottenendo lo status di globalista a Vico Morcote, avrebbe stabilito residenza fittizia in Ticino continuando però a vivere e lavorare stabilmente a Milano, non dichiarando diversi milioni all’erario italiano. Quella lombarda non è l’unica grana fiscale di Kering. A marzo del 2018 fu aperta un’inchiesta – sempre per reati e modalità affini, ma con un importo ipotizzato ancor maggiore : 2,5 miliardi – in Francia.

Accusato di aver favorito questa pratica da parte di alcune multinazionali, è proprio il sistema di tassazione introdotto in Ticino e alcuni altri cantoni. Notoriamente invisi a Unione Europea e Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), questi regimi fiscali verranno tuttavia presto abrogati, in quanto la Svizzera si sta adeguando al cosiddetto progetto Beps, strumento ideato per contrastare il fenomeno.

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