Luganese

Spolverava e 'ripuliva': donna di pulizie condannata per furto

Dieci mesi sospesi per una 55enne che ha sottratto denaro e oggetti preziosi in un'abitazione dove puliva per un valore complessivo di oltre 240'000 franchi

Ti-Press (Archivio)
14 novembre 2018
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«Non sapevo dove sbattere la testa per pagare i debiti. Quando ho aperto la cassaforte, ho visto la soluzione». Si è giustificata così in aula una 55enne condannata per furto stamattina alle Assise correzionali di Lugano. La donna, un'italiana nata e cresciuta in Ticino, ha sfruttato la sua professione di donna delle pulizie e la fiducia che i datori di lavoro riponevano in lei per sottrar loro denaro e oggetti preziosi per un valore complessivo di circa 245'000 franchi.

Banconote, monete d'oro e commemorative, gioielli. Un'antica cassettiera e una cassaforte, nascosta dietro a un quadro come nei film, con contenuti di valore. Luccicanti, agli occhi di chi «ha sempre condotto una vita fatta di ristrettezze finanziarie» come ricordato dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo. Un contesto aggravatosi negli anni a causa di debiti lasciati dai genitori defunti e che hanno fatto da molla all'illegalità. L'ansia per il futuro ha portato la donna a cadere anche nel turbine delle superstizioni e delle credenze, tanto da appoggiarsi alla cartomanzia. Uno stress psicologico importante, secondo la perizia psichiatrica, che di fatto l'ha portata a delinquere.

I fatti risalgono a circa due anni fa. L'imputata lavorava come donna delle pulizie da oltre dieci anni per la famiglia – benestante, di Lugano – derubata. Un rapporto sviluppatosi e cresciuto negli anni a tal punto da essere considerata «una di casa». «Il torto morale subito non è quantificabile – hanno detto gli accusatori privati durante il dibattimento –, era una persona di riferimento, in particolare per le nostre figlie. È stata tradita la fiducia». Il bottino è stato trafugato durante un paio di occasioni, in un periodo di tempo limitato. Una cospicua parte è stata successivamente portata in una gioielleria cittadina per essere rivenduta, un'altra – del valore di 40'000 franchi circa – è stata distribuita a parenti in difficoltà –, mentre il resto è stato nascosto sia in casa, che nelle abitazioni della sorella e della nipote. Queste ultime due sono state già condannate tramite due distinti decreti d'accusa (di cui uno impugnato) a pene pecuniarie per ricettazione.

Ad accorgersi dell'ammanco sono stati i proprietari stessi, che hanno avviato il procedimento. Sebbene la donna sia in gran parte rea confessa, inizialmente ha negato per poi aprirsi ed ammettere pian piano. «Menzogne iniziali dovute al panico – l'ha giustificata il legale Michele Sisini –, ha agito in maniera impulsiva, non premeditata: è vero che indossava i guanti, ma lo faceva generalmente per pulire e si è recata in una gioielleria in cui la conoscono da anni per nome. Non è una ladra che ha agito freddamente».

Il giudice Marco Villa l'ha per finire condannata a dieci mesi sospesi condizionalmente per tre anni. Meno di quanto chiesto dall'accusa (venti mesi sospesi per cinque anni), in quanto non ha ritenuto che si sia trattato di furto aggravato. «Parliamo di una vittima sola – ha spiegato il presidente della Corte –, che si è mossa in poche occasioni durante un tempo limitato, in uno stato psichico alterato». Un'unica vittima, la famiglia, in quanto un altro capo d'accusa, sempre per furto nella casa di una ricca donna della regione che però non ha sporto denuncia, è caduto. In tal caso la refurtiva ipotizzata – composta ancora da preziosi – è stata stimata in 20'000 franchi circa. «La sua colpa appare comunque grave – ha ammonito Villa –, sia per l'importo che soprattutto per la fiducia crassamente tradita, in particolare dei parenti».

La donna – che dovrà continuare a seguire una terapia riabilitativa – si infine nuovamente scusata con le vittime, dichiarandosi – in lacrime – pentita per l'accaduto e impegnandosi a restituire il maltolto. Diversi anni di versamenti, considerati i suoi bassi introiti.

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